giovedì 28 Marzo 2024
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Olio dei Papi: sinergia tra sapore, ricerca e tradizione della Roma papale

Gli anziani del basso Lazio narravano che i papi consumassero l’olio di quelle terre, incentivando la coltivazione dell’olivo a sud dello Stato Pontificio: da qui Olio dei Papi è partito selezionando un Evo di altissima qualità

olio dei papi

In un periodo che vede i prodotti a km 0 al centro di un successo commerciale importante, i consumatori – soprattutto dopo la pandemia – si fidano molto di più dei produttori locali, e i numeri dell’olio Evo italiano continuano a tenere il passo. A difendere il loro primato ci pensano gli ettari dedicati all’olivicoltura, oltre un milione, e le più di 800mila aziende che, unendo tradizione e innovazione, si occupano ogni giorno di dare vita al prezioso oro verde.

olio dei papi

Nonostante le problematiche evidenti – produzione altalenante a causa del cambiamento climatico e di parassiti, in prima fila – ci sono realtà che, da sole, sono in grado di far capire la straordinaria ricchezza di questa filiera. Tra queste, nella zona dell’Agro Pontino e del Frusinate spicca Olio dei Papi, una sinergia perfetta tra sapore, ricerca – sia di stampo scientifico, sia in campo storiografico – e un case history che dimostra plasticamente come, quando si parla di prodotti locali, il legame col territorio possa essere tenuto vivo per secoli.

Il ruolo dello Stato Pontificio nel successo dell’olivicoltura in Lazio

Olio dei Papi è un progetto che ha alle spalle secoli e secoli di storia. Tutto è cominciato quando, dopo un periodo di declino che ha visto i membri degli ordini monastici attenti custodi di un sapore antichissimo, nel XVIII secolo è stato possibile avere a che fare con una riscoperta della coltura dell’olivo. A questa rinascita hanno contribuito iniziative politiche come la riforma agraria di Papa Pio VI che, nel 1778, un anno prima della sua morte, decretò l’erogazione di un premio in denaro per ogni olivo messo a dimora.

Da allora, come dimostrano anche i risultati della ricerca storiografica che ha coinvolto gli anziani del basso Lazio, gli investimenti della Santa Sede sul territorio non sono finiti. Grazie al loro impulso, nel territorio del frusinate e dell’Agro Pontino la coltura dell’olivo si è diffusa così tanto da portare la sopra citata specie arborea a essere la più coltivata nella zona sopra menzionata. Olio dei Papi, realtà che oggi fornisce le cucine della Santa Sede, è uno dei risultati più felici dell’impegno sopra menzionato, un’eccellenza che, come già detto, è profondamente legata al territorio.

Qualità e tracciabilità

A rendere speciale il prodotto, frutto del lavoro quotidiano di diversi agricoltori che si sono uniti in una cooperativa, ci pensa ovviamente l’altissima qualità organolettica e la filiera che deve rispondere a un severo disciplinare. Da non dimenticare è anche la tracciabilità. Come ricordato all’inizio dell’articolo, la possibilità di portare in tavola prodotti dei quali si conosce la provenienza e la storia è fondamentale al giorno d’oggi. Olio dei Papi permette di farlo grazie a un’apposita sezione del sito dove è possibile, inserendo il numero di lotto, avere tutte le informazioni sul produttore, sul frantoio e sul contesto in cui è avvenuta la molitura delle olive. Queste ultime vengono raccolte a mano da piante secolari e sono protagoniste di una selezione accuratissima.

Uno shop sempre fornito

Come già accennato, le aziende che presidiano il settore dell’olivicoltura in Italia sono un felice connubio fra tradizione e innovazione. A dimostrazione di ciò è possibile chiamare in causa non solo l’adesione ai principali standard di sicurezza internazionali, ma anche l’attenzione alle risorse del web. Nel caso di Olio dei Papi, il focus sui vantaggi dell’e-commerce si concretizza nello shop online. Sempre fornito, permette di scegliere tra diversi formati di prodotto. Una vera e propria chicca sono le gift box, dall’astuccio all’elegantissima teca in legno. Donare sapori speciali dei territori italiani è una scelta sempre più diffusa. In questo caso, farlo permette di portare in tavola un tesoro non solo dal punto di vista enogastronomico, ma anche da quello storico.

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