Calino, il ristorante di “pesci strani” di Tommaso Cintolesi in piazza delle Cure, costretto ad abbassare definitivamente la saracinesca: al suo posto nascerà l’ennesimo kebab
Da oggi la Firenze gastronomica è più povera. La città perde uno dei suoi protagonisti della cucina di pesce, e nel modo più frustrante possibile, perché specchio di una situazione che penalizza quanti portano del valore autentico alla professione, servendo pescato fuori dal banale e dal già visto. Il ristorante Calino in piazza delle Cure, il feudo di Tommaso Cintolesi – l’uomo dei pesci strani – ha abbassato definitivamente la saracinesca. Al suo posto, come spesso accade in circostanze del genere, sorgerà l’ennesimo kebab.
E’ ormai da un anno che Tommaso Cintolesi aveva messo in vendita Calino, a causa di difficoltà economiche crescenti: prima il Covid, poi la guerra e infine i rincari energetici. Alla fine, nonostante una serie di tentativi per evitare questa mossa, non c’è stato nulla da fare: le spese sono aumentate, lo scontrino medio si è abbassato (-40%), la clientela seppur affezionata è stata costretta a ridurre le serate a cena fuori, magari orientando le proprie scelte su una ristorazione di livello più basso. E alla fine la chiusura è stata inevitabile. “Sono felicissimo di ciò che ho fatto e di aver avuto come clienti gente meravigliosa – racconta Tommaso – ma ho dovuto interrompere un’emorragia che andava avanti da tanto tempo”.
Un segno dei tempi, senza dubbio, ma non per questo meno doloroso. Calino non è il primo e non sarà l’unico ristorante fiorentino costretto a chiudere i battenti a causa della crisi, e a sua volta la situazione del locale è riflesso di una grande difficoltà delle famiglie, sia fiorentine che italiane in genere. Ma dispiace vedere che mentre il centro storico ha ripreso a ingranare grazie all’afflusso dei turisti, fuori da quel circuito ristretto le periferie piangono miseria. Al di là di tutto, però, l’opinione di chi scrive è netta (e abbastanza tranchant, una volta tanto): è un vero peccato che uno chef come Tommaso Cintolesi, in grado di lavorare il pesce e offrire piatti fuori dall’ordinario, non trovi il giusto spazio in una città come Firenze. Saranno logiche di mercato, per carità, ma è profondamente ingiusto che il talento dell’uomo dei pesci strani vi si debba piegare. Naturalmente, a lui auguriamo di rientrare in pista al più presto. Ma allo stesso tempo auguriamo alla Firenze meno turistica di imparare a cogliere il valore di ciò che ha in casa, prima che sia troppo tardi.