L’ex capitano della Fiorentina Dario Dainelli ha presentato i primi vini della sua nuova avventura, la Cantina Dainelli a Cerreto Guidi (Firenze)
foto di Luca Managlia
Non è ormai un caso isolato né una novità, che ex calciatori si dedichino al mondo del vino. Ma mentre numerosi di essi lo fanno solo – o soprattutto – per diversificare il business e/o puntare sulla mediaticità del personaggio per far vendere le bottiglie, ci sono casi che realmente hanno saputo portare nel campo dell’enologia la grinta e la passione che li hanno resi celebri sul terreno di gioco. La vicenda dell’ex capitano della Fiorentina Dario Dainelli si può iscrivere sicuramente in quest’ultima categoria, giacché le parole e i gesti che ha verso i suoi vini tradiscono un attaccamento sincero e una competenza non scontata.
Con alle spalle quasi sei stagioni in mezzo a guidare la difesa della Fiorentina, Dario Dainelli si è scoperto vigneron: ha creato la Cantina Dainelli a Cerreto Guidi con 4 ettari di filari e oggi, a 42 anni d’età, presenta la sua prima linea di vini affacciato sull’Arno al ristorante Golden View, ospite di Paolo Miano. La vita tra i filari? “Mi sto ammalando di quella maniacalità che esiste dietro al mondo del vino” conferma. Una passione, la sua, che non sboccia certo all’improvviso: Dainelli aveva già un ristorante – la Locanda dell’Amicone a Peccioli, insieme a un altro notabile del posto, Cristiano Savini – e una dozzina d’anni fa con un gruppo di amici goliardi (“Gli Sbronzi di Riace”) andava a visitare cantine in giro per l’Italia.
Per il momento la prima vendemmia – curata dall’enologo empolese Attilio Pagli, già apprezzato consulente di numerose realtà, con le etichette disegnate dal pittore signese Giovanni Maranghi – ha portato a una produzione di circa 8mila bottiglie, con la prospettiva di quadruplicare la produzione. I vigneti di Cantina Dainelli sono a Cerreto Guidi, come detto, mentre vengono dall’isola del Giglio le uve dell’Ansonica necessarie per La Sbronza, in cui si percepisce la
Spazio poi ai due vini rossi della Cantina Dainelli: da un lato l’Intruso, ossia un 30% di Malvasia Nera che ingentilisce l’uvaggio di Sangiovese alla base di questo IGT Toscana, e dall’altro il Rude, tributo all’affinamento in cocciopesto del Sangiovese in purezza, in piccola quantità con il raspo. La lunga macerazione sulle bucce e l’affinamento in anfora di terracotta danno un vino che è il contrario del suo nome: nonostante si parta da un’uva detta “rude” come il Sangiovese, si arriva infatti a un vino elegante, dove a farla da padroni sono gli aromi di frutta rossa, a scapito della tannicità tipica del Sangiovese.
Nel carnet dei vini della Cantina Dainelli non manca la bollicina naturale Daino in bolla che gioca sul soprannome di Dario Dainelli e sul modo di dire “essere in bolla” come sinonimo di essere ‘centrati’. È un rosato da uve Sangiovese, prodotto con metodo ancestrale: fa una prima fermentazione in silos e la seconda in bottiglia. Non subisce sboccatura, per questo resta lievemente torbido e presenta una piccola posata sul fondo dovuta ai lieviti presenti nella bottiglia.
Grazie al fiuto di Paolo Miani i vini della Cantina Dainelli vanno così ad arricchire la cantina del ristorante Golden View, che oggi può contare su ottomila bottiglie per un valore di oltre 1,5 milioni. Dal canto suo, ad accompagnare i vini di Dario Dainelli sono stati i piatti dello chef Paolo Secci, dal 2018 alla guida della brigata del locale: particolarmente riuscito l’accostamento con spaghetti di muggine mantecati al burro di Normandia e fumetto al lemongrass (in alto nella foto).