venerdì 29 Marzo 2024
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Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le nove sfumature di insalata di riso

Nove variazioni sul tema dell’insalata di riso, dalla più semplice alla più complessa: finita la bella stagione, uno dei piatti più popolari della cucina estiva (ma allo stesso tra i più “bistrattati” dai gourmet) diventa protagonista di un contest ad hoc, ideato dal critico Leonardo Romanelli. Ecco com’è andata

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Come a una sorta di Cenerentola della tavola, anche per l’Insalata di riso può arrivare il momento del fatidico ballo. Dopo essere stato considerato uno dei piatti più popolari della cucina italiana – ma anche uno dei più bistrattati dal mondo gourmet – l’insalata di riso diventa protagonista di un contest ad hoc, ideato dal critico Leonardo Romanelli. Una sfida che in realtà significa mettere a confronto due scuole di pensiero, accomunate da un unico dogma: mai dire mais. In altre parole, sia i puristi dell’insalata di riso old fashioned sia coloro che invece sono più aperti alle sperimentazioni concordano nello sventolare il cartellino rosso davanti ai chicchi di mais nell’insalata di riso.

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Detto ciò, la battaglia è essenzialmente tra due scuole di pensiero: l’insalata di riso deve essere semplicità, tradizione, rimando diretto e immediato a quell’universo di ricordi legati al mare, alle vacanze, alle “schiscette” grondanti parboiled, oppure – e qui il confronto si fa aspro – deve rinnovarsi, legittimarsi, purificarsi, svecchiarsi, valorizzarsi, nobilitarsi e così via? Per cercare di dare una risposta a questo quesito, oltre che per dimostrare che esiste una varietà di preparazioni e ingredienti anche sul fronte dell’insalata di riso, il buon Romanelli – uno che di palii e disfide se ne intende – ha chiamato intorno a sé tre chef (Simone Cipriani, Marco Stabile e Matteo Boglione di Cucina & Vino, di cui presto scriveremo) e due blogger, Sabrina Somigli e il sottoscritto, per far assaggiare le nove sfumature di insalata di riso.

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

A prepararli, nella cornice della Buoneria di via del Fosso Macinante, all’ingresso delle Cascine, sono stati nove coraggiosi appassionati. Non chef né professionisti del settore, ma spesso semplici sperimentatori, venuti da Mantova, Ancona o Milano per mostrare di che pasta – pardon, di che parboiled – sono fatti.

vincitrice

A vincere è stata l’insalata di riso “Le vie en rose” della blogger Giovanna Menci (nella foto insieme a Romanelli) mentre la piazza d’onore è stata appannaggio di Giuseppe Wiget. Sul gradino più basso del podio invece si sono piazzati, a parimerito, Marco Pagnini e Ilaria Spinelli. La classifica corta mostra comunque che tra il primo e il quarto non ci sono stati abissi. Tutt’altro.

Ecco pregi e difetti di ognuna, con un filo d’ironia:

L’insalata di riso di Daniele Cioffi

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Si parte con l’ortodossia sic et sempliciter. Un’insalata di riso dichiaratamente, apertamente e spudoratamente anni Ottanta. C’è tutto quello che dev’esserci nella ricetta tradizionale (tranne il mais, come detto), inclusa maionese e wurstel. Piace perché ricorda gli anni Ottanta. Non strapiace perché ricorda pedissequamente gli anni Ottanta. Per gli inguaribili nostalgici

L’insalata di riso di Elena Farinelli

vegan

Altra versione semplice ed estiva, la blogger Nelli ci presenta un’insalata di riso involontariamente vegana, ossia – per dirla con le sue parole – frutto delle particolari esigenze gastronomiche del marito. Togli qua, togli là, alla fine è rimasta una versione vegana, che trova le proteine nei legumi. Piace perché non fa “palla” in bocca, è gradevole e si fa mangiare bene. Non strapiace perché pur essendo una versione diversa dall’originale non marca abbastanza la distanza con l’insalata di riso 1.0. Per i vegani senza vergogna

