venerdì 26 Aprile 2024
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L’alternativa “rosa”: Donne del Vino VS Donne della Vite

Vite o vino? È appena nata l’associazione Donne della Vite, sodalizio di valorizzazione che ricalca per molti versi – dalle categorie agli scopi sociali – le Donne del Vino. Un gesto che ha il sapore di una scissione, intesa come possibilità di un’alternativa, ma che in realtà nasce dalla volontà di offrire un punto di vista più tecnico. A patto che le donne riescano a mantenere rapporti di collaborazione, in un mondo che non fa certo dell’unità la propria cifra distintiva

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Chi conosce il mondo del vino italiano sa bene quanto l’unità non sia certo al primo posto tra i valori degli addetti ai lavori. Pensiamo al proliferare di sigle nel campo della sommellerie ad ampio spettro (Ais, Fisar, Fis, Onav, Aspi, ecc…). Adesso un nuovo sodalizio di donne si affaccia sul panorama enologico nazionale, finora dominato dall’associazione Donne del Vino. Si tratta delle Donne della Vite, che già dal nome richiamano una prossimità piuttosto stretta con la precedente. Ulteriori elementi in questa direzione arrivano dalle dichiarazioni d’intenti e dagli obiettivi sociali, del tutto simili. “Le Donne della Vite – riporta l’ANSA – nascono con l’obiettivo di creare un punto di riferimento e un’occasione di aggregazione per le donne che operano nel mondo vitivinicolo, in cui raramente si trovano a lavorare insieme e a condividere progetti, e per valorizzarne il ruolo in un settore in cui sensibilità, capacità e professionalità femminili rischiano di non essere comprese in tutto il loro valore”. Se da un lato si ammette che le donne raramente lavorino insieme, però, dall’altro si procede proprio a una “scissione” dall’unica associazione che finora rappresentava le donne. E dire che simili sono anche le categorie ammesse al sodalizio: come le Donne del Vino, anche le Donne delle Vite – seppur con proporzioni differenti – sono agronome, enologhe, giornaliste, comunicatrici, ricercatrici, analiste, ristoratrici, sommelier e creative.

Le Donne della Vite. Da sinistra: Valeria Fasoli, Alessandra Biondi Bartolini, Laura Passera, Lorena Troccoli, Costanza Fregoni, Giulia Tamai e Clementina Palese

Il filo conduttore delle Donne del Vino, sottolinea la presidente agronoma Valeria Fasoli “è il desiderio di creare lo spazio e la cultura per un sistema di valori nei quali crediamo sia possibile collocare agricoltura e vitivinicoltura in particolare, come etica ed estetica. All’inizio non avevo le idee chiare ma sentivo la necessità e il desiderio di far emergere nella mia professionalità anche gli aspetti che rischiavano di restare sommersi e che rispecchiano valori per me fondamentali come etica, estetica e bellezza nei luoghi, nelle persone, nelle cose di tutti i giorni. Poi ho incontrato compagne di viaggio con esperienze, competenze, nonché punti di vista differenti e il mio sogno è diventato realtà e l’idea iniziale si è concretizzata grazie alla forza del gruppo”. L‘attenzione al territorio e al paesaggio, come bene comune che il mondo vitivinicolo è chiamato a conservare e sostenere con pratiche etiche e sostenibili, sarà uno dei primi temi che le Donne della Vite affronteranno nelle loro attività. “Il paesaggio viticolo nel suo valore e significato ampio di conservazione dell’ecosistema – aggiunge la vicepresidente Clementina Palese – rappresenta un elemento di valorizzazione, in sintonia con l’emergere di un consumatore evoluto e attento. Un paesaggio viticolo ‘bello da guardare’ evoca emozioni che si trasmettono inconsciamente fino alla qualità percepita del vino”. Il consiglio direttivo è composto anche dalle consigliere Alessandra Biondi Bartolini (agronoma), Costanza Fregoni(giornalista), Lorena Troccoli (agronoma) e Giulia Tamai (agronoma), e dalla tesoriera Laura Passera (produttrice).

Se vino e vite sono due elementi praticamente simbiotici, finora le Donne della Vite hanno mostrato più attenzione ad evitare contrapposizioni col mondo maschile che non con la già presente associazione Donne del Vino. In effetti, anche all’osservatore meno attento non può sfuggire il fatto che esista un’associazione molto, molto, molto simile. E alcuni passaggi del “manifesto” delle Donne della Vite suonano come la necessità di allontanarsi dai canoni e stilemi precedenti: “Coltiviamo l’ambizione di portare una ventata d’aria fresca nel panorama della divulgazione e della comunicazione in questo settore, di far emergere le interconnessioni inattese tra gli aspetti scientifici, tecnici e tecnologici della produzione vitivinicola e quelli più culturali e immateriali. Le Donne della vite sono nate per unire energie, punti di vista e competenze, per diventare un volano per tante altre donne simili ma anche diverse, e riposizionare le professioni all’interno di un sistema più ampio attribuendogli il valore che meritano. Le Donne della vite sceglieranno nuovi e coinvolgenti strumenti per le attività culturali, formative e divulgative dell’associazione; costruiranno una rete culturale di incontro e crescita nella quale condividere anche informazioni professionali, come ad esempio i risultati di sperimentazioni che spesso rimangono nei cassetti dei ricercatori”.

Donatella Cinelli Colombini nel vigneto

Eppure dall’altra parte, la neoeletta presidente nazionale delle Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini si dice ottimista: “Bisogna collaborare, mettersi intorno a un tavolo per verificare se esistono i margini per lavorare insieme. Magari a partire da un percorso di formazione per le donne impegnate nel management del settore del vino: occorre che le donne oggi sappiano leggere un bilancio, conoscano le normative e riescano a parlare efficacemente in pubblico. Credo sia questo il nodo cruciale da sciogliere: nel settore del vino, da sempre, c’è una radicata dominanza maschile in alcuni comparti. In tutte le associazioni esistono diverse anime – continua – ma sono convinta che l’unione faccia la forza. Pensiamo a quanto può essere disastrosa la mancanza d’unità quando si va a confrontarsi con le istituzioni, a ogni livello. Probabilmente le donne dotate di competenze più tecniche e specifiche cercavano un palcoscenico per avere più voce, un mezzo per portare avanti la propria visione. Comunque ora è il momento di aprire un dialogo, anche perché in fondo tra noi e loro esistono rapporti personali consolidati: ho già avuto contatti con qualcuno del consiglio direttivo, vedremo che succederà”.

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Non intendiamo in alcun modo entrare nel merito della nascita della nuova associazione, né emettere giudizi di alcun tipo. Semplicemente, non faremmo i giornalisti se non ci ponessimo alcune domande e cercassimo le risposte. In effetti, al di là delle analogie – nel nome, nelle categorie di donne che possono farne parte, negli scopi generali – l’impressione è che le Donne della Vite vogliano rappresentare la parte più tecnica (soprattutto la componente agronomica) e meno quella legata alla promozione. Il trait d’union potrebbe essere quello della formazione, se l’invito di Donatella Cinelli Colombini verrà accolto. Altrimenti, più che a un muro contro muro, il rischio che paventiamo è quello di una reciproca indifferenza tra le due associazioni. Che finirebbe per penalizzare l’intero mondo “rosa”.

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