Un prodotto dalla forte connotazione identitaria, un piatto che si fonde perfettamente con l’anima di una comunità. È la pecora in umido di Campi Bisenzio (Firenze), che da quest’anno ha un suo palio. Nella prima edizione, la vittoria è andata alla signora Nicla Manetti e al circolo Arci di San Martino
Per un paese che si chiama Campi Bisenzio, la vicinanza ideale con i pascoli e i suoi ospiti è praticamente scontata. Battute a parte, da tempo immemore questo piccolo centro alle porte di Firenze – balzato agli onori delle cronache (giudiziarie e non) per essere stato il punto di partenza della discussa carriera politica di Denis Verdini – ha tra le sue tradizioni gastronomiche un piatto particolare, la pecora in umido. Si tratta di un piatto popolare, dalla forte connotazione identitaria, che si fonde perfettamente con l’anima stessa della comunità campigiana. Un piatto che le famiglie preparano da generazioni utilizzando le pecore che vivono lungo il fiume Bisenzio. Adesso, finalmente, l’amministrazione comunale guidata da Emiliano Fossi si è accorta che era arrivato il momento di promuovere, far conoscere, valorizzare e dare dignità alla pecora in umido (o pecora alla campigiana) e ha lanciato il primo “Palio della pecora in umido”.
L’organizzazione e la direzione artistica sono state affidate a Leonardo Romanelli, uno che queste situazioni le conosce bene e che poteva facilmente portare a Campi un parterre tecnico in grado di giudicare la pecora con rigore. E così è stato: sabato 12 settembre la piazza Frà Ristoro di Campi Bisenzio ha ospitato la prima edizione del “Palio”, cui hanno partecipato 10 privati cittadini e 4 circoli del territorio. Alla serata hanno partecipato anche trecento campigiani, che – riuniti in lunghe tavolate, come nelle settimane precedenti – hanno assaporato le quattro “versioni” provenienti dai circoli, mentre i giurati (il giornalista Riccardo Farchioni dell’Espresso, il ristoratore Gabriele Torchiani del Targa Bistrot, gli chef Enrico Panero del “Da Vinci – Eataly” e Simone Cipriani del “Santo Graal” di Firenze, più il sottoscritto).
A onor di cronaca, la vittoria del primo Palio della pecora in umido a Campi Bisenzio se l’è aggiudicata la signora Nicla Manetti (nella foto in alto con la targa): “Preparo questo piatto almeno tre volte a settimana perché me lo chiede mio nipote, goloso del sugo” spiega, raccontando che la sua pecora serve soprattutto come condimento per la pasta. Per la competizione tra i circoli, dove la giuria tecnica era affiancata da quella popolare, ha vinto il circolo ARCI di San Martino.
Al di là del risultato, però, vorremmo raccontare com’è stato giudicare 14 pecore in umido: il rischio era di trovarsi davanti 14 versioni dello stesso piatto, ad esempio, con minime differenze e un appiattimento su preparazioni standard. Nulla di più sbagliato: nonostante il tipo di preparazione base fosse il medesimo e in barba al fatto che tutti partissero con l’identica materia prima, già dopo i primi assaggi sono emerse le prime complessità. Qualcuno era perfettamente equilibrato, altri addirittura univano a una buona preparazione anche un tocco di personalità dato dall’uso sapiente delle spezie, altri invece sono risultati talvolta stopposi o dalla carne troppo dura (segno di una frollatura non perfetta), altri ancora troppo “selvatici” o eccessivamente pesanti nel condimento, fino ad arrivare ad eccessi nell’untuosità. Su 14 campioni, comunque, trovo che più della metà fossero degni di essere riassaggiati anche al di là del “Palio”, nei pochi ristoranti della zona che ancora servono la pecora in umido nel menù.
La questione metodologica era un’altra: considerare la pecora in umido nel suo aspetto più tradizionale, considerando dunque positivo un sapore forte e deciso, oppure valutare la morbidezza e l’eleganza come un aspetto positivo? In altre parole, un’eccellente pecora in umido che si sarebbe facilmente potuta scambiare per uno stufato di manzo era da premiare perché oggettivamente gradevole al palato oppure da penalizzare perché lontana dal “tipo ideale” di pecora? Alla fine ha prevalso il giusto mezzo, e ambo i rami della questione sono stati tenuti in ampia considerazione.
“La pecora – ha spiegato il sindaco Emiliano Fossi – è il nostro piatto, il piatto tradizionale di Campi ed ha bisogno di essere messo in risalto perché è un nostro elemento in più di caratterizzazione. Questa è la prima edizione, ed è già stata un successo enorme. Vogliamo rendere fisso questo appuntamento, dandogli risalto nazionale”. Sulla stessa lunghezza d’onda Leonardo Romanelli: “Grande partecipazione della città, l’appuntamento è per il 2016″. L’evento è stato organizzato in collaborazione con ProCampi, FareCentroInsieme, ChiantiBanca, Sezione Soci Campi Bisenzio ed alcuni esercizi commerciali del centro storico che hanno messo a disposizione i loro prodotti per la cena.