Al crepuscolo della tradizione secolare, nel tempo dell’hic et nunc, nella pangastronomia dei riflettori, nelle ambizioni di ridurre tutto ad un like, la gara della Panzanella toscana ‘Beata Panzanella’ si è svolta all’ultimo morso. Nel feudo montalcinese della famiglia Cinelli Colombini, la Fattoria dei Barbi, un leccio, 4 giurati, un po’ di Brunello e un solo vincitore
Mettiamo le cose in chiaro. La gara della Panzanella toscana è una cosa seria. Perchè esiste un’aspettativa su questo piatto che travalica le verdi cime dell’alta Toscana fiorenzuelana fino alle pendici marittime dell’Amiata. Esiste un esercito di poderi e famiglie che nel corso della storia hanno inventato e sperimentato con questo piatto.
Io sono nato, dopo il crollo del muro di Berlino, Schillaci trascinava l’Italia ai Mondiali e sicuramente l’ultima cosa che la città metteva in cima alla lista delle priorità pedagogiche era la tradizione culinaria. L’abbondanza di cibo sugli scaffali dei supermercati impennava come il ciuffo gellato di Ezio Greggio e la diminuzione delle mini gonne. L’impero consumista in fase preadolescenziale, come un quattordicenne brufoloso, trangugiava chili e chili di junk food e…
Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l fastfood.
Quindi ho trovato ragionevole interrogarmi sul valore del termine tradizione. Anche perchè oggi è tutto tradizionale. E ho l’impressione che il pubblico inizi ad avere le panzanelle piene dell’utilizzo smodato del termine tradizionale. La Treccani ci viene incontro definendola “Trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze; anche le memorie così conservate.”
Bene, quindi quando parliamo di tradizione ci stiamo riferendo a qualcosa di umano. Non un’entità superiore ed impalpabile, ridotta a cartolina o slogan ma una rete di connessioni tra memorie, tecniche, necessità e elementi reperibili in natura. Quindi trovo che sia necessario spiegare e raccontare le consuetudini storiche, specialmente a chi arriva da altri paesi. E altrettanto fondamentale penso sia la personalizzazione della tradizione.
Ovvero mettiamo in ogni piatto il segreto della nonna, dimentichiamoci gli standard preimpostati. Anche perchè la Toscana è terra di poderi e ognuno di essi conserva le ricette gelosamente, ciascuno con i propri misteri e personalizzazione. Amiamo tutti in modo diverso.
La gara di Panzanella toscana
Parto alla volta di Montalcino per fare il giurato alla gara ‘Beata Panzanella’ con un dubbio che mi affligge. Premiare chi è più fedele ad una tradizione o chi riesce a trovare uno stile proprio, non stravolgendo la ricetta originale.
Non lo so, ma intanto la macchina sfreccia per i comuni bagnati dall’Arbia e dagli autovelox. Le case tipicamente rosse aranciate mi guardano. Passato Buonconvento (comune con più multe della Toscana) si imbocca la salita per la roccaforte del Brunello.
Si sale tra le vigne, si avverte quasi un senso di sacralità, curva dopo curva. La terra si assottiglia in simmetrie di campi gialli e oro, il cielo se si ha la fortuna d’aver qualche nuvola bianca assume l’aspetto di una biglia come quelle che si vincevano ai flipper degli stabilimenti balneari.
Nemmeno il tempo d’osservar la Fortezza di Montalcino, che sono sulla via di Sant’Antimo. Su questa strada che guarda speranzosa verso il mare e le scorribande a tre tra Maremma, Val di Cornia e Bolgheri si incontrano alcune aziende storiche del Brunello.
Parcheggio. Mi rimbocco la camicia e con incedere sicuro mi avvio verso la sede del concorso. Qualcuno direbbe ‘andiamo a giudicare‘. Alla Fattoria dei Barbi la prima persona che vedo e che cammina verso di me è una vecchia conoscenza. Si tratta di Stefano Tesi , giornalista professionista ed eminenza grigia dell’enogastronomia. Da una parte penso: ‘sono fottuto’. In un’altra ottica iniziavo già a pregustarmi la squisita lezione tra deontologia, vino e Panzanella toscana.
Ho poi modo di conoscere gli altri giurati: Luca Managlia con una Sony intenzionato a far foto (e che foto), di Gola Gioconda e Daniela Mugnai di Coffee che viene subito nominata presidente della giuria.
Quindi, tre giurati competenti. Beh, rappresenterò i millennials con buona pace degli analisti di mercato.
