giovedì 28 Marzo 2024
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Leonardo Romanelli: “Biennale Enogastronomica, una sede fissa per l’edizione del decennale”

Una sede fissa (magari in centro storico) per la Biennale Enogastronomica, elemento imprescindibile per far fare il salto di qualità alla manifestazione e trasformarla in un evento di respiro nazionale. Così il critico Leonardo Romanelli, direttore artistico della kermesse, ci racconta il futuro della Biennale

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La Biennale Enogastronomica 2016 è in pieno svolgimento a Firenze (qui il programma), nella sede dell’ex Centro per l’Arte Contemporanea di Firenze EX3 (viale Giannotti). Per la kermesse presieduta da Santino Cannamela di Confesercenti si tratta della quinta edizione, e sin dalla prima il ruolo di direttore artistico è stato in capo a Leonardo Romanelli, giornalista e critico enogastronomico. È a lui che abbiamo chiesto gli obiettivi di questa manifestazioni e i progetti futuri.

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Leonardo, dove sta andando la Biennale Enogastronomica?

Beh, l’obiettivo principale è cambiare registro da qui a due anni, farla diventare sempre meno fiorentina – non è un caso, se da quest’anno abbiamo tolto Firenze dal nome dell’evento – perché la città deve diventare un luogo dove cominciare a parlare di enogastronomia a livello nazionale. L’edizione del decennale, in quest’ottica, sarà un numero zero. Ci stiamo già lavorando, e lo si vede da alcune scelte come quella di aprire finestre nuove sul settore, coinvolgendo temi che vanno dalla pizza alla mixology. Abbiamo due anni di tempo per andare a raggiungere un pubblico di respiro nazionale, e credo che siamo sulla strada giusta. Per raggiungere questo scopo serve una visione a tutto tondo nel comparto: bisogna continuare a coinvolgere scuole, blog, chef, barman, sommelier. Insomma, fare un gioco di squadra, con nessuno che possa dirsi escluso. Chi non c’è alla Biennale, quest’anno, è semplicemente perché non ha potuto esserci.

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Cosa serve per spiccare questo salto di qualità e far diventare la Biennale Enogastronomica un appuntamento fisso?

In primo luogo la volontà di dimostrare che questo progetto può essere realizzato. Occorre la fiducia da parte delle istituzioni, che devono essere le prime a reputare quest’appuntamento imperdibile per il settore dell’agroalimentare di qualità. Segnali positivi non mancano: alcuni organizzatori, dalla Camera di Commercio a Confesercenti, ci credono da sempre. Se loro continuano a essere della partita e altri seguono il loro esempio, ci si può fare. Chi vuol collaborare è benvenuto: il Fuori Biennale lo dimostra. Insieme all’interesse dei soggetti di stampo nazionale, però. serve altro.

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A cosa ti riferisci, in particolare?

A una sede definitiva e permanente. Finora con la Biennale Enogastronomica abbiamo fatto da apripista per strutture che poi sono diventate altro (come il museo del Novecento) o si accingono a diventarlo, come l’ex tribunale in piazza San Firenze, o ancora che avevano bisogno di una valorizzazione, come l’Ex3 di viale Giannotti. Per noi ora è il momento di fermarci e diventare stanziali, se vogliamo davvero diventare ciò che abbiamo in mente. Su questo fronte Firenze ha un problema di base: l’ideale sarebbe una sede centrale, per “nazionalizzare” l’evento come avviene in altre città italiane, ma nel cuore di Firenze luoghi da rivitalizzare non ce ne sono molti. Inoltre servirebbe una struttura pubblica, proprio per il tipo di coinvolgimento che chiediamo alle istituzioni: lancio un invito al Comune e alla Regione per cercare insieme un luogo da valorizzare.

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Credi che dopo cinque anni per la Biennale il più sia stato fatto o ancora ci siano margini di crescita e sviluppo?

Mah, dobbiamo sempre tenere presente l’esperienza di questi ultimi anni e trarne insegnamento per il futuro. Così come in cucina, dove arrivati a un certo punto togli anziché aggiungere, così nell’organizzazione di una manifestazione, occorre trovare l’essenza di ciò che si sta facendo. Nel caso della Biennale, significa che finora abbiamo potuto capire, comprendere, limare qua e là, rodare alcuni meccanismi e così via. L’edizione del decennale sarà la somma e la sintesi di tutto ciò di buono che è stato fatto. Altrimenti continuerebbe a essere soltanto un mero contenitore.

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Ciò significa che rispetto alle origini c’è qualcosa che non ha funzionato ed è stato accantonato?

La Biennale Enogastronomica è nata, come voleva Leo Codacci, per unire i ristoratori su un progetto: presentare nei rispettivi menù i piatti di una volta. Ecco, è una formula che non torna più con il mood contemporaneo, e l’abbiamo cambiata. Abbiamo voluto dare spazio al menù del giorno in ogni ristorante, facendo esprimere ogni ristoratore al meglio su ciò che sa fare. L’idea originaria dei piatti tipici è stata abbandonata, cambiando alcune cose che non funzionavano. E a giudicare dalla risposta dei fiorentini è stata una scelta pagante.

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L’interesse dei fiorentini verso la Biennale Enogastronomica è sempre stato costante o hai notato affezione crescente?

Mi piace pensare di aver diretto una manifestazione che è sempre stata al passo coi tempi: su alcuni eventi “di tendenza” due anni fa abbiamo dovuto chiudere i cancelli, dal numero di persone che avrebbero voluto partecipare. Ecco, credo che la Biennale Enogastronomica sia lo specchio delle tendenze del settore enogastronomico: abbiamo notato che le degustazioni sedute portano a pubblico costante, per esempio, mentre riscontriamo un interesse crescente e graduale per il mondo della pasticceria. Così come Pitti Immagine fa scouting per le tendenze nel mondo della moda anziché puntare sui brand già riconosciuti, così noi vogliamo fare lo stesso per l’enogastronomia. Non a caso nel programma di quest’anno, insieme a nomi affermati, c’è spazio per chef, produttori di vino e pasticcieri di valore ma ancora tutti da scoprire. Abbiamo voluto evitare sia il concetto dell’eccessiva settorializzazione o della ghettizzazione (aprendoci invece a nicchie come il vegano o il bio) sia il rischio dell’autoreferenzalità: il direttore artistico non è un uomo solo al comando, ma da insegnante ho voluto includere e coinvolgere tutti i protagonisti di questo mondo.

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