Una vera e propria maratona per gli appassionati del bollito piemontese: abbiamo partecipato a una cena da Burde (Firenze) con 14 diversi tagli di carne, 7 salse e i vini – dall’ultimo cru ai classici Villero e Bussia – dell’azienda di Giacomo Fenocchio
Dai tagli di carne magri – reale, costoline, muscolo di coscia, stinco, spalla, copertina, sorra – a quelli più particolari, come la lingua, la coda o la zampa: più che un viaggio intorno al mondo del bollito è stata una maratona della categoria, l’appuntamento enogastronomico organizzato al ristorante da Burde (Firenze) per assaggiare i vini dell’azienda piemontese Giacomo Fenocchio, e in particolare l’ultimo cru Castellero. Preceduta da un tagliolino in brodo, la serata di Gran Bollito alla piemontese ha visto scorrere uno dopo l’altro ben 14 diversi tagli, equamente distribuiti tra quelli più magri e – a seguire – la parte degli “ammennicoli” (lingua, testina, coda, zampa, gallina, tasca ripiena e cotechino), ognuno accompagnato da insalata russa e da sette salse: verde, rossa, salsa d’avìe, mostarda, cren, savore d’agresto e maionese. Per finire, un’eccellente ed equilibratissima panna cotta con salsa al caramello.
In quanto all’accompagnamento vinicolo, dopo gli esordi con le annate 2013 (Roero Arneis Docg, Barbera d’Alba Doc e Langhe Freisa Doc) la platea di giornalisti ed esperti è passata all’assaggio dei pregiati Barolo di Monforte d’Alba: il Villero 2011, il Bussia 2011 e l’ultimo arrivato, il Castellero 2011 che Claudio Fenocchio – figlio di Giacomo, fondatore dell’azienda – viene ricavato da un unico ettaro di vigneto e quest’anno vede la sua prima uscita. Col Castellero l’azienda aggiunge un’etichetta alla sua gamma per rendere omaggio alla diversità di un territorio che anche per questa ragione è conosciuto in tutto il mondo. La genesi del Castellero risale però al 2008, quando Claudio decide di ripercorrere alcune tappe che lo legano alla storia della sua famiglia. Nasce così la prima prova del 90 Dì, un Barolo Bussia macerato 90 giorni dedicato a suo padre Giacomo. Una sperimentazione che dura nei tre anni successivi per comprendere appieno il percorso di questo vino «Dopo i primi anni di sperimentazione sul lunga macerazione – spiega Claudio – ed ai risultati ottenuti, con il mio staff abbiamo dato vita ad un secondo progetto per valorizzare ogni cru dell’azienda. Ecco che è nato il Castellero». Per accompagnare la conclusione della maratona del bollito piemontese sono stati versati l’altro cru Cannubi 2006 e la riserva Bussia 2006, degno finale di un’esperienza enogastronomica decisamente significativa.