sabato 27 Aprile 2024

I 10 anni del Mercato Centrale, parla Montano: “È la sintesi della mia vita”

Nell’anno del decennale della struttura al primo piano del mercato di San Lorenzo, il fondatore Umberto Montano traccia un bilancio e individua gli obiettivi per il futuro

Lo ricorda ancora, Umberto Montano, quello sguardo che condivise col socio Claudio Cardini. Mancavano pochi minuti alle 18 di un venerdì pomeriggio di dieci anni fa. Era il 23 aprile 2014. Avevano accettato una scommessa difficile, in una città complessa, ed era arrivato il momento di capire se la risposta della città sarebbe stata all’altezza dei loro sogni. Lo fu. E da quel momento, la visione dell’imprenditore lucano divenne realtà.

A distanza di un decennio, il Mercato Centrale Firenze è infatti un ecosistema gastronomico che porta nel quartiere di San Lorenzo un numero di persone non lontano da quello che visita gli Uffizi. Le cifre non mentono: 4 milioni di visitatori nel 2023 per il mercato, contro i 5 della Galleria più celebre del mondo. Quest’anno il Mercato Centrale taglia il traguardo delle 10 candeline, e abbiamo chiesto al suo patròn Umberto Montano di frugare nel cassetto dei ricordi e tornare a un venerdì della primavera 2014.

“Di quel giorno ricordo l’infinita attenzione puntata su di noi, che avevamo scommesso su una struttura comunale la cui gara per la concessione era andata deserta per ben tre volte. Tutti avevano paura di quegli spazi così complessi da gestire, ma non io né il mio socio Claudio Cardini (presidente del gruppo Human Company della famiglia Cardini-Vannucchi, ndr). Nonostante la piena convinzione della bontà del nostro progetto, ci siamo ritrovati a guardarci negli occhi sperando che qualcuno arrivasse. Mezz’ora dopo l’apertura intorno al Mercato c’erano oltre 10mila persone. Un exploit pazzesco, al punto che a fine giornata gli operatori delle 25 botteghe erano davvero distrutti. Il giorno dopo, complice anche il ponte, di persone ne entrarono addirittura 22mila. Da quel giorno non abbiamo mai avuto flessioni sotto i 10mila ingressi al giorno, ovviamente escludendo il periodo della pandemia”.

Il Covid, già. Forse l’unico fattore in grado di mettere i bastoni tra le ruote di un meccanismo oliato perfettamente: “Registravamo una crescita costante, arrivando a una media di 14mila ingressi al giorno – racconta Montano – e il Covid ha fermato quest’impennata. Ma finita l’emergenza siamo tornati a pieno regime: mai un giorno di chiusura, aperti dalla mattina alla sera, con un servizio costante ad un pubblico che si divide equamente tra residenti e turisti”.

Si potrebbe parlare di una felice intuizione, ma non è proprio così. “Sono ristoratore da una vita, dalla mia prima esperienza a 13 anni in Basilicata. Ho fatto la tradizionale gavetta, e il Mercato Centrale non è arrivato per caso: è la sintesi della mia vita professionale, è nato con un’idea che si è andata componendo negli anni, di pari passo col lavoro nella ristorazione. È il frutto di un bagaglio professionale solido e trasversale, su cui ho potuto basare ricerca e sperimentazione. La questione di fondo era trovare uno spazio in cui far mangiare bene un gran numero di persone: se non avessi capito come superare il problema di far coesistere volumi e qualità, il Mercato non sarebbe nato. Per affrontare un progetto così impegnativo bisogna partire da convinzioni radicate: ecco, io avvertivo forte la sensazione che potesse funzionare. Ma un conto è sognarlo, altro è realizzarlo: era così che lo volevo, e così è stato”.

Da qui il sistema delle botteghe: “In giro c’erano tanti produttori che stimavo, e che volevo fossero coinvolti, da Simone Fracassi a Paolo Parisi. Ho condiviso il progetto ma non hanno potuto partecipare. I primi a entrare sono stati invece il panificatore David Bedu, Cristiano Savini e i suoi tartufi, la famiglia di macellai Savigni, poi Arà col suo carrettino, le mozzarelle dell’Antico Demanio, Cristian Beduschi, Fabrizio e Carla Guarducci della scuola Lorenzo de’ Medici, nonché la dispensa di Eataly. Nel tempo alcuni sono andati via, altri sono entrati, in questo settore è normale. Sono cambiamenti fisiologici, che in fondo servono a tenersi in sintonia col momento”.

eataly mercato centrale firenze

Firenze non è stato che il punto di partenza: con solo due anni di attività Milano ha chiuso il 2023 con 3,5 milioni di presente, seguito da Roma con 3 milioni e Torino – città con una connotazione turistica inferiore – che viaggia intorno ai 2 milioni. Ed è in ognuna di queste città che quest’anno il Mercato Centrale festeggerà i 10 anni con numerosi eventi dedicati alla cultura del cibo. Ma tutto è frutto di quel seme piantato il 23 aprile 2014 a Firenze. Qual è quindi la chiave del successo di questo format? “L’elemento che ci distingue – conferma Umberto Montano – è valorizzare l’importanza del cibo: anche quando si tratta di numeri importanti, dar da mangiare non dev’essere una banalità, ma un’esperienza che va dall’ambiente al personale, fino alla diversificazione dell’offerta nel corso del tempo. Abbiamo tante attività connesse alla convivialità, perché non vogliamo essere un luogo del mangiare, bensì un luogo dello stare. Qui le connessioni wi-fi sono sempre gratuite, così come la ricarica del cellulare. Nessuno è obbligato a consumare, è così sin dal primo giorno e credo sia uno dei fattori che ne ha decretato il successo. Per il futuro dobbiamo continuare a lavorare consolidando ciò che abbiamo. Cinque strutture sono un impegno colossale, muoviamo 12 milioni di persone l’anno. Siamo però sempre in movimento: a ottobre apre Melbourne e nella primavera 2025 toccherà a Bolzano. Vogliamo però una crescita ponderata, senza perdere di vista l’esperienza dell’ospite, che dev’essere completa e articolata”.

Tra dipendenti e operatori delle botteghe, oggi al Mercato Centrale lavorano 1400 persone: “Il decennale è l’occasione per far sapere loro che siamo una squadra, finora non ci siamo raccontati ma è arrivato il momento di dire chi siamo e quali valori mettiamo in campo”. C’è un nome che Umberto Montano vorrebbe portare al Mercato? “Non è un professionista già noto, magari la casalinga che ti mette davanti a un dolce che non ti aspetti. O un giovane che ancora non ho conosciuto, qualcuno di sveglio e capace di attingere alla tradizione. Come Emilio Di Sisto e la moglie Irene, che hanno preparato per un anno intero piatti della cucina materana”.

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Marco Gemelli
Marco Gemelli
Marco Gemelli, classe ’78, giornalista professionista dal 2007. Dopo anni come redattore ordinario al quotidiano Il Giornale della Toscana, dove si è occupato di cronaca bianca e nera, inchieste, scuola e università, economia, turismo, moda ed enogastronomia, è passato alla libera professione. Oggi collabora con diverse testate online e cartacee, tra cui Il Giornale, Forbes, l'Espresso, Wine & Travel. È membro della World Gourmet Society e dell’Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana (Aset), nonché corrispondente italiano per Lust Auf Italien.

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