venerdì 29 Marzo 2024
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Enrico Panero (Eataly): “Arrivederci Firenze, città difficile ma splendida”

Dopo due anni alla guida del ristorante Da Vinci all’interno di Eataly Firenze, lo chef Enrico Panero parte alla volta di Roma. Non senza raccontarci cosa lascia in riva all’Arno e cosa trova in riva al Tevere, il suo parere sulle guide e il suo “podio” dei colleghi fiorentini. E una promessa: “Tornerò, ma prima come turista…”

Enrico Panero chef

Lo osservi muoversi con disinvoltura tra tavoli e fornelli, immerso e concentrato nel lavoro, e a stento crederesti che non ha nemmeno trent’anni. Se il suo curriculum non raccontasse di anni passati tra New York e Tokyo a tenere alto il nome dell’italianità a tavola, solo l’aria da bravo ragazzo e la freschezza dei tratti potrebbero rivelarne l’età. Per il resto, con la toque in testa Enrico Panero ha già macinato parecchia strada. E com’è giusto che sia per chi tiene ancora intatta la voglia di fare nuove esperienze, è carico di entusiasmo per il prossimo capitolo. Tra pochi giorni lo chef del ristorante “Da Vinci” di Eataly Firenze lascerà il capoluogo toscano alla volta della capitale. Ma prima di andare – e di congedarsi dagli amici con un piccolo happening – ci racconta cosa lascia in riva all’Arno e cosa trova in riva al Tevere, la sua opinione sulla Firenze di oggi e sul mondo delle guide, nonché il suo personalissimo “podio” dei colleghi fiorentini.

Dopo New York e Tokyo, Enrico, hai ancora una volta le valigie in mano…

“Eh sì. Roma mi ha chiamato a sé con un grande progetto, e non ho saputo dirle di no. Ho accettato il nuovo incarico nella capitale perché c’erano tutte le condizioni ottimali per fare qualcosa di buono, di straordinario. Nonostante Firenze sia stata per me una meravigliosa esperienza in una splendida città, quando si presentano novità importanti arriva il momento di prendere una decisione. E io l’ho fatto. Ho un atteggiamento molto positivo rispetto a questa nuova esperienza: sono in Eataly da 9 anni, con loro ho girato il mondo e aperto locali. Sento che sta arrivando un’altra bella sfida”.

Che succederà dalle parti di via Martelli dopo la tua partenza?

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“Una cosa è certa: con la mia partenza il ‘Da Vinci’ non chiuderà i battenti. Cambierà invece pelle (anche perché il nome di Enrico Panero campeggia a piene lettere ovunque, nda) e verrà trasformato in un ‘temporary restaurant’, ossia una struttura che ogni due mesi ospiterà ristoranti e trattorie da tutta la Toscana e dal resto d’Italia. È una mossa pensata soprattutto per il pubblico cittadino, un modo per far sì che i gourmet fiorentini possano tornare in più occasioni sapendo di trovare ogni volta una cucina diversa, di cui magari hanno letto ma che altrimenti sarebbe troppo lontana da assaggiare. In fondo, è qualcosa che richiama bene uno dei concetti chiave di Expo2015. Non c’è ancora una lista di locali, presto presenteremo i dettagli di questa iniziativa. Ma sono certo che sarà un successo”.

Cosa lasci a Firenze dopo due anni alla guida del ristorante di Eataly?

PAN 1

“Beh, la soddisfazione più grande è senza dubbio l’aver costruito intorno a me una bella squadra di giovani con i quali abbiamo raggiunto traguardi importanti, a partire dai risultati sulle guide nazionali fino al ‘piatto dell’anno’ di Identità Golose, per non parlare del riscontro quotidiano da parte della nostra clientela. È vero che la location al primo piano non ha aiutato a portare gente, ma lo è altrettanto che chi è venuto a mangiare al ‘Da Vinci’ poi è sempre tornato. Merito della cucina e dei suoi artefici. Alcuni di quei ragazzi resteranno qui a Firenze, altri li porterò con me. Altri ancora faranno esperienza all’estero prima di una mia chiamata”.

Come hai trovato e come hai lasciato Firenze, da un punto di vista della ristorazione?

