A Civitella del Lago (Terni) lo chef Paolo Trippini porta avanti l’eredità delle due generazioni precedenti alla guida dell’omonimo ristorante con vista sul lago di Corbara, esprimendo una cucina fortemente salda nelle radici umbre
Sono decisamente pochi, gli chef per i quali è possibile coniare un neologismo. L’umbro Paolo Trippini è uno di questi, e la parola che meglio descrive la sua cucina – legandola non solo alle preparazioni ma alla peculiarità del suo ristorante – è “fine lunching“. Per chi non fosse avvezzo agli anglicismi, si tratta della versione del più noto fine dining applicato però al pranzo e non alla cena. Questa è infatti la caratteristica più singolare del locale omonimo, quel ristorante Trippini che dal 1963 ha progressivamente trasformato un paesino dell’Umbria meridionale in una mèta gourmet.
Prima di raccontare lo chef Paolo Trippini – classe ’79 e una gavetta tra guru come Gianfranco Vissani, Gaetano Trovato ed Enrico Bartolini – occorre spendere due parole per raccontare la genesi del ristorante, che spiega come mai oggi sia praticamente l’unico del circuito dei JRE Italia ad essere più frequentato a pranzo che a cena. Siamo alla fine degli anni Cinquanta, e nella zona si stanno per realizzare due infrastrutture strategiche: la diga che darà origine al lago e l’autostrada del Sole. Ciò porta sul territorio molti lavoratori, che hanno necessità di venire sfamati. All’inizio, dietro consiglio del sindaco, ci pensa il nonno di Paolo Trippini, quel Giuseppe che dà il primo nome al ristorante, “Da Peppe se Pappa”.
Era una cucina lontana anni luce da quella odierna, così come lo era quella governata da Adolfo, figlio di Giuseppe (e padre di Paolo). Ma quando nel 2005 quest’ultimo prende le redini del ristorante Trippini, i due anni di “interregno” col padre Adolfo si rivelano tanto complessi quanto fondamentali per inculcare nel giovane Paolo la necessità di non perdere mai di vista la “sostanza” pur nell’elaborazione di una cucina contemporanea raffinata ed elegante.
Se oggi il ristorante è scelto da un pubblico al 99% locale (con al massimo visitatori da Toscana e Lazio) è sia per la vista sul lago, di cui gli avventori non godrebbero la sera, sia per la cucina che concilia modernità e quel patrimonio di materie prime che rendono l’autunno la stagione migliore per visitare l’Umbria.
Ed eccola, allora, la cucina di Paolo Trippini. La scelta è tra un menù degustazione da 5 portate basato sul tartufo (75 euro), uno a mano libera (120) con una sequenza di piatti a scelta dello chef ed un percorso (90) che traccia l’evoluzione della cucina del locale nell’arco di sessant’anni, dal 1964 al 2022, compresi i piatti del nonno (Tagliatelle con le rigaglie di pollo) e del padre (gnocco con ricotta e menta). In alternativa, menù progressivi da 5 a 9 portate con piatti a scelta e prezzi compresi tra 60 e 100 euro.
Tra i piatti più rappresentativi di Paolo Trippini c’è il Bosco Umbro, nato 8 anni fa come “Crescendo d’Autunno” e oggi presente in carta tutto l’anno con opportune variazioni stagionali: nella sua variante originaria, si tratta di un antipasto vegetariano che celebra le materie prime autunnali – dai funghi al tartufo, dalle castagne alle erbe spontanee fino ai frutti rossi – ed esalta il patrimonio umbro con differenti sfumature di sapore che si alternano ad ogni boccone.
Passiamo poi alla Quaglia con zucca gialla, amaro Ardelio e mandorle tostate: il petto viene scottato, la coscia ripiena e fritta. Anche qui sono presenti i due refrain della cucina autunnale di Paolo Trippini: da un lato – appunto – un classico del periodo come la zucca, dall’altro una piccola icona del territorio come l’amaro Ardelio, dedicato ad Ardelio Ciarletti e prodotto con erbe e piante officinali raccolte a mano sulle colline di Trevi.
Che l’autunno sia un po’ la primavera dell’Umbria è evidente anche in due primi piatti, i Rigatoni alle erbe aromatiche con porcini, rapa rossa e polvere di latte di mandorle, arricchito da una mantecatura con brodo di pollo e nel Tortello di pecorino con patè di fegatini, castagnaccio e tartufo (foto in alto). In entrambi tornano in maniera decisa gli ingredienti di stagione: stavolta a dirigere l’orchestra sono il tartufo umbro e soprattutto un dolce come il castagnaccio.
Da segnare in rosso per una visita al ristorante di Paolo Trippini è il secondo piatto, un Agnello locale con crema di semi tostati e cavolo nero: carne davvero tenerissima, protagonista di un piatto ben equilibrato grazie a un condimento gentile e non abusato come la crema di semi tostati.
L’ultimo tocco di stile del menù di chef Paolo Trippini è il dessert, semplice e innovativo al tempo stesso: Biscotto al mandarino, gelato alle olive taggiasche e mousse di cioccolato bianco, impreziosito da un’oliva zuccherata. Se il gelato all’olio Evo è ormai stato sdoganato nel fine dining, vedere una sua variante (riuscita, peraltro) nel gelato alle olive è sempre piacevole.
E a proposito di olio Evo, una postilla che in realtà meriterebbe uno spazio ben più ampio per essere raccontata a dovere: a Civitella del Lago il fratello di chef Paolo Trippini, Luca, è alla guida di una Cooperativa di comunità – diversa dalle Cooperative sociali – che svolge un ruolo importante sul territorio da diversi punti di vista. Attiva dal 2020, grazie al frantoio adiacente il ristorante si occupa infatti del ripristino di oliveti abbandonati, ma lavora anche per risollevare l’offerta ricettiva diffusa ed è persino riuscita a far riaprire un luogo di socialità come l’edicola. In poco tempo, come braccio operativo dell’amministrazione comunale la cooperativa ha dato un lavoro a oltre una dozzina di persone. Mica male, su un paesino di appena 300 anime…