venerdì 26 Aprile 2024
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L’Italia ha il suo primo Master of Wine: è il toscano Gabriele Gorelli

Il vino italiano ha finalmente il suo ambasciatore nella più influente associazione del vino al mondo: classe ’84, Gabriele Gorelli è nato e cresciuto a Montalcino, conoscitore a 360 gradi della filiera enoica del Belpaese e non solo

Con il background del territorio patria del Brunello, era prevedibile che l’eletto potesse essere lui: il toscano Gabriele Gorelli, classe ’84, è il primo Master of Wine italiano, primo rappresentante del nostro Paese ad essere nominato da Institute of Masters of Wine, la più autorevole ed antica organizzazione dedicata alla conoscenza ed al commercio del vino. A scalare l’Olimpo della storica associazione inglese, capace di catalizzare rapporti ed interessi di alto livello, di natura economica e culturale è il giovane nato e cresciuto a Montalcino, terra del Brunello – cui è legato da profonde radici familiari – negli anni ha costruito un enorme bagaglio di conoscenze in campo enoico. Che spaziano dalla viticoltura alla comunicazione e all’economia, facendone uno stimato brand builder di aziende enoiche, importatori e grandi ristoranti. Senza mai perdere di vista il fine ultimo di un percorso iniziato nel 2014, che l’ha visto crescere ed affermarsi come uno dei punti di riferimento nella comunicazione del vino italiano all’estero.

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I Masters of Wine nel mondo diventano così 418, meno delle persone mai state nello spazio, una élite che intreccia rapporti e competenze ai livelli più alti. Per questo è tanto importante, per l’Italia, avere un proprio rappresentante. Un ambasciatore al servizio di tutti, capace di portare un contributo nuovo e decisivo nelle dinamiche che muovono i gangli del commercio e dell’educazione al vino. Un “tavolo” da cui l’Italia, il Paese con la più antica, ricca e complessa tradizione enoica al mondo, è stata sin qui assente, al quale adesso è pronta a sedersi. Senza alcun timore riverenziale, perché il successo dei Masters of Wine risiede prima di tutto nella capacità di approfondire ed ampliare le conoscenze, valorizzando le differenze e le peculiarità, di cui il Belpaese non è secondo a nessuno.

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“Il ruolo dei Masters of Wine, storicamente, non è certo quello di piegare la produzione del vino al gusto imperante. Al contrario, è quello di rendere accessibile e comprensibile a tutti le eccellenze, valorizzandole e creando valore aggiunto lungo tutta la filiera”, commenta Gabriele Gorelli, che tra le altre cose ha curato la sezione italiana della Sotheby’s Wine Encyclopedia 2020. “È fondamentale che un Paese complesso come l’Italia, da un punto di vista ampelografico, storico, stilistico, possa contare su un ambasciatore che lo rappresenti in ambito internazionale. Ancora oggi, nonostante il sapere enciclopedico degli anglosassoni, resistono convinzioni e pregiudizi sedimentati nei decenni, che restituiscono un’immagine distorta di quello che è il patrimonio enologico italiano. Perciò è fondamentale che ci sia qualcuno pronto a mettersi a disposizione dell’intera filiera, con la credibilità, l’autorità, ma anche il tono di voce ed il linguaggio adeguati, per rappresentare e raccontare l’Italia ed i suoi vini nel complesso universo del trade internazionale”, aggiunge.

Gorelli oggi ha chiuso un cerchio, con una tesi sperimentale su un argomento tecnico sempre più attuale, ossia la lotta ai precipitati di quercetina nel vino imbottigliato: “Quercetin precipitation in Brunello di Montalcino. What are the organic fining methods to prevent this phenomenon occurring in bottle?”. Alle spalle, un percorso impegnativo, iniziato nel 2014, quando Firenze accolse il quadriennale Symposium del The Institute of Masters of Wine. Un’apertura all’Italia che spinse tanti professionisti del vino a tentare la scalata, partendo, nel 2015, con lo “Stage One”, primo grande scoglio. Superato al termine del tradizionale seminario, ospitato in quell’occasione a Rust, in Austria: 12 vini alla cieca e due essay, che hanno spalancato a Gabriele le porte dello “Stage Two”. Il 2016 e il 2017 sono stati gli anni della formazione e dell’internazionalizzazione, alla scoperta delle principali regioni vitivinicole mondiali. Un biennio scandito dai viaggi, dalle relazioni professionali e personali, dallo studio dei grandi temi della viticoltura e dell’enologia mondiale: in sostanza, le fondamenta su cui costruire la credibilità di un Master of Wine. Nel 2018, così, Gabriele diventa il primo italiano a superare la parte pratica dello “Stage Two”, il secondo step dell’esame finale, in cui il candidato analizza e racconta 36 vini, degustandoli alla cieca, in tre batterie da 12 durante tre giorni, in cui ha un ruolo apicale la comunicazione. È fondamentale, specie nei tredici essay della parte teorica, contestualizzare le conoscenze teoriche di viticoltura, enologia, controllo qualità e mercato in un ambito pratico, prestando attenzione alla sostenibilità economica, alle dimensioni aziendali, al regime agricolo.

“Un Master of Wine – aggiunge Gabriele Gorelli – non deve ‘indovinare’ i vini, ma dimostrare di averli compresi. Può sbagliare a riconoscere la varietà e la provenienza, entro certi limiti, ma è richiesta una grande sensibilità nel valutare lo stile produttivo e, soprattutto, la qualità. Ogni batteria di vini è un saggio che il candidato è chiamato a scrivere riguardo a provenienza, varietà, metodo di produzione, posizionamento nella piramide qualitativa e collocamento commerciale. La descrizione del vino segue una logica che porta a dare delle conclusioni, è un piccolo essay in cui si devono usare capacità analitica ed efficacia comunicativa. L’obiettivo è dimostrare che si ha un bagaglio di conoscenze abbastanza importante da poter rispondere ai quesiti posti, mettendo in fila i propri argomenti e producendo un saggio bilanciato nelle opinioni, realistico e ben motivato”, chiosa il neo Master of Wine Gabriele Gorelli. Gli inglesi, pur non avendo millenni di storia alle spalle, come produttori, sanno essere pragmatici e metodici, e basare le proprie scelte su indicatori oggettivi.

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Marco Gemelli
Marco Gemelli
Marco Gemelli, classe ’78, giornalista professionista dal 2007. Dopo anni come redattore ordinario al quotidiano Il Giornale della Toscana, dove si è occupato di cronaca bianca e nera, inchieste, scuola e università, economia, turismo, moda ed enogastronomia, è passato alla libera professione. Oggi collabora con diverse testate online e cartacee, tra cui Il Giornale, Forbes, l'Espresso, Wine & Travel. È membro della World Gourmet Society e dell’Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana (Aset), nonché corrispondente italiano per Lust Auf Italien.

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