“Quando sono arrivato ho trovato una città con una ristorazione che aveva al suo interno alcune punte di eccellenza, mentre col passare del tempo Firenze ha mostrato un fermento creativo senza precedenti. Tutti puntano alla qualità, e questo è importante perché ci troviamo nella città più bella del mondo sotto il profilo artistico, ed è importante poter contare su un sistema di ristorazione di livello adeguato a quello della sua offerta artistica”.

Come giudichi il golden mile della ristorazione fiorentina (Mercato Centrale, Eataly, Red Feltrinelli)?

Eataly Firenze

“Con gli altri due abbiamo sempre avuto ottimi rapporti, perché siamo convinti che più attori di qualità ci sono in città, più diventa stimolante e interessante per tutti far parte di questo circuito. Sarei rimasto volentieri in città perché tengo al ‘Da Vinci’ e a ciò che rappresenta, ma non mi posso sdoppiare: la presenza fisica dello chef è fondamentale per ogni ristorante che ambisca al successo”.

Cambieresti qualcosa, degli ultimi due anni alla guida del ‘Da Vinci’?

Eataly Firenze

“Nulla, sono soddisfatto di ciò che ho costruito. Firenze è una città difficile da capire, che però può offrire tanto. Quando sono arrivato, sotto molti aspetti non la conoscevo ancora bene: in breve tempo ho scoperto che bisognava fare i conti col fatto che il centro è frequentato soprattutto da turisti stranieri e che per attirare fiorentini sarebbe stato necessario un lavoro notevole. Il ‘Da Vinci’ non è mai stato un ristorante con la vocazione a fare grossi numeri, bensì un luogo dove l’attenzione alla qualità dev’essere sempre altissima. E quell’obiettivo, anche nella percezione dei clienti, è stato raggiunto. Di questo ringrazio la città e anche i suoi ristoratori, con i quali si è creato un rapporto bellissimo”.

Hai un tuo podio personale dei colleghi fiorentini? C’è un piatto che “ruberesti” a qualcuno di loro?

“Partiamo dal presupposto che tutti i colleghi che ho incontrato hanno rappresentato per me un arricchimento professionale e una scoperta. Ad esempio mi è piaciuto moltissimo Vito Mollica, chef dotato di grande abilità e uomo di profonda gentilezza, uno che sa sempre metterti a proprio agio. Ma tra i colleghi posso ricordare anche Peter Brunel e un altro giovane come Simone Cipriani, chef dallo spiccato senso dell’innovazione. In quanto ai piatti, non ce n’è uno in particolare che prenderei: la mia è una cucina istintiva, in genere non amo replicare un piatto già visto anche se mi è piaciuto molto”.

Parliamo delle guide, chef: c’è chi non se ne cura e chi rivela ansie da prestazione. Tu?

Enrico Panero chef

“Mah, io cerco di mantenere un buon equilibrio, senza dimenticare che il primo obiettivo non è finire sulla guida ma far sì che ogni cliente esca dal ristorante soddisfatto di ciò che gli abbiamo servito. Seguo le guide come fanno tutti coloro che operano in questo settore, e reputo importanti i loro risultati perché danno una valutazione oggettiva sul nostro operato. Sono uno strumento utile sia a noi che ai clienti. Alle guide dò importanza, insomma, ma non vivo per loro”.

E un fenomeno come TripAdvisor?

“Adesso tutti lo demonizzano, nel nostro settore, ma sono convinto che in fondo tutti vadano a leggere cosa viene scritto. Certo, l’anonimato legittima molti a giudicare senza obiettività. Se uno impara a leggerla con equilibrio, facendo la tara ai punti di vista della clientela, può essere uno strumento utile. In ogni caso, anche a TripAdvisor va data la giusta importanza, senza esagerare”.

Tornerai da queste parti, Enrico?

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“Sicuramente, ma la prossima volta sarà da turista. In fondo, lavorando spesso qui al ristorante non ho avuto la possibilità di visitarla e scoprirla davvero sotto quell’aspetto. Se tornerò indossando ancora la divisa? Mah, Roma è un progetto a lungo termine….”

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