sabato 20 Aprile 2024
HomeStorie e personaggiAvito, nasce il...

Avito, nasce il “consorzione” dei vini toscani: cosa ci convince e cosa invece no

I consorzi del vino toscano si riuniscono in un super-consorzio, Avito, che nasce con l’obiettivo di fare sistema e promuovere il mondo vitivinicolo regionale all’unisono. Ecco perché può essere utile e dove invece lascia motivi di scetticismo

48-avito-brindisi

Partiamo da un presupposto, che a sua volta muove da due considerazioni di segno opposto: da un lato, la necessità di dare a ogni struttura appena nata il beneficio del dubbio; dall’altro, la constatazione che a riunirsi non sono privati alla prima esperienza. Detto ciò, la recente nascita del super-consorzio (il “consorzione”) dei vini toscani – ossia Avito, l’Associazione dei VIni TOscani Dop e Igp – può essere con tutta probabilità un bene per il settore e un volano di sviluppo per l’intero comparto, a patto però che riesca a funzionare al meglio, prendendo il meglio del know-how organizzativo dei soggetti che lo compongono senza ereditare al contempo né i campanili né le tante trappole procedurali di una burocrazia elefantiaca anche nei settori meno complessi. Insomma, al di là delle dichiarazioni d’intenti e delle iperboli di rito – “un avvenimento storico per il nostro settore e la nostra regione” – le carte ci sono tutte affinché il primo organismo unitario di rappresentanza della viticoltura toscana di qualità possa ottenere risultati. Lo sperano il presidente eletto Fabrizio Bindocci e i 16 consiglieri di amministrazione. Una testa un voto, senza distinzione di estensione geografica o peso specifico economico. Ecco perché Avito – che al momento riunisce 16 consorzi – può essere utile e dove invece lascia motivi di scetticismo.

Foto-023-vigne-a-Montalcino

Perché sì: un cambio di passo per dar (forse) più voce ai piccoli

Beh, almeno non si può dire che il mondo vinicolo toscano non ci stia provando: la nascita di Avito sancisce formalmente l’avvio di un percorso comune tra organizzazioni che per decenni hanno prevalentemente curato interessi legati alle singole denominazioni ed ai singoli territori. In sede di presentazione dell’ente, i relatori hanno ammesso gli errori del passato – “raramente siamo stati in grado di esprimere un ruolo che travalicasse l’ambito strettamente locale, e siamo consapevoli che se l’unità fosse stata raggiunta prima avremmo potuto avanzare proposte concrete su molti temi rilevanti” – e affermato che Avito vuol rappresentare gli interessi unitari di tutto il comparto, dei Consorzi più grandi come di quelli più piccoli, dando voce a quella pluralità di esperienze che costituisce il vero patrimonio della viticultura toscana.

Perché si: fronte (e voce) comune su battaglie condivise

Cinghiali-nei-vigneti

L’esperienza del Pit toscano insegna, e i consorzi hanno imparato che nel caso di battaglie condivise – come quella contro gli ungulati, nemici giurati dei vigneti – si hanno più chance di vincere restando uniti. Avito nasce con l’idea di far lobby, insomma. Il che non è necessariamente una cosa deplorevole, anzi. L’obiettivo è alleare le forze in Avito per avere più voce in capitolo verso altri interlocutori, a cominciare dalla Regione. Ha funzionato in occasione del dibattito sul Pit, con i Consorzi che, uniti per la prima volta al di là dei campanili, hanno ottenuto correzioni importanti al Piano territoriale regionale. Ed è successo in relazione al “caso cinghiali”, con i Consorzi che hanno pressato per un piano di contenimento degli ungulati.

