venerdì 19 Aprile 2024
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Provati per voi: Locanda Margon (Trento)

Per la famiglia Lunelli è il luogo dove far sperimentare allo chef Alfio Ghezzi il giusto equilibrio tra una cucina “alta” di ispirazione trentina e le bollicine di famiglia. Ecco la Locanda Margon, una stella Michelin.

 locanda margon

Per chi è sempre di corsa, il piacere maggiore è probabilmente quello di sedersi a tavola con la consapevolezza che entro 52 minuti potrà alzarsi satollo e soddisfatto. Per chi ha più tempo da dedicare al desco, invece, venire alla Locanda Margon di Trento significa poter sperimentare un luogo d’incontro privilegiato tra alta cucina d’ispirazione tridentina e le bollicine dell’universo Ferrari. E’ stata proprio la famiglia Lunelli, dominus del colosso degli spumanti italiani, a volere un ristorante che fungesse da “feudo” per gli amanti della buona tavola e da “laboratorio alchemico” per trovare innovativi abbinamenti con le bollicine. Col tempo, insieme allo chef Alfio Ghezzi – trentino, classe 1970, cresciuto all’ombra di Gualtiero Marchesi e Andrea Berton, di cui era braccio destro da Trussardi alla Scala a Milano – è arrivata anche la stella Michelin. Un premio arrivato non solo per le doti dell’alchimista in cucina, su cui ci soffermeremo presto,  ma probabilmente per una serie di ulteriori fattori: in ordine sparso, l’estrema attenzione nel servizio, la location affacciata sulle montagne con vista su Trento, l’ispirazione del nome, che deriva dalla vicina Villa Margon, complesso cinquecentesco sede di rappresentanza della famiglia Ferrari.

Locanda Margon

L’offerta gastronomica della Locanda Margon si divide in due proposte: da un lato il Salotto Gourmet, per gli appassionati della cucina d’autore, e dall’altro la Veranda, pensata per chi vuole una cucina semplice e veloce senza per questo rinunciare alla qualità. In entrambi i casi, i piatti sono accompagnati dalle bollicine TrentoDoc: è il caso della “Suggestione Bollicine” che abbina 7 portate a 5 diverse etichette Ferrari, o della “Suggestione Terroir” che valorizza i prodotti del territorio. Per gli habitué c’è poi una serie di piatti – i “Classici di Locanda Margon” – creati dallo chef e diventati un must non solo per la clientela locale. Nel nostro caso, ecco cosa abbiamo assaggiato:

Uovo in camicia con purea di melanzana

Uovo camicia Locanda Margon

Un piatto estremamente accattivante, che gioca sulla compresenza di elementi armoniosi e diverse consistenze: l’uovo in camicia è cotto al punto giusto (non a livello di essere all’occhio di bue, per intendersi) e ben si sposa con la purea di melanzana affumicata, delicata ma saporita, e con l’olio verde con cui lo chef ha guarnito la base del piatto. Ma ciò che stupisce sono i semi di amaranto soffiati, perfetti in quel contesto.

Risotto mantecato con TrentinGrana e pomagro

risotto trentingrana Locanda Margon

Un piatto saporito, di sostanza, che celebra alcune eccellenze del territorio: da un lato il TrentinGrana, versione locale del celebre formaggio emiliano, dall’altro il pomagro, un buon aceto balsamico di mele. Anche qui, nota distintiva dello chef è la scelta di “circondare” il piatto con un velo di pomagro. Interessante accompagnamento, la cialda di formaggio.

Manzo con cipolline, patate e dragoncello

Manzo con cipolline, patate e dragoncello

Buon piatto, anche se all’intero di un menù così raffinato rischia di diventare “ordinario”. Il manzo è morbido e delicato, la cipolla dà la dolcezza necessaria al piatto e il vero valore aggiunto è  l’olio al dragoncello, che spicca in maniera considerevole.

Crostata d’orzo con gelato al thè e purea di mela verde

crostata d'orzo locanda margon

Dulcis in fundo, potremmo dire. E’ probabilmente il piatto che più si fa ricordare. La crostata d’orzo celebra uno dei prodotti tradizionali delle valli trentine, mentre il gelato al thé Earl Grey è perfettamente riuscito. Buon accompagnamento, la purea di mela verde che strizza l’occhio a un altro “must” della cucina locale. Curiosità a latere: è giusto un caso, se il gelato nel piatto ricorda vagamente un teschio… Se si parla di “dolce morte”, questa è sicuramente l’accezione più desiderabile.

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