Nella patria della bistecca alla fiorentina (e nel cuore pulsante del nuovo rinascimento gastronomico cittadino) trova spazio un’alternativa più che valida al taglio iconico di manzo: è la carne tomahawk, che per forma ricorda l’ascia degli indiani d’America e per sapore si avvicina quasi al pregiatissimo manzo kobe
Sinceramente, non avrei creduto facilmente che nella patria della bistecca alla fiorentina e in una città che ha fatto dell’offerta di carni rosse uno dei suoi punti di forza potesse esserci posto per qualche “variante” significativa. Ecco perché, quando per la prima volta lo chef Francesco Morra del “Tosca” al primo piano del Mercato Centrale di Firenze mi parlò della carne tomahawk, quella novità accese la mia curiosità. Non fosse altro per il nome e per la forma. Sono passati mesi: a lungo mi sono ripromesso di andare ad assaggiarla, e finalmente ci sono riuscito.
Vediamo cos’è, innanzitutto, dal momento che si tratta di qualcosa ancora poco conosciuto in Italia. Il tomahawk – o “ribeye tomahawk”, come la definiscono negli Stati Uniti – è un taglio di carne di manzo, che parte dalla costata e va verso il collo dell’animale. In altre parole, è una sorta di controfiletto che pian piano si sta ritagliando uno spazio anche nel nostro Paese. Il nome deriva dalla sua forma, che ricorda distintamente la tipica ascia degli indiani d’America grazie al lungo osso che in fase di macellazione viene lasciato intatto, appena ripulito da cartilagini e grasso in eccesso per mantenere un aspetto particolare. E a guardarlo bene, in fondo, il tomahawk ricorda un po’ una clava preistorica o le bistecche di brontosauro dei Flinstones.
La carne tomahawk viene tagliata in base allo spessore dell’osso e in genere non è mai inferiore alle “tre dita” che rappresentano anche lo standard minimo per la fiorentina. Anzi, non è inusuale trovarne pezzi alti 5-6 centimetri, mentre il peso parte da 700 grammi e arriva fino a pezzature di 1,5 kg. Il costo in macelleria si aggira tra i 16 e i 18 euro al chilo, mentre al ristorante dove lo proviamo noi – il “Tosca” al Mercato Centrale di Firenze – viene offerto a 55 euro al chilo, la stessa cifra della fiorentina.
Il segreto di questa carne? Il grasso, con una marezzatura che la rende non così diversa dalla ben più pregiata carne di manzo kobe. Il tomahawk proviene da manzi grandi allevati allo stato brado in Polonia, che nell’ultimo mese prima della macellazione vengono tenute a ingrassare con una dieta a base di grano. In questo modo, gli animali sviluppano un grasso diffuso che conferisce tenerezza e morbidezza in bocca. Rispetto a una fiorentina tradizionale, infatti, la maggiore morbidezza è l’elemento di spicco. La carne viene frollata un mese prima di essere messa in vendita. E a proposito di vendita, Francesco ci racconta che il suo fornitore di carne tomahawk è appena al piano di sotto del Mercato Centrale, come prevede la sua policy di coinvolgere negli acquisti le strutture in loco.
Il tomahawk, di cui ogni giorno al “Tosca” vengono consumati 15-20 pezzi, dà il meglio di sé con una cottura al sangue, leggermente al di sotto della cottura media. Viene servito già tagliato in grossi pezzi e con tre contorni (fagioli cannellini, spinaci e patate), ma per il Forchettiere lo chef ha tirato fuori una sorpresa, un mosto di vino tipico pugliese da centellinare sulla carne: anni luce lontana, rispetto a una barbecue sauce. “In genere consigliamo il tomahawk alla clientela che già conosce la fiorentina e vuol provare qualcosa di diverso – spiega lo chef Francesco, pugliese di origine ma ormai a Firenze da qualche tempo – oppure sfidiamo gli appassionati della fiorentina a cambiare, per una volta. Il feedback è alto: abbiamo visto che la gente apprezza questo taglio di carne, anche se sul fronte dei numeri la fiorentina è ancora lontana”.
Ebbene, non avrei mai creduto che nella patria della bistecca alla fiorentina avrei potuto trovare qualcosa di altrettanto succulento. Il tipo diverso di grasso si percepisce già al taglio, e la carne si scioglie in bocca rivelando anche un sapore deciso. In pochi minuti la clava dei Flinstones viene ridotta a un osso mentre davanti a noi va in scena la catena di montaggio del “Tosca”: chi taglia bistecche e costate, chi cuoce, chi impiatta chi serve. Ad ore di distanza dal pasto, inoltre, nessuna particolare pesantezza. Alla fine, un fuori programma: il ristorante – che ha in carta anche costate, filetto e l’Angus beef scozzese – ci fa assaggiare anche quest’ultimo. Eccolo:
Con lo Scottish Angus, il cambio di passo con il tomahawk è netto e il paragone vien da sé. Cambia il sapore, la consistenza, la texture della carne, la posizione e la quantità del grasso, ma non la gradevolezza. Due modi diversi di gustare la carne, insomma.