Dopo la chiusura in via Galliano ha aperto in Borgo La Croce Ararat, il ristorante armeno e georgiano a Firenze. Spazi più ampi, così come il menù, rappresentativo di una tradizione caucasica ben lungi da limitarsi alla cucina. Non più solo una braceria ma un locale etnico dove provare spiedini e…Khachapuri Agiaruli
Ci sono i ristoranti etnici più conosciuti – Cina, India, Giappone – e poi ci sono quelli dove puoi ancora andare portando con te un briciolo di curiosità, solleticando il tuo senso dell’esotico mentre sfogli il menù tra piatti a cui ti accosti per la prima volta. Ararat, come suggerisce il nome (il monte dove secondo la Bibbia approdò l’arca di Noè, ndF), appartiene a quest’ultima categoria: ristorante armeno ma con forti influenze georgiane, offre non solo un viaggio nella cucina caucasica ma anche nei topos culturali di quest’angolo di mondo.
A introdurre alla cucina armena ci pensano la musica e l’oro, una presenza costante: dalle grandi scritte sul muro al primo piano (l’alfabeto armeno e quello georgiano) alle posate, fino ai particolari finimenti sui grembiuli dei camerieri. Il locale di foggia contemporanea si sviluppa su due piani, entrambi ornati da grandi elementi decorativi a muro, in cui il servizio è affidato a personale locale: “Si tratta di cittadini armeni – ci spiegano – venuti da ogni parte d’Italia con la missione di raccontare il loro Paese”. Una sorta di ambasciata armena e georgiana in Italia, dove Ararat è un unicum nonostante la presenza di diverse piccole comunità sparse lungo la penisola.
Oltre a quattro diversi menù degustazione, la carta propone antipasti come i Pasuts Tolma (involtini di legumi in foglia di cavolo) o Pkali (patè tradizionali con aglio e noci, nella foto in alto), Abur (zuppe), Khinkali (ravioli), Blinchiki (crespelle), spiedini di pollo e maiale, Tolma (involtini in foglie di vite) e così via, fino al Khachapuri Agiaruli, una sorta di pan-pizza ripieno di melanzane, pomodoro, peperoni ecc…
Abbiamo sentito alcuni piatti tipici di Ararat, trovandoli poi non così lontani dai gusti dell’area mediterranea. Prendiamo gli involtini di melanzane, parte dei Pkali: al di là di una spiccata presenza di aglio, che rende il piatto più adatto a una cena “in solitaria” che non a una serata di coppia, resta un piatto leggero ma dal sapore deciso.
Non potevamo poi evitare di assaggiare lo spiedino, che da queste parti è il piatto nazionale: accanto al misto pollo e maiale (ma nell’impasto si avverte la cipolla) vengono servite una salsa piccante al pomodoro e una caponatina di verdure grigliate. Le dimensioni non traggano in inganno, si tratta di un piatto che si riesce tranquillamente a gustare fino all’ultimo morso grazie alla morbidezza della carne.
Insieme ad esso, ad Ararat abbiamo assaggiato il Lamandjo, una piadina farcita con pomodoro e carne, su cui aggiungere limone spremuto ad libitum. Beh, si è rivelato qualcosa di più di un semplice contorno. L’unico piatto non assaggiato è il “famoso” Khachapuri Agiaruli (nella foto in basso), ma ci sarà occasione.
Dietro il ristorante di Borgo La Croce c’è Vardan Babayan: dopo la chiusura del locale in via Galliano ha già in mente di replicare con aperture a Roma e Milano. Per il momento, intanto, ha fissato le linee guida del suo format. Se in precedenza era poco più di una bracieria, adesso nella nuova sede – più centrale, oltre che più spaziosa – trovano posto un menù più vario, affidato a cuochi armeni, georgiani e russi, oltre che vini e distillati caucasici.