giovedì 28 Marzo 2024
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Dai foraggi ai formaggi: Bertinelli, l’uomo che ha re-inventato il Parmigiano

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Cosa fare, quando si hanno meno di trent’anni, una laura in Agraria e si è in un campus post-universitario in Canada a costruirsi una carriera insegnando Business Administration? Delle mille risposte possibili, Nicola Bertinelli ha scelto probabilmente quella meno facile. Eppure il richiamo della propria terra, il parmense, è stato tale da non lasciare molti dubbi: in una zona dove da sempre le eccellenze gastronomiche si misurano in forme di Parmigiano Reggiano e cosce di maiale destinate a diventare prosciutto, lui ha trovato il modo di non limitarsi a insinuarsi nel solco di una tradizione di famiglia, quanto piuttosto di innovarla rimettendola in discussione sin dall’origine. Una piccola rivoluzione copernicana, compiuta in un angolo d’Italia dove i ritmi sono lenti e scanditi da gesti antichi: in questo scenario Nicola non ha portato solo cambiamenti nella produzione, dando vita a un prodotto come il “Senza” (di cui parleremo in seguito) ma anche nel campo della vendita e della comunicazione del brand.

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La storia di Nicola, e di come ha saputo prendere in mano il caseificio Bertinelli, risale a non moltissimi anni fa. A Noceto l’azienda di famiglia era stata impiantata dal nonno, ma era legata solo alla produzione dei foraggi per le vacche da latte (da quelle parti chiamate ormai “bovine”). Dal 1972 si è aggiunta la fase della produzione di latte, che poi – dopo i 12 mesi richiesti dal disciplinare di produzione – veniva conferito agli stagionatori per la fase successiva della filiera. Nulla di diverso da quanto ancora oggi succede in moltissime aziende del Consorzio del Parmigiano Reggiano: su quasi 400 aziende, solo una manciata ha la filiera “chiusa”, dai foraggi ai formaggi, senza saltare alcun passaggio. E soltanto due – Bertinelli e Gennari, nel dettaglio – usano esclusivamente il latte delle proprie vacche, potendo giocare così su formaggi con un ulteriore livello di perfezionamento. Ad esempio, usando il latte delle vacche che hanno partorito da poco tempo per produrre il pregiato “millesimato” che oltre al nulla osta del Consorzio ha il massimo della valutazione interna dell’azienda. Essendo prodotto col latte prodotto dopo il parto e fino alla successiva gravidanza, quindi destinato ai vitelli (come infatti succede…), è quello più ricco di componenti nutritivi e si trasforma in un formaggio gradevolissimo anche dopo 48 mesi di stagionatura. Un’altra intuizione è stata la creazione del primo Parmigiano “Senza”, un formaggio privo di lattosio, glucosio, galattosio e glutine e quindi destinato all’alimentazione dei celiaci. Il “Senza” viene stagionato per due mesi, è prodotto con latte crudo senza additivi e conservanti ed è stato portato a Taste in mini-panini con salsa di rucola (eccoli). E’ un prodotto brevettato che presto otterrà anche la certificazione kosher.

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La necessità di re-inventare il Parmigiano è dunque una scelta, ma dettata anche da una considerazione: come accade per il vino e per prodotti che richiedono invecchiamento, il ritorno dell’investimento non c’è prima di un certo periodo di tempo. Serviva un flusso di denaro liquido più veloce di quello che le banche potevano concedere, e Nicola usò la testa nel modo giusto. “Ho passato due giornate intere stando seduto fuori dalla sede del caseificio, per capire quale fossero i flussi delle auto in transito. Ho notato che la maggiore affluenza si concentrava soprattutto nelle prime ore del mattino e poi nel tardo pomeriggio, cioè quando i lavoratori della zona andavano e tornavano dal lavoro. Ho dunque pensato che poteva essere utile offrire loro la colazione all’andata e l’aperitivo al ritorno: ho visto un bisogno e cercato di dare una risposta, semplice marketing”. E così, passo dopo passo, Nicola ha reinventato anche il caseificio: oggi la struttura – in zona di aperta campagna, va ricordato – conta un ristorante polifunzionale, sale e salette per eventi privati, una piscina a forma di B, un chiosco “Etor ke Sushi” (altro che sushi). A nel weekend, nell’universo Bertinelli confluiscono circa tremila persone. Il passo successivo è stata l’apertura della “Berlumeria” all’interno del Fidenza Outlet Village, e infinr il “Progetto Latte” nel cuore di Parma, un punto vendita per portare i formaggi e gli altri prodotti direttamente al consumatore.

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E veniamo al prodotto, il cui carattere nasce dai tre microorganismi “buoni” che si trovano sull’erba medica che poi le 350 vacche dei tre allevamenti  ingeriscono come prodotto base della loro alimentazione: il caseificio Bertinelli produce oggi 20 forme al giorno, grazie al lavoro di un team guidato dall’unico “mastro casaro” donna, Catia Zambrella, dedita alla causa al punto da lavorare 7 giorni su 7 (con una sola settimana di ferie l’anno, confessa Nicola….) e sempre nelle stesse ore, visto che per realizzare un buon Parmigiano servono sia il latte munto la sera prima che quello prodotto al mattino, opportunamente mixati con l’aggiunta di caglio. Poi le fasi della marchiatura della forma, della stagionatura (divisa tra 24, 30, 36, 48 e persino il 100 mesi) delle verifiche da parte del Consorzio (con il classico martelletto e i 36 colpi dati a campione) e così via. Grazie a un’ampia vetrata, il tutto avviene sotto gli occhi di chi passa dall’universo Bertinelli per una colazione con caffè e pastarella – prodotta con i grani dell’azienda, ça va sans dire – ma anche per fare quattro salti in discoteca.

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