La ‘Beata Panzanella’ può iniziare. La celebrazione del Beato, antenato diretto degli attuali proprietari della celebre azienda produttrice di Brunello, ha visto infatti in programma quest’anno anche la prima, divertente “disfida della panzanella”, piatto che la leggenda vuole inventato proprio dal Beato Giovanni.
10 Candidati
Le panzanelle in gara sono dieci, eseguiti da amatori e non da cuochi professionisti. Un numero perfetto. Noi giudici siamo chiamati a dare un voto da 1 a 10 in tre categorie. Tutto completamente in forma anonima.
- Presentazione del piatto (quindi a come il piatto si presenta nella zuppiera)
- Gusto
- Descrizione orale o scritta
In gara c’è di tutto:
Dalla Panzanella molto fedele alla ricetta accademica, presentazione informale; buon sapore, pane purtroppo non adatto e dunque papposo. Una Panzanella di Albione, eseguita da un inglese con un elaborato sistema di check and balance e la cipolla bianca, di cui però non ho avvertito il sapore.
Quella ‘Del Pescatore’, siamo sulla costa per una panzanella rivisitata in chiave marittima con tanto di acciughe e capperi. Andata fuori tema. E non è stata l’unica. In concorso si è presentata anche quella “Dell’Amiata” con ingredienti in grado di far sopravvivere all’inverno: castagne e funghi.
Impiattamento e arzigogolata preparazione per quella che definirei una ‘Panzanella 2.0’ con l’aggiunta di pesto, un cracker fatto in casa crudo con pomodori. Sostanza e innovazione, forse un po’ troppo ma a me piacque assai.
Le restanti Panzanelle in gara sono state tutte a norma di disciplinare con molteplici variazioni sul tema.
Dopo consulti e riconsulti, medie dei voti dei quattro giudici e plotiniane discettazioni all’ombra di un magnifico leccio imperioso nel giardino della Fattoria dei Barbi e della sua villa, con summa aequitate il vincitore si è definito.
Si dichiara vincitrice dalla gara di Panzanella Toscana, chiamata per l’occasione ‘Beata Panzanella’:
La ‘Salimbecca’, tipica variazione ilcinese, cucinata da Susanna Pii. Devo essere sincero, avevo all’inizio schernito questo piatto per la sua presentazione che trovavo grossolanamente comica. Il sapore mi ha fatto ritornare a ricordarmi che la panzanella è una cosa seria. Alla vincitrice è andata una Magnum di Brunello Riserva 2003 della Fattoria dei Barbi, ai due menzionati (panzanella di montagna e quella classica a tinte bianco rosso e verde di Giovanni Cinelli Colombini) una bottiglia di Rosso di Montalcino Barbi 2015 e a tutti i concorrenti una di Brusco dei Barbi 2015.
La motivazione diramata dalla giuria esaurisce ogni dubbio: “La panzanella proposta da Susanna Piìì è stata considerata la più gustosa per le sue caratteristiche di freschezza, piacevolezza e persistenza del sapore che la rendevano la più simile alla classica panzanella della tradizione, con il gusto deciso del pane raffermo in equilibrio con gli altri ingredienti, nel rispetto dei canoni fondamentali di questo piatto”
Ecchive la ricetta:
Salimbecca (Panzanella)
INGREDIENTI:
Pane toscano raffermo
Acqua
Sale
Basilico
Sedano
Cipolla
Cetrioli
Pomodori
Aceto
Pepe
Mettete in ammollo il pane toscano raffermo, di almeno due giorni, in acqua finché diventi morbido. Poi poco per volta, strizzarlo bene con le mani e sbriciolarlo in una ciotola capiente. Aggiungere, tagliandoli finemente, del sedano, qualche foglia di insalata, della cipolla rossa, del cetriolo, pomodori e qualche foglia di basilico tritato grossolanamente. Si condisce con olio, aceto, sale, e pepe a piacimento.
Una giornata importante per la storia dell’uomo, per tutti e per far sopravvivere la tradizione che vive dentro di e non sopra di noi. E per l’occasione, un componimento per celebrare la panzanella. (scritto mentre ascolto Real Cool Time di Iggy and the Stooges)
Trasandato’l tempo dello stento,
Il pan bagnato asciugottosi e li pomidori ridotti
Olio approda dalle mille una notte
Panzanella mia condotto di sineddoche
Insegnami la vita e con essa a vivere
Quand’ancor candela finirà e interruttor
nescio possa salvar dal buio dell’anima e dai venti degli stenti.
Bene, ora cacciate un like grande quanto una casa, anzi un podere.