Ci voleva il pizzaiolo napoletano e ambasciatore della “margherita” fuori dai confini partenopei Luca Di Massa per raccontare come nasce e come si fa davvero la verace pizza napoletana, che oggi gode di un marchio di tutela
Gli ingredienti sono così pochi e semplici che a volte poi ti viene spontaneo chiedersi: “Ma come diamine avrà fatto quel pizzaiolo a fare una pizza così cattiva?” oppure “quanto ci si sarà messo d’impegno per rovinare acqua, farina, lievito e pomodoro, ‘sto tizio?”. Eppure succede, più spesso di quanto si creda. Diciamolo francamente: la differenza tra una pizza ordinaria e una buona pizza non dovrebbe essere molta, alla luce della semplicità della preparazione e degli ingredienti usati. Invece per mangiare una pizza de puta madre, chi non ha la fortuna di vivere all’ombra del Vesuvio o di conoscere un pizzaiolo competente deve mettersi in macchina e girare parecchio.
Qualcosa si sta muovendo, però. Se trent’anni fa a Napoli è nata l’associazione Verace Pizza Napoletana che raggruppa i pizzaioli che aderiscono allo stile partenopeo, oggi l’AVPN sta lottando a livello internazionale perché questo prodotto abbia il suo riconoscimento da parte dell’Unesco come patrimonio mondiale dell’Umanità. Non mancano gli ambasciatori fuori dal Regno delle Due Sicilie, ed è proprio altrove – nel Ducato di Parma e Piacenza, giusto per restare nel mood risorgimentale – che ne abbiamo incontrato uno bravo. Si tratta di Luca Di Massa, titolare della pizzeria “+39” a Castenaso (Bologna) e della “Vecchia Malga” all’aeroporto Marconi di Bologna. È stato lui, nell’ambito dell’evento “Pomodoro d’autore” in scena alla Fabbrica di Piacenza (di cui parliamo qui), a raccontarci i segreti della pizza verace napoletana. Partendo, ovviamente, dal disciplinare riconosciuto in tutto il mondo.
La Verace Pizza Napoletana
Iniziamo dall’ABC, cioè dal definire di che si tratta: la verace pizza napoletana comprende la “Marinara” (pomodoro, olio, origano e aglio) e la “Margherita” (pomodoro, olio, mozzarella o fior di latte, formaggio grattugiato e basilico). Dopo la cottura la “verace pizza napoletana” si presenta come un prodotto da forno tondeggiante, con diametro che non deve superare 35 cm, con il bordo rialzato e la parte centrale coperta dai condimenti. La parte centrale dev’essere spessa 0,4 cm (con una tolleranza consentita pari a ± 10%) e con un condimento dove spicca il rosso del pomodoro, cui si è perfettamente amalgamato l’olio e a seconda degli ingredienti utilizzati, il verde dell’origano e il bianco dell’aglio, il bianco della mozzarella a chiazze più o meno ravvicinate, il verde del basilico in foglie, più o meno scuro per la cottura. Il cornicione dovrà essere di 1-2 cm, regolare, gonfio, privo di bolle e bruciature e di colore dorato. La verace pizza napoletana deve essere morbida, elastica, facilmente piegabile a libretto, dal sapore caratteristico derivante dal cornicione che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro che persa la sola acqua in eccesso resterà denso e consistente dall’aroma, rispettivamente, dell’origano, dell’aglio o del basilico e al sapore della mozzarella cotta.
L’impasto
Gli ingredienti per l’impasto per la Verace Pizza Napoletana sono la farina di grano 00 (ma è consentita l’aggiunta di farina di grano tenero tipo 0 Manitoba dal 5 al 20%), acqua, sale marino (non iodato, possibilmente) e lievito di birra fresco (Saccharomices cerevisiae). Per un litro d’acqua servono 50 grammi di sale, 3 grammi di lievito e 1,700/1,800 grammi di farina. Mescolato fino a ottenere un impasto omogeneo, dovrà essere diviso in panetti da 180/250 grammi ciascuno, e messo a lievitare per circa 6 ore. A quel punto, il procedimento è il seguente: il disco di pasta va steso con la punta delle dita lasciando il bordo intatto, per favorire lo spessore del cornicione, e poi allargato rigorosamente senza l’utilizzo di matterello né tantomeno – orrore! – di presse meccaniche.
Il condimento
Una volta steso il disco, si passa al condimento della verace pizza napoletana: prima il pomodoro, che può essere fresco o pelato ma sempre delle qualità riconosciute dal disciplinare (sono consigliati il S.Marzano dell’Agro Sarnese-nocerino Dop, i Pomodorini di Corbara, il Pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop per i freschi e il pomodoro pelato S.Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino Dop, ma è consentito anche l’uso del pomodoro fresco o industriale “lungo tipo Roma”). Poi la mozzarella, che può essere Mozzarella di bufala campana Dop o Stg, mentre il fior di latte può essere dell’appennino meridionale Dop o altro purché certificato. Poi il basilico – e qui c’è più libertà che altrove – e infine l’olio extravergine d’oliva, e il formaggio parmigiano (o comunque a pasta dura) per la spolverata finale e l’origano.
La cottura
Il tempo è prezioso: bastano non più di 90 secondi, per fare una buona pizza verace napoletana. Dando per scontato che la cottura deve avvenire direttamente sul piano del forno e non su teglie, il pizzaiolo trasferisce la pizza farcita su una pala di legno (o di alluminio), aiutandosi con un po’ di farina e con movimento rotatorio. La pizza viene fatta scivolare nel forno a legna – con temperatura di 485° – con un movimento rapido del polso tale da impedire la fuoriuscita dei condimenti. A metà tempo si può controllare la cottura della pizza sollevandone un lembo, con l’aiuto di una pala metallica e ruotando la pizza verso il fuoco, utilizzando sempre la stessa zona per evitare che la pizza possa bruciarsi a causa di due differenti temperature. È importante che la pizza venga cotta in maniera uniforme su tutta la sua circonferenza.
Gli errori più comuni
“Intanto va chiarito un punto – spiega Luca Di Massa – perché parliamo di errori in generale senza dare un giudizio di merito: la Verace Pizza Napoletana non è necessariamente la migliore, e ogni pizzaiolo può preparare ciò che gli riesce meglio, ma se l’obiettivo è preparare una pizza che risponda al nostro disciplinare allora non bisogna incappare in alcuni errori. Uno su tutti: la pizza napoletana non è quella col bordo alto, come talvolta si crede, visto che al centro stiamo sui 2/4 millimetri. Inoltre preferiamo evitare il sale iodato perché quello marino ha una salinità più netta. A volte si sente dire che la pizza continua a levitare in pancia, ma in realtà i lieviti a 100 gradi muoiono, quindi quella sensazione è data da un’errata lievitazione. Infine, la verace pizza napoletana è piena d’acqua e aria, molto più digeribile. Se la pizza rimane in forno più di 90 secondi, tutta l’acqua va via e la materia prima si disidrata perdendo così molte sue proprietà”.