Perché sì: seguire l’esempio francese nella promozione all’estero

vinitaly

I consorzi riuniti in Avito potranno sperare di colmare il gap che storicamente li separa dalla Francia in termini di efficacia sinergica della promozione. In altre parole, presentandosi alle vetrine internazionali come un “sistema” vinicolo – cosa che ha fatto la fortuna dei cugini d’Oltralpe, parecchio bravi a vendersi e vendere le bottiglie giocando su una comune appartenenza, quasi un terroir nazionale – anche i nostri consorzi (e di conseguenza le nostre aziende) possono sperare di ottenere performance migliori. Avito sarà utile anche fare promozione all’estero insieme, sotto l’unico e apprezzato cappello col marchio Toscana, anche per accedere più facilmente a finanziamenti europei. In fondo, Avito conta al momento della nascita ben 5.000 imprese, un miliardo di fatturato, il 70% ricavato dall’export.

Perché no: nel concreto, orti grandi e piccoli si continuano a coltivare da sé

AVITO-1_rid-6akwqk1apwlbs4ixlsc0y05m8g43lzw709gfyf47hxa

Alla prova dei fatti, o anche quando il discorso scende dal piano ideale a quello vagamente concreto, lo spirito unitario di Avito sembra infrangersi contro il muro che da sempre ostacola una vera unitarietà consortile. I grandi (Gallo Nero Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano) non hanno molta voglia di trasformare questa coabitazione in un matrimonio tout court. Il banco di prova più efficace, la cartina al tornasole, la prova del nove, ecc…. sono le Anteprime: il presidente del consorzio del Chianti, Giovanni Busi, aveva rilanciato non molto tempo fa la volontà di allestire un evento cumulativo per tutto il sistema toscano, ma dai “tre maestri” era arrivato l’ennesimo no grazie. Ovvio: perché paesi come Montalcino o Montepulciano dovrebbero rinunciare all’indotto, alla promozione del territorio in loco, per disperdersi in una maxi-fiera con migliaia di bottiglie e decine di migliaia di persone che non avrebbero tempo di dedicare piena attenzione in un simile mare magnum vinicolo? Non a caso, Bindocci (che è anche presidente del Brunello di Montalcino) ha replicato: «La nostra anteprima del Brunello ha funzionato benissimo così com’è, macchina che va non si cambia». Persino nel giorno della nascita di Avito, insomma, è riemersa la volontà di non mescolarsi per non veder sfumare identità e immagine nel calderone. E i Consorzi più piccoli masticano amaro, sentendosi penalizzati da politiche pubbliche più attente alle “prime donne” del settore. Così come sembra naufragare la proposta di un Vinitaly in salsa toscana, un “VinTuscany” regionale sul modello di quello di Verona. «Bisogna discutere bene, ma le aziende sono già molto sotto pressione, oggi c’è altro tipo di eventi che funziona quanto e meglio di certe fiere», ha chiosato Giuseppe Liberatore del Chianti Classico. Infine: è vero che vale il principio di una testa, un voto, ma ciò sarà ancora valido quando le teste più numerose dei piccoli andranno alla conta con quelle più esigue dei grandi consorzi?

 

Rimani aggiornato: iscriviti!

ARTICOLI SIMILI

Lo chef del ristorante stellato Elementi a Borgo Brufa ha intrapreso un importante scouting delle realtà contadine del territorio regionale

DELLO STESSO AUTORE

Continua a leggere

Castiglioncello: nuova sede (ma stessa qualità) per il Sorpasso di chef Troìa

A Castiglioncello (Livorno) il ristorante "Il Sorpasso" trova posto al Casale del Mare, dove rimane salda la ricercata cucina gourmet di Savino Troìa

Dal palco alla tavola: Il Forchettiere Awards in tour tra Toscana e Umbria

È partito il tour gastronomico che fino a novembre coinvolgerà i vincitori dei Forchettiere Awards 2024: tra cucina, pizza e cocktail, ecco il calendario con tutti gli appuntamenti

Andrea Berton e il menù Under35 per avvicinare i giovani al fine dining

Nel suo ristorante di Milano, lo chef Andrea Berton ha lanciato un menù per avvicinare gli Under 35 all’alta cucina, nella speranza che restino clienti affezionati