“L’America ha paura di una mortadella?” si domandava Sofia Loren nel film La mortadella (1971). Non più, per fortuna. Ci sono voluti quindici anni, e la lapalissiana evidenza che di carne e salumi italiani – al netto di mucca pazza o altre patologie incidentali – non è morto nessuno. Adesso, come riporta oggi il Corriere della Sera, gli Stati Uniti hanno sdoganato (letteralmente) mortadelle, culatelli, pancette, salami e tagli freschi provenienti dal Belpaese, finora condannati a restare ai confini degli States. In particolare, le autorità di Washington hanno riconosciuto l’indennità sanitaria dell’Italia dalla malattia vescicolare del maiale e, finalmente, hanno liberalizzato la commercializzazione dei salumi nostrani, eliminando le cosiddette «barriere non tariffarie» all’entrata di questo genere di prodotti. Un nulla osta che gli allevatori italiani attendevano da tempo, forti dell’appeal che i prodotti made in Italy riscuotono negli Stati Uniti. E se già si parla di un incremento dell’export negli Stati Uniti del 17%, i produttori sono già a fregarsi le mani e assaporano i proventi di un comparto che potrebbe fruttare fino a 80 milioni di euro l’anno.
Se finora nella terra dello Zio Sam potevano entrare solo prosciutti cotti, crudi e speck (o comunque con stagionatura superiore a 14 mesi), adesso tocca ad altre prelibatezze nostrane, a partire dalla bistecca alla fiorentina (che non teme la concorrenza con la T-Bone steak autoctona) fino alla cotoletta alla milanese, ritenuto da un recente sondaggio il terzo piatto italiano più apprezzato e conosciuto dopo la pasta e la pizza.