Alla scoperta del ristorante “Belvedere” di Monte San Savino, immerso tra le colline toscane e con una terrazza panoramica che permette di ammirare l’intera Valdichiana fino al lago Trasimeno
Sono diversi i motivi che rendono piacevole una sosta al ristorante “Belvedere” di
Monte San Savino (Arezzo). Innanzitutto, la gradevole cucina e altro motivo è il piacere di dialogare con il maitre/patron Massimo Rossi, sommelier ed esperto dell’Aicoo (Associazione Italiana Conoscere l’Olio d’Oliva), sia sui vini che sul delizioso “oro verde” presenti nelle rispettive carte del locale.
In un ambiente quanto mai familiare, con due sale che seppur spaziose conservano il sapore del soggiorno domestico, potrete assaggiare piatti sia della tradizione culinaria toscana che innovativi, a cominciare dagli immancabili crostini e dal Polpettone di Chianina e spinaci con maionese alla rucola del Belvedere. Le paste fresche fatte in casa sono il frutto di un’attenta selezione di grano Sieve e di farina di farro, forniti direttamente al locale da un’azienda agricola del territorio, mentre i condimenti per eccellenza sono il sugo bianco di Chianina e l’aglione della Valdichiana.
Stuzzicanti sono i secondi, soprattutto la Tagliata di vitello all’aretina (acciughe e
capperi) con ciotolo con sfoglia di fagioli Toscanello cotti nel forno a legna o il
Cinghiale alla cacciatora su ventaglio di polenta bramata. I più golosi potranno concludere infine la loro sosta con il Millefoglie con crema chantilly italiana o la Zuppa inglese, proprio come fu realizzata la prima volta a Firenze nel XVI secolo.
Accanto al locale, dove da primavera fino ai primi giorni d’autunno si può mangiare
anche all’aperto, vi è un campo da minigolf. “Una cucina straordinaria dal 1981 – ricorda lo staff del “Belvedere”, coordinato in sala dal giovane Lucio, figlio di Massimo Rossi – tra passato e presente, con lo sguardo al futuro, lavoriamo i prodotti che la fantastica terra in cui viviamo ci dona… Doni belli e sani che danno corpo alle nostre pietanze. È la nostra
filosofia che portiamo in tavola”.