A chi non arriva dalla Toscana o non ha dimestichezza col dialetto locale, il nome dato al ristorante richiama alla mente solo il contenitore di rame dove viene servita la pietanza. Per tutti gli abitanti del Granducato, invece, quel “tegame” – pardon, “ir tegame” – può essere anche ben altro. Soprattutto se dietro la scelta del brand ci sono tre ragazzi pisani, che non più di tre mesi fa hanno messo su in via Pisana (guarda un po’ le coincidenze) un ristorante di pasta, costruendolo sulle ceneri dello sfortunato ristorante russo Fontanka e arricchendo l’offerta gastronomica in un fazzoletto di terra che conta già una concentrazione importante di locali pubblici. Trovarsi accanto a un mostro sacro come il Fuor d’Acqua o ad altri veterani come il Via Vai, Il Bovaro e Sabatino non è stato letto come una sconfitta in partenza o un doversi accontentare delle briciole, tutt’altro: anche se il nome scelto per Ir Tegame (qui la pagina Facebook) è una trovata goliardica prima ancora che di marketing, il locale ha diversi elementi per ritagliarsi un suo spazio ben definito nel panorama cittadino.
Iniziamo dall’atmosfera e dagli allestimenti, che in città contano davvero pochissime situazioni analoghe. Varcando la soglia di via Pisana dopo aver superato un grosso orso bianco (che abbiamo trovato davanti all’ingresso) l’occhio è colpito dalla varietà di colori e forme con cui il soffitto del locale è arredato. “Vogliamo cambiare ogni due mesi” racconta Francesco, che già nei giorni dell’ultimo Pitti Uomo aveva iniziato a riempire la stanza in modo inusuale. Cornici, gabbie, uccelli, trespoli, manichini incravattati: l’ambientazione, barocca e onirica senza cadute di stile eccessivamente kitsch, vale il primo “pollice su”. Scendendo le scale si arriva in sala, dove la scelta è stata di arredare la parte superiore – volte con mattoni a vista – con un giardino di glicini (finto) da cui pendono bicchieri, calici e flute.
Veniamo alla cena, partendo da una precisazione. seppure il locale abbia chiaramente la pasta come “core business”, la scelta di chiamarsi “Spaghetteria” rischia forse di apparire riduttiva, dal momento che la scelta dei primi è decisamente più ampia dello spaghetto nazionale e tutti i tipi di pasta sono preparati in casa (inclusi quelli per celiaci). Il menù offre infatti primi di mare (ravioli neri ai gamberi, tagliolini allo scoglio, gnocchi gamberi & curry o strozzapreti spada & melanzane, fino a maccheroncini alla triglia) e di terra (ravioli di bufala & pomodoro, tagliolini al tartufo, la classica carbonara, tagliolini brie & radicchio, ecc…) cui si accompagnano evergreen come la Gricia romana (nella variante con gli spaghetti di kamut e – a richiesta – il pomodoro) o i ravioli di zucca & amaretti di ispirazione mantovana. Il menù è destinato a cambiare periodicamente, per far posto alle stagionalità. I prezzi oscillano dagli 8 ai 13 euro, con l’aggiunta di 2 euro a persona in caso di farine speciali come farro o kamut, riportata sul menù.
Per non perdersi nella scelta, il locale offre la possibilità del “Giro Pasta”, quattro primi diversi (per due o più persone), ed è ciò che abbiamo provato: la Gricia col pomodoro, i ravioli zucca & amaretti, gli strozzapreti spada & melanzane e i tortelli al mucco, un ragù di carne tipico del pisano. L’ordine di servizio, salvo diversa richiesta, è lasciata allo staff e – nel nostro caso – è stata eseguita correttamente. Generalmente buona la cottura e corretto l’uso del sale, abbiamo trovato molto delicati i ravioli alla zucca, cotti col burro. Negli strozzapreti la melanzana e le olive non hanno prevalso sul sapore del pescespada, consentendo al piatto una buona uniformità gustativa. Il mucco si è rivelato un buon ragù di carne, ben contrastata dall’acidità del pomodoro. In quanto alla Gricia, magari può far storcere il naso a qualche purista ma lascia soddisfatti gli assaggiatori open-minded.