venerdì 19 Aprile 2024
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Il 25% del cioccolato artigianale sotto gli standard di qualità

Che buona parte del cioccolato industriale fosse di qualità medio-bassa era noto, ciò che molti non sanno è che anche i “mastri cioccolatieri” spesso non hanno il palato allenato. Ecco perché

cioccolato
Chi ha familiarità solo con gli scaffali della grande distribuzione magari non se n’è mai accorto, ma chi alterna prodotti industriali con altri artigianali sa bene quanta e quale differenza passi tra un buon cioccolato e uno mediocre. E si dà per scontato che ad essere sotto la soglia di una qualità accettabile sia solo il prodotto industriale. Ciò è vero, tanto che circa l’80% del cioccolato industriale non arriverebbe nemmeno alle preselezioni di un concorso, perché ha bisogno di tenere i costi bassi e allestire lavorazioni massive. Quello che invece non sapevamo, e che ci ha spiegato l’esperta Monica Meschini – una delle massime autorità a livello nazionale, in materia – è che anche il 20-30% del cioccolato artigianale è al di sotto degli standard necessari perché il consumatore finale possa avere un prodotto di qualità.

Lo spunto per quest’analisi è venuto partecipando alla giuria italiana e mediterranea degli International Chocolate Awards: qui ho scoperto che solo il 70-80% dei campioni inviati dai cioccolatieri di tutto il mondo passa la preselezione e viene effettivamente giudicato. “Se il cioccolato è sotto il livello di competizione per rappresentare l’Italia, o se ha dei difetti evidenti sulla materia prima, sull’esecuzione e sugli accostamenti – spiega Monica – dobbiamo tagliare”. Tre tipi di difetti, dunque, la cui frequenza varia in base al tipo di prodotto: “Nel caso delle tavolette – aggiunge Monica – la massima parte dei difetti riguarda proprio la qualità del cioccolato, mentre su cioccolati ripieni o aromatizzati il principale motivo di ‘pollice verso’ concerne la lavorazione del ripieno e solo in subordine la qualità del cioccolato. Solo in un 5% dei casi, il campione è penalizzato per una combinazione disastrosa di sapori. Un buon prodotto deve avere elevati standard sia nella qualità del cioccolato che armonia tra le sue componenti.

cioccolato

Non è detto che il problema tocchi soltanto i consumatori finali, magari non abbastanza in grado di distinguere i diversi livelli di qualità. L’allarme che lancia Monica Meschini riguarda invece persino gli addetti ai lavori, i cioccolatieri: “Anche loro devono imparare a migliorare il palato, perché il cioccolato di alta qualità (e dunque con costi più alti) può subire variazioni importanti da un anno all’altro o da un raccolto al successivo: si parla di un prodotto che subisce diverse fasi di lavorazione, e non è affatto automatico che valga il prezzo a cui viene venduto. Gli artigiani del settore – continua Monica – devono imparare ad assaggiare e ad educare il palato, mettendosi alla prova con umiltà. E’ questo il fattore che spesso manca a chi lavora il cioccolato, oltre al tempo o alla voglia: si pensa di non averne bisogno, eppure chi non si è costruito un palato allenato, nel medio periodo rischia di scomparire dal mercato”.

Infine, alcune “istantanee” sul trend del cioccolato: “Le tendenze più in voga – conclude Monica Meschini – sono per l’utilizzo del frutto della passione, dei diversi tipi di sale e del caramello, mentre ciò che è sempre più difficile trovare è la semplicità, la purezza del gusto. In questo mondo non ci sono tabù assoluti, negli accostamenti di sapore, nemmeno il formaggio. Ai produttori industriali vorrei invece dire di smetterla di ‘copiare’ gli artigiani, inseguendone o scimmiottandone simboli e narrazioni per infinocchiare il consumatore finale, specie i più piccoli tra essi. A questi ultimi, infine, l’appello è affinché leggano sempre con attenzione le etichette: se trovano scritte come ‘vanillina’ o non leggono l’aggettivo ‘naturale’ dopo un ingrediente, significa che quel prodotto è fatto chimicamente, con estratti dal petrolio”.

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