Fresca o secca, candita o al naturale, da degustare a fine pasto oppure all’interno di piatti salati e dolci: la frutta a Natale è un must, dalla classica arancia alle esotiche pitahaya e karambola. Ecco alcune tradizioni e curiosità*
Fresca o secca, candita o al naturale, da degustare a fine pasto oppure all’interno di piatti salati e dolci: da sempre, la frutta gioca un ruolo tutt’altro che secondario sulle tavole natalizie degli italiani. Nei giorni tra il 25 dicembre e l’Epifania, non c’è desco su cui non compaiano fichi secchi di ogni tipologia, agrumi, castagne, mandorle, nocciole, pistacchi, datteri e così via, fino ad altri meno usuali come i lupini e corbezzoli. Insieme ai frutti prettamente nostrani, poi, da qualche tempo il Natale è l’occasione per portare in tavola anche frutti esotici come i lychee (o “ciliegie della Cina”), la pitahaya o la karambola (dalla tipica forma a stella).
Tradizioni a base di frutta
Se è soprattutto fuori dai nostri confini che non mancano riti e tradizioni legati alla frutta durante le festività di fine anno – pensiamo alle Filippine, dove si fa incetta di quella rotonda perché simboleggia fortuna e prosperità, o ai 12 chicchi d’uva che si mangiano d’un fiato in Spagna per Capodanno allo scoccare della mezzanotte – anche l’Italia dei mille campanili ha i suoi piccoli, antichi riti di Natale dove la frutta è ben presente. Non necessariamente per essere mangiata, però: talvolta sia la frutta che le bucce servono per usi ornamentali o strumentali. È il caso della tombola e della tradizione di segnare i numeri estratti sulle cartelle con le bucce del mandarino, i semi di zucca o i chicchi di melograno, oppure della tradizione di poggiare le bucce degli agrumi sulle stufe a legna lasciando che nell’aria si diffondano le essenze profumate.
Già, ma come ha fatto la frutta secca a diventare un must del Natale? La risposta va cercata nelle pieghe del nostro passato, come spesso accade: storicamente infatti la frutta secca era l’unica disponibile a dicembre, specie prima dell’avvento dei frigoriferi e delle coltivazioni in serra. Un tempo, nelle famiglie di ceto medio-basso si usava regalare frutta secca perché veniva considerata alla stregua di un dolce, sia per il sapore che per le proprietà energetiche. Quando si è passati a scambiarsi doni più materiali, si è mantenuta la tradizione di mangiare frutta secca.
Da nord a sud, la frutta in cucina
Nonostante sia usata anche con fini ornamentali o rituali, molto più spesso la frutta non si limita a far da decorazione sulla tavola ma viene usata per creare piatti tradizionali – sia dolci che salati – la cui origine si perde nei secoli. Accade nelle Marche, con la “pizza de Natà” (pasta di pane con frutta secca, uvetta, cioccolato in polvere, limone e arancio grattugiati, fichi e zucchero) oppure nel Lazio con il pangiallo (impasto di frutta secca e canditi con farina, miele e cioccolato). Muovendosi lungo la penisola, poi, tanto nel profondo nord quanto nelle regioni del sud Italia si trovano ricette in cui la frutta è elemento fondamentale. Prendiamo il Trentino e il suo “zelten”, un dolce a base di frutta secca e canditi, oppure la Bisciola o panettone valtellinese, autentico concentrato di calorie con poca pasta e molta uvetta, fichi e noci.
Molto più giù, in Calabria, la frutta è presente in ogni fase del pasto: a Corigliano, ad esempio, sono da segnalare nel menù le “trìdici cosi”, ossia tredici varietà di frutta, fra le quali non possono mancare lupini, corbezzoli e mirtilli. In tutta l’Italia meridionale il Natale non è tale senza che in tavola compaiano le collane di fichi essiccati, oppure ricoperti di cioccolato o ancora ripieni di mandorle, noci o nocciole. Oppure le castagne, sia come caldarroste che lavorate come marron glacé. E che dire della “pitta ‘mpigliata” calabrese, parecchio calorica ma irrinunciabile dolce delle feste? Il ricettario natalizio della penisola comprende secondi piatti dove non mancano – soprattutto come ripieni o condimenti – prugne, castagne, uvette e noci beneauguranti. Pensiamo alla cacciagione, agli arrosti o agli stufati che ogni gastronomia regionale può annoverare.
La Sicilia, regione regina delle tradizioni
Parlando di frutta a Natale, un cenno a parte merita la Sicilia, che ne ha fatto un elemento imprescindibile della tavola di festa, trasformando tanti prodotti in “frutta della memoria” grazie allo scorrere del tempo e all’uso del dialetto. Ad esempio, anticamente si credeva che se a Natale si fossero messe nel presepio nove nocciole (o altra frutta secca) e se queste fossero state prese in mano da un malato di coliche nefritiche, lo avrebbero guarito. Secondo un’altra tradizione, non bisogna raccogliere nocciole o altri frutti la notte di Natale, quando – secondo la leggenda – “fioriscono le erbe e gli alberi si vestono di fronde e si caricano di frutti”. Questa vegetazione soprannaturale dura infatti solo i pochi minuti necessari al Bambino per nascere: così, chiunque riponesse tale frutta dentro una tasca o una pezzuola troverebbe tanti buchi, per ogni frutto raccolto. Un’altra credenza riguardante le noci: se tenute in tasca, come amuleti, aiuterebbero le donne a partorire e gli uomini a vincere nelle zuffe. Durante le feste di Natale, i bambini siciliani giocavano invece a “mmidda”, che consisteva nel far aderire per qualche attimo alla mano piccoli frutti o semi poggiando sopra di essi le dita inumidite di saliva. A Natale, in Sicilia si usano altri tipi di frutta: le nespole – che venivano offerte in dono al Bambin Gesù perché maturando all’inizio della brutta stagione, garantivano frutta nel cuore dell’inverno – ma anche le mele cotogne, i fichi d’india (le cui pale appese vicino al focolare e lasciate disidratare avrebbero vaticinato la guarigione dei malati di milza), l’arancio dolce chiamato “portogallo” e il melograno.
