Da tre anni, accanto allo storico Cibrèo (Firenze) il patròn Fabio Picchi e il figlio Giulio hanno aperto un locale etnico che suona come una celebrazione del fusion tra Toscana e Giappone
In questi tempi di politically correct, anche cambiare una lettera passando da Cibrèo a Ciblèo per sottolineare il passaggio da una cucina tradizionalmente toscana a una ricca di contaminazioni asiatiche avrebbe potuto far cadere addosso a Fabio Picchi una serie di accuse di razzismo lessicale. Ma contro un personaggio come il patròn del Cibrèo nessuno ha – giustamente, peraltro – osato aprire bocca, e in via del Verrocchio prosegue la felice esperienza del Ciblèo, declinazione giapponese delle passioni culinarie della famiglia Picchi.
Se è vero che tutto nasce nel lontano 1988 quando Fabio Picchi e il figlio Giulio si innamorano perdutamente di un piccolo ristorante di Kyoto, della cucina orientale in generale e cinese in particolare, è dal 2017 che accanto al Cibrèo trova posto un piccolo – appena 16 posti a sedere, di cui la metà al banco – un ristorante etnico dal sottotitolo “Tortelli e ravioli”, regno della commistione tra due mondi, la Toscana e il Giappone.
Che ci si trovi a cavallo tra due mondi è reso evidente da elementi visuali (la palamita essiccata che pende dal soffitto e il quadro che raffigura Ponte Vecchio), dalla compresenza di chef giapponesi e italiani, ma soprattutto da elementi olfattivi: nell’aria è facile distinguere i sentori classici della cucina nipponica, presentati nella loro forma più classica ma impreziositi da “contaminazioni” di materie prime rigorosamente toscane.
Niente lampredotto né la fiorentina in versione asiatica, quindi, quanto piuttosto alcuni capisaldi della cucina orientale – dal dashi al baozi fino al gyoza – rivisitati con incursioni nel Mugello o nel Casentino. Gli ingredienti toscani non vestono i panni giapponesi tout court, ma sono di volta in volta suggeriti, centellinati, accennati, inseriti con la maestria necessaria da creare un buon feeling tra i due mondi.
È il caso del dashi, il classico brodo di pesce che al Ciblèo incontra le verdure tipiche della panzanella, o del baozi: il panino morbido ha sì la pancia di maiale (il Grigio del Casentino, mica uno qualsiasi) ma Fabio Picchi gli ha messo vicino un suo ketchup toscano a base di peperoni e un tocco di cocomero che bilancia croccantezza e freschezza. La stessa cura del dettaglio si nota dei Ravioli di Ryo (Maeizumi, lo chef) con farina di riso, anch’essi ripieni di maiale.
Particolarmente riuscito è poi il gyoza alla giapponese, con manzo, sedano, melanzane affumicate, paprika, zenzero e curcuma. Una vera esplosione di sapore a ogni boccone, con zenzero e paprika che si inseguono in bocca senza mai andare sopra le righe.
La cena al Ciblèo – prezzo fisso, 50 euro, e possibilità di scelta solo per i vini, le birre o il sakè in abbinamento – si conclude con il pollo al curry, altra digressione rispetto all’ortodossia giapponese, per raccontare la versione di Fabio Picchi di un cult della cucina asiatica. Dov’è la Toscana? Nel pollo mugellano e nell’olio Evo della fattoria di Capezzana, of course.