domenica 28 Aprile 2024
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I 16 creatori dei Supertuscans fanno squadra: nasce Historical Super Tuscans

Le 16 cantine che hanno creato i Supertuscans fanno squadra con Historical Super Tuscans: l’associazione vede il marchese Piero Antinori come fondatore d’Onore, Paolo Panerai presidente e Davide Profeti vicepresidente

vino rosso

Prendiamo le 16 cantine che hanno fatto nascere i Supertuscans, i vini più alti della Toscana, quelli che hanno segnato la storia vitivinicola della regione fra le più apprezzate al mondo. Mettiamo insieme gli artefici del rinascimento enologico toscano, a fare squadra per valorizzare il pregio dei Supertuscans, facendo conoscere il coraggio dei viticoltori che li hanno ideati, rinunciando al valore di una DOC già affermata per inseguire il sogno di produrre grandi vini di livello internazionale: nasce così il comitato Historical Super Tuscans, che vede il marchese Piero Antinori come fondatore d’Onore, Paolo Panerai nelle vesti di presidente e Davide Profeti quale vicepresidente.

I 16 soci fondatori di Historical Super Tuscans sono San Felice, Antinori, Montevertine, Castello di Monsanto, Castellare di Castellina, Isole e Olena, Badia a Coltibuono, Querciabella, Castello di Fonterutoli, A&G Folonari, Riecine, Felsina, Castello di Volpaia, Castello di Ama, Castello di Albola e Brancaia. Una cosa accomuna questi 16 nomi: le aziende vitivinicole producono nel territorio del Chianti Classico – da prima del 1994, ossia da prima dell’istituzione della denominazione IGT – almeno un Supertuscan riconosciuto come tale dal mercato e dalla critica in primo luogo quella anglosassone che ne ha coniato l’appellativo.

La storia dei Supertuscan è infatti strettamente legata alla Denominazione del Chianti Classico, e frutto di un’intuizione dell’enologo Enzo Morganti, che per primo comprese la necessità di mirare all’alta qualità in un contesto enologico sempre più orientato all’eccellenza. Questa idea si concretizzò nel 1968, con il lancio del primo Supertuscan. Morganti, insieme ad altri vignaioli illuminati chiantigiani, capì che il rigido disciplinare di produzione della DOC Chianti Classico non consentiva di esprimere tutte le qualità e le sfumature di questo grande terroir. Così, rinunciando alle regole della denominazione allora in vigore, accettarono di declassare i propri vini a “Vino da tavola”, il livello più basso della piramide qualitativa vinicola, anche se ottenuti con uve provenienti dai vigneti della DOC Chianti Classico.

Solo durante la metà degli anni ’80, la stampa anglosassone coniò il termine Supertuscan, per definire una nuova categoria di grandi rossi di qualità, riconoscendone tutto il valore. Da quel momento, i produttori di Historical Super Tuscans hanno tracciato la strada per la revisione del disciplinare di produzione della DOC chiantigiana e sono tuttora i custodi e i rappresentanti, oltre che gli antesignani, dei grandi vini della Toscana.

Ed eccoli, i vini che in ordine cronologico hanno segnato il percorso dei Supertuscans: Vigorello (1968, San Felice), Tignanello (1971, Antinori), Le Pergole Torte (1970, Montevertine), Fabrizio Bianchi (1974, Castello di Monsanto), I Sodi di San Niccolò (1977, Castellare di Castellina), Cepparello (1980, Isole e Olena), Sangioveto (1980, Badia a Coltibuono), Camartina (1981, Querciabella), Concerto (1981, Castello di Fonterutoli), Cabreo (1982, A&G Folonari), La Gioia (1982, Riecine), Fontalloro (1983, Felsina), Balifico (1985, Castello di Volpaia), L’Apparita (1985,Castello di Ama), Acciaiolo (1988, Castello di Albola), Brancaia il Blu (1988, Brancaia).

antinori
Piero Antinori nella nuova cantina di Bargino con le figlie Albiera, Allegra e Alessia

“Quello dei cosiddetti Supertuscans – spiega Piero Antinori – rappresenta un capitolo decisivo nel “rinascimento” del nostro vino. Oltre ad attrarre l’attenzione degli opinion makers di tutto il mondo sul potenziale dei vini italiani, ha anche contribuito a far evolvere le normative di tante DOC che non tenevano conto di una nuova realtà in rapida evoluzione, orientata, a differenza del passato, più alla qualità che alla quantità”. Non ha precedenti che la denominazione di un vino sia decisa dalla critica e non dalle norme, in fondo.

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