La frutta di Martorana
Inizialmente preparata nelle celebrazioni per la festa dei Morti e poi diffusasi anche dolce natalizio, la frutta di Martorana è una tipica preparazione del palermitano, agrigentino e trapanese. È famoso perché il suo confezionamento prevede, nella forma e nell’aspetto finale, la perfetta imitazione di frutti e talvolta ortaggi o pesci. Internamente è simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito, poiché alla base della ricetta ci sono farina di mandorle e zucchero. Deve il suo nome alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio o della Martorana, eretta a Palermo nel 1143 da Giorgio d’Antiochia, ammiraglio del re normanno Ruggero II, nei pressi del vicino monastero benedettino fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana, da cui prese il nome, e di quello di Santa Caterina nel centro storico di Palermo dove le suore lo preparavano e lo vendevano fino alla metà del Novecento. Secondo una tradizione, la frutta di Martorana è nata perché le suore del convento vollero sostituire i frutti raccolti dal loro giardino con i nuovi di mandorla e zucchero, e abbellire così il convento per la visita del papa.
Il parere della nutrizionista Flavia Correale
Via libera agli agrumi, più parsimonia con la frutta secca. “Consumati freschi o canditi – spiega la dottoressa Flavia Correale, dietologa ed endocrinologa – gli agrumi sono preziosi alleati della nostra salute perché contengono sia la vitamina C (un antistaminico naturale ottimo per rinforzare il sistema immunitario, aiutare l’assimilazione del ferro e incidere sulla produzione di collagene) che la vitamina A presente in abbondanza nel mandarino, che fa bene alla pelle e migliora la resistenza alle infezioni, agendo anche sull’apparato digerente e la vista. Inoltre, gli agrumi contengono acido folico, che aiuta il rinnovamento cellulare, oltre al selenio come antiossidante naturale, calcio, magnesio e fosforo, che mantengono sani ossa e denti. Inoltre gli agrumi sono davvero leggeri: si passa dalle 44 Kcal per 100 grammi di arance alle ha 46 dei mandarini o i 32 del lime. In quanto alla frutta secca, è ricca di proprietà e – nelle giuste dosi – apporta notevoli benefici perché il processo di essiccazione, oltre a conferire alla frutta una minore deperibilità comporta anche più concentrazione di zuccheri e nutrienti. Le proprietà organolettiche variano molto a seconda che di tratti di frutta secca glucidica (fichi, datteri, mele, banane, albicocche, mirtilli, ecc… disidratati o canditi, ricchi di zuccheri ma con basso contenuto di lipidi e proteine) o di frutta secca oleosa (noci, nocciole, pistacchi, datteri, mai inferiori alle 600 kcal ma ricche di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi (omega 9) che aiutano a combattere il colesterolo”.
Già, ma quando mangiarla? “Sgranocchiare noccioline o pistacchi con l’aperitivo o concludere un pasto natalizio con frutta candita – aggiunge Correale – sono abitudini sbagliate: la porzione giornaliera si aggira intorno a 30 gr per quella oleosa e 40-50 gr per quella glucidica (150-200 kcal circa). Meglio non mangiarla di sera: il momento migliore per consumare frutta secca è al mattino, perché le calorie assunte verranno poi smaltite nell’arco della giornata. È utile contro la stitichezza e durante l’allattamento perché ricca di sali minerali e zuccheri, ma viene consigliata anche a chi fa sport per la grande quantità di sali minerali in essa contenuta. Inoltre, essendo ricca di zinco, favorisce la ricrescita dei capelli e fa bene al fegato perché gli omega 3 evitano l’accumulo di trigliceridi e colesterolo. Ci sono però controindicazioni: per l’effetto lassativo non è indicata per chi soffre di colon irritabile, diarrea e aerofagia, così come è vietata in caso di gotta perché ricca di purine dal cui metabolismo deriva l’acido urico il cui accumulo è la causa dell’insorgenza della patologia”.
Dove comprare dolci con frutta a Natale
La Bottega delle bontà
via Don Faustino Tenaglia 1/A
38100 Andalo (Trento)
tel. 0461.585437
info@labottegadellebonta.com
Panificio Bresesti
via Nigola, 25
23036 San Giacomo di Teglio (Sondrio)
tel. 0342.786083
info@panificiobresesti.it
Forno Pasticceria Colapicchioni
via Tacito 76/78
00193 Roma
tel. 06.3215405
a.colapicchioni@colapicchioni.it
GustoMarche
piazzale Sordoni (c/o aeroporto)
60015 Falconara Marittina (Ancona)
tel. 071.9188784
info@gustomarche.it
Buongustai di Calabria
Via Umberto Boccioni, 11
87020 Santa Maria del Cedro (Cosenza)
tel. 349.1180546
info@buongustaidicalabria.it
Pasticceria Petrella
Viale San Martino 371
98123 Messina
Tel. 090.2932541
info@pasticceriapetrella.it
*una versione di questo articolo è stato pubblicato sul numero di dicembre 2015 di “Italo – VdG Magazine”