Il pastry chef Giuseppe Amato, da poco eletto miglior pasticcere al mondo, racconta il fenomeno della “rivincita” della pasticceria nei confronti della cucina
Cucina e pasticceria. Due mondi che convivono tutte le sere, almeno agli occhi del cliente che in ogni menù degustazione – salvo rarissime eccezioni – inizia il pasto con la parte salata e termina con quella dolce. Eppure non è così scontato, che il mondo salato e quello dolce trovino altrove la stessa armonia, seguano lo stesso fil rouge che può invece esistere nel corso di una cena. Pensiamo agli chef superstar, e allo spazio che i pastry chef si stanno conquistando sulle pagine delle riviste di settore.
Cucina e pasticceria non sono forse state così vicine. Ne abbiamo parlato con uno che se ne intende, il pastry chef siciliano Giuseppe Amato, da 18 anni all’opera alla corte del tristellato Heinz Beck a Roma. “Questi due mondi sono sempre stati compagni di viaggio – racconta il pasticcere eletto numero uno al mondo lo scorso dicembre – e per fortuna oggi, rispetto al passato, della pasticceria si parla molto di più. Ma non è accaduto per caso: meno di dieci anni fa la categoria si è imposta di dare più valore al proprio lavoro, cercando e trovando visibilità in un settore fino a quel momento appannaggio soltanto degli chef di cucina”.
“È qualcosa che abbiamo voluto fortemente – aggiunge Giuseppe Amato, che di recente ha partecipato a una masterclass presso la Scuola Tessieri a Ponsacco, in Toscana, ispirando gli allievi con il racconto del suo percorso e della sua esperienza umana e professionale – e oggi ne stiamo raccogliendo i risultati: di alta pasticceria se ne parla con sempre maggiore importanza, riconoscendole il ruolo che merita”.
In un fine dining con commistioni sempre più frequenti tra cucina e pasticceria (pensiamo al gelato gastronomico o a sperimentazioni come la carbonara con crema pasticciera salata, ecc..), come la pensa il pastry chef che a settembre è stato chiamato come unico giudice italiano ai Mondiali di Pasticceria (poi vinti dal nostro Paese…)? “Per indole – spiega, riguardo alla possibilità di usare in pasticceria materie prime salate e viceversa – sono per il rispetto della tradizione, ma ciò non significa che non apprezzi le innovazioni che un campo più portare all’altro. Certo, a volte può funzionare e altre volte meno, ma in fondo molto dipende da come vengono usati gli ingredienti. Tenendo presente il principio che devono essere un accompagnamento e non i protagonisti del piatto”.
“Tra l’uno e l’altro caso, comunque – conferma Giuseppe Amato – preferisco quando è la pasticceria a prendere in prestito una materia prima solitamente usata in cucina. Nei miei dolci, ad esempio, ci sono peperoni, carote, topinambur. Anche un cetriolo può diventare elemento di un dolce conservando la propria identità, ma sempre come accompagnamento”.
L’occasione di raccogliere il punto di vista di un guru come Giuseppe Amato sul rapporto tra cucina e pasticceria è stata la masterclass alla Scuola Tessieri di Ponsacco, fondata nel 2015 da Alessio Tessieri. “C’è stato un grande interesse da parte dei professionisti arrivati da varie parti d’Italia, che con entusiasmo si sono iscritti al corso di specializzazione con Amato”. Vero e proprio atelier contemporaneo per formare cuochi, pasticceri e restaurant manager del domani, Scuola Tessieri consente di sviluppare solide basi culturali, tecniche professionali all’avanguardia e l’amore per il dettaglio.