E’ scomparsa a 88 anni June Bellamy, figlia della principessa Linbin Thiktin Ma Lat, discendente diretta della famiglia reale birmana. Fu la prima, oltre 40 anni fa, a portare a Firenze la cucina multietnica
Verrà ricordata come la principessa che ha portato in riva all’Arno la cucina multietnica. E lei, June Bellamy, scomparsa a Firenze martedì 1 dicembre, principessa lo era davvero: nata in Birmania nel 1932 dall’australiano Herbert Bellamy (da qui il cognome anglosassone) e dalla principessa Linbin Thiktin Ma Lat, discendente diretta della famiglia reale birmana, June era anche conosciuta col nome birmano di Yadana Nat Mai, dea dei nove gioielli. Durante la seconda guerra mondiale la famiglia fu costretta a emigrare in India, ospite della sorella minore della madre, la moglie del Maharaja di Kashipoor.
Nel 1954 sposò Mariano Postiglione, un medico italiano in missione per l’OMS in Birmania, dal quale avrà due figli, Michele e Maurizio. La donna seguirà il marito nelle missioni in giro per il mondo, entrando in contatto con le cucine di diverse zone del pianeta, dalle Filippine al Medio Oriente. Dopo la separazione si stabilisce in Italia, dove lavora nella moda con Emilio Pucci; diventerà poi allieva del pittore Lazzaro Donati. Nel 1978 sposa in seconde nozze l’allora presidente della Birmania, il generale Ne Win.
Rientrata in Italia dopo il breve matrimonio, fondò lo Studio June Bellamy, un’associazione culturale di gastronomia orientale e occidentale, per dedicarsi all’insegnamento della cultura del cibo. In particolare, fino alla morte – avvenuta martedì 1 dicembre – June Bellamy ha alternato l’attività di insegnamento di cucina a conferenze sul cibo con tutti i suoi significati culturali e religiosi, spesso condite da assaggi o seguite da corsi brevi, nonché cene ed eventi a tema.
Alla sua vita è dedicato il documentario Rhapsody in June, vincitore del premio DWA (Doc/it Women Award) alla Mostra del Cinema di Venezia, 2016. “Per June Bellamy – si legge sul sito dello Studio – la gastronomia orientale non è mai stata una moda, è la sua storia”.