A Lucca i Santi Peccanti consentono il piacere, sempre meno usuale, di una buona cucina e di un’eccellente sala in grado di valorizzarla
foto di Luca Managlia
Ci sono ristoranti che portano in maniera chiara il marchio del proprio deux ex machina, costruendo un legame inscindibile tra la cucina e la sala. Ecco, i Santi Peccanti a Lucca – locale aperto da meno di un mese “effettivo” causa Covid, affacciato su piazza San Francesco, nel cuore della città – afferisce a quella categoria della ristorazione che trova le radici del proprio successo nel saper ricalcare distintamente l’impronta del suo ideatore. Nel caso specifico, alla mano dello chef Andrea Madonia si somma quella di Alfredo Sibaldi, maître (o meglio “maestro di cerimonia”, come di lui ebbe a scrivere l’indimenticato Aldo Santini su una dedica).
Sulle suggestioni del nome si potrebbe scrivere un libro: ad esempio, se la parola “peccatori” può indicare coloro che abitualmente e stabilmente vivono nel peccato, la declinazione di “peccanti” può meglio aderire a coloro che invece vi indulgono occasionalmente. Ecco quindi che anche i santi, qualora indotti in tentazione (gastronomica, s’intende), possono trovarsi ipso facto nel ruolo di peccanti. Oppure l’ossimoro dei Santi Peccanti può essere visto come un contrasto tra la santità del cibo (pensiamo al sacrificio dell’animale e a come esso viene valorizzato da diverse culture) e la empietà dell’alcol e della gola, cui persino Dante riserva un girone ad hoc.
Sta di fatto che con l’apertura dei Santi Peccanti, Alfredo Sibaldi debutta a Lucca coronando una carriera ricca di soddisfazioni dal 1986 in avanti: prima l’Osteria Vecchio Castello a Roccalbegna (con tanto di stella Michelin, inattesa e insperata), poi Montalcino, a seguire un bel pezzo del mondo conosciuto, dagli Emirati Arabi alla Thailandia, dal Giappone alla Colombia. La sua mano è evidente nella grande attenzione riposta ai vini, retaggio degli anni passati a Montalcino. A Lucca, ecco una carta dei vini in itinere e in equilibrio con la cucina: ne sono un esempio il pugliese Polvanera o il Lupinello di Vinci, due scoperte interessanti.
In quanto allo chef, Andrea Madonia si è fatto le ossa prima alla corte di Bracali, poi all’Andana, alla Collegiata di San Gimignano, al Fubi’s di Viareggio e per qualche tempo in Australia. Il risultato di queste esperienze è una cucina che mantiene salda l’identità territoriale, scegliendo fornitori locali, ma non disdegna qualche dettaglio contemporaneo.
Venendo alla cucina, infatti, si parte con la rivisitazione di una caprese: ricotta di pecora, coulis di pomodoro, emulsione di basilico e acciuga del Cantabrico. A seguire, tra gli antipasti – ai Santi Peccanti ribattezzati “princìpi di pranzi”, con prezzi tra i 13 e i 14 euro – una tartara di fassona con carciofi in due consistenze e maionese homemade, dal buon equilibrio e con amalgama tra gli ingredienti. Oppure il baccalà in oliocottura con fagioli rossi di Lucca. Anche qui tornano le due consistenze (crema e al naturale) e lamelle di bottarga di muggine.
Tra i primi dei Santi Peccanti – sui 14 euro – alcuni strizzano l’occhio alla tradizione, come gli evergreen gnudi di ricotta, e altri attingono a tradizioni gastronomiche di altre regioni. Nel primo caso, si tratta di gnudi di ricotta e sedano su hummus di ceci e formaggio blu di vacca: una variazione su tema che dà croccantezza in bocca e una particolare delicatezza. Il boccone con il formaggio è quello che dà il meglio di sé. Sul versante delle ispirazioni piemontesi, invece, negli agnolotti del plin il ripieno di stracchino e pepe nero ben si lega con la salsiccia cotta et cruda e con la verza.
Ed eccoci ai secondi, in carta intorno ai 18-20 euro: da un lato il polpo fritto con radicchio e maionese agro-piccante in doppia cottura (prima bollito, poi scottato), dall’altro il petto di piccione cotto in brodo di tabacco accompagnato da un crostino col suoi fegato e agretti, più una coscia bardata da guanciale. Tra i due, vince per distacco quest’ultimo piatto: profumatissimo, non banale, ben realizzato e contemporaneo quanto basta.