L’insalata di riso di Roberto Gracci

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Se le prime due versioni dell’insalata di riso ammiccavano alla tradizione, qui c’è un primo stacco in direzione di una rivisitazione più innovativa: due tipi di riso, un fondo colorato, ingredienti di qualità, cura nell’impiattamento. Piace perché osa elaborare, non strapiace perché bassa di sale. Peccato. Per gli amanti del cromatismo spinto

L’insalata di riso di Giovanna Menci

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Qui il tasso di complessità sale parecchio. Se si parla di rivisitazione, l’insalata di riso (vincitrice) prende la tradizione e la abbandona in un angolo per sfornare (metaforicamente, s’intende) una ricetta “meltin’ pot” con cocomero, lampascioni, feta, aringhe, cialda di alga spirulina, riso rosa dell’Indonesia, buccia di cocomero candito e chi più ne ha più ne metta. Piace perché è fresca e sfaccettata, non strapiace perché – per lo stesso motivo – il gusto in bocca oscilla da un estremo all’altro, c’è tanto di tutto. Per chi vuol sentire l’universo in una forchettata.

L’insalata di riso di Marco Pagnini

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Una ricetta di ispirazione tradizionale, d’accordo, ma che ben interpreta il concetto di rivisitazione senza eccessivi voli pindarici. Tra colatura di alici e croccantezze studiate, l’insalata di riso risulta fresca e gradevole, delicata quanto basta ed elegante il giusto. Piace perché mescola bene semplicità e complessità, non strapiace perché dopo un po’ hai voglia di emozioni più forti. Per i gastro-democristiani

L’insalata di riso di Marco Regni

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La versione che più “nobilita” (o imborghesisce) l’insalata di riso, e che mostra come si possa conciliare una pietanza piuttosto basica con una preparazione raffinata ed ingredienti sofisticati come il caviale. Una bella prova d’autore, insomma, che dimostra cura e attenzione ai dettagli. Peccato per l’eccesso di caviale: con una dose più moderata, la sua presenza sarebbe stata molto più armoniosa. Piace perché gratifica il commensale, non strapiace perché esagera proprio con il suo elemento più caratteristico. Per chi non si fa problemi a spendere per godere

L’insalata di riso di Ilaria Spinelli

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Una versione temeraria, coraggiosa, ardita per la scelta degli ingredienti. Inserire salsiccia e peperoni in un piatto tradizionalmente estivo come l’insalata di riso significa essere pienamente consapevoli dei propri mezzi oppure dotati di quella sana incoscienza che ti fa agire fuori dagli schemi. Scommessa vinta, in questo caso: il risultato è una versione equilibrata e sorprendentemente gradevole. Piace per il coraggio, non strapiace perché è difficile convincere i commensali a crederci. Per chi accetta di farsi stupire

L’insalata di riso di Giuseppe Wiget

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Un’altra versione “alta”, che intende nobilitare l’insalata di riso con ingredienti ricercati e di qualità. In questa insalata di riso, al posto di wurstel e groviera ci sono infatti capesante e gamberi. Notevole l’accompagnamento, affidato a una birra artigianale realizzata con acqua di mare per dare una linearità tra piatto e bevanda. Piace perché coglie in pieno lo spirito di rinnovamento del piatto, non strapiace perché… mmm… no, a me è piaciuta. E basta. Per chi pensa che il mare offra molto più del tonno.

L’insalata di riso di Chiara Zini

Tra nostalgia, riscatto e restyling, ecco le 9 sfumature di insalata di riso

Chiudiamo con la versione più patriottica. Tutti in piedi per il timballo-insalata di riso, prego. Notevole ed elegante la presentazione, curato e raffinato l’impiattamento, intelligente la scelta delle tre anime del piatto. Tre pesti, dal tradizionale genovese a quello di burrata campana fino a quello di pomodori secchi toscani. L’Italia è unita da questo piatto, è vero. Ma l’Italia litiga su tutto, ahimé, e questo non fa eccezione. Piace perché si presenta proprio bene e singolarmente i tre “gusti” funzionano bene. Non strapiace perché presi insieme i “gusti” fanno un po’ a cazzotti. Per i patrioti sinceri e gli emuli dell’Italiano di Cotugno.

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