giovedì 25 Aprile 2024
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Cosa si mangiava 150 anni fa per Firenze capitale? Ecco la cena ottocentesca

Cosa avranno mangiato ministri, parlamentari e dignitari che animarono la prima seduta dell’assemblea del Parlamento a Palazzo Vecchio? Ha provato a immaginarlo Giuseppe Alessi, cuoco specializzato in cucina storica. Vetrina Toscana celebra i 150 anni di Firenze capitale con una cena ottocentesca

Proviamo a immaginare un menù “alto” di 150 anni fa, destinato alla tavola di ministri, parlamentari e dignitari che nel 1865 arrivarono a Firenze per la prima seduta dell’assemblea nazionale in Palazzo Vecchio. Ci ritroveremmo una tavola con ingredienti ormai desueti e sapori che oggi giudicheremmo forse eccessivi, preparazioni e tempi di cottura lunghissimi che oggi nessuno potrebbe permettersi, e infine impiattamenti non così attenti all’estetica, che probabilmente bocceremmo senza appello in tempi di cucina “visuale”. Eppure è innegabile che un’esperienza del genere ha un valore che trascende il gusto in sé e coinvolge l’aspetto di ricerca, aneddotica e curiosità storiche.

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Con questo spirito il ristorante fiorentino La Pentola dell’oro, in collaborazione con Vetrina Toscana, ha voluto celebrare il 150° anniversario (18 novembre 1865) dell’inaugurazione del Consiglio dei Ministri dell’Italia unita a Firenze, chiamando lo chef Giuseppe Alessi a realizzare una cena ottocentesca insieme al giovane chef pugliese cui è stata affidata la gestione della cucina dalla nuova proprietà del locale. La grande tradizione toscana nella Firenze dell’Ottocento rivive così con vivande appositamente rielaborate da ricette d’epoca da Giuseppe Alessi che si è ispirato a vari testi in particolare al celebre: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi e ad alcuni documenti dell’Accademia dei Georgofili.

firenze capitale - cucina ottocentesca - il forchettiere

E come ogni storia che si rispetti è giusto sia raccontata dall’inizio, così si parte dai “Principii”: Baccalà Monte Bianco alla Bottarga (Artusi, 1891): un baccalà mantecato all’olio extravergine di oliva di Cercina lavorato alla mandorla con crostini bruscati all’aringa fumé per proseguire con un Buden piccante di patate su colì di pomodoro (Georgofili 1798): un tortino tiepido di patata di Cetica al prosciutto del Casentino su salsa di pomodori fiorentini al basilico. Il risultato è un piatto che offre sapori e accostamenti difficile da ritrovare oggi, ma che forse oggi considereremmo lacunoso nell’aspetto visivo per un impiattamento basico. Ma, come detto, il metro di giudizio va spostato indietro di 150 anni.

zuppa firenze capitale - cucina ottocentesca - il forchettiere

Trattandosi di ministri, non poteva mancare certo una minestra – le due parole condividono la loro radice dal latino ministrare, ovvero servire – e Alessi ha scelto la ricetta della Gran minestra di fagiano con crostone farzito al tartufo nero (“Cuciniera moderna, opera gastronomica” di G. Brizzi,  Siena 1845): un consommé di brodo di fagiano con crostino farcito con fagiano, uovo di quaglia e tartufo nero. Tanto importante da essere definito: “Zuppa alla regina”. Si tratta di una delle più sontuose zuppe della cucina nobiliare toscana, riservata da tempo immemore alle grandi festività, con cui si ostentava il proprio rango. Una minestra addirittura leggendaria ad Arezzo, che ne rivendica l’origine forse addirittura Etrusca. Fu resa famosa dai banchetti dei nobili vescovi di Arezzo ai tempi dell’esilio della corte papale ad Avignone. E’ sopravvissuta alla distruzione dei castelli feudali per poi arrivare prima nei palazzi ducali rinascimentali e successivamente nelle ville di campagna dell’alta borghesia fiorentina del Settecento. Il risultato è un piatto complesso – richiede tre giorni di lavorazione – ma ricco di sapore, succulento: la zuppa è forse meno densa di quanto ci si potesse attendere, ma all’appello non manca nulla.

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Si prosegue con un “Trasmesso”: Lasagnette esotiche al savor crudo di noci e miele (Panunto Toscano 1705): una pasta alle noci che si contraddistingue per una miscela di spezia tra cui zenzero, limetta, liquirizia, berberè e miele di eucalipto. Tutte piante importate dai viaggiatori fiorentini e sucessivamente introdotte nei giardini botanici e negli orti agrari delle Accademie naturalistiche mediceo-lorenesi di Firenze e Pisa. Sperimentate dal settecento e divulgate poi dall’Accademia dei Georgofili, prima come curiosità e in seguito come raffinate ricercatezze gastronomiche, furono coltivate largamente in orti e giardini dell’aristocrazia fiorentina, ma anche in monasteri e collegi tra cui quello dei Gesuiti. La ricetta proviene infatti dal quaderno di appunti personale di Francesco Gaudenzio, un cuoco Gesuita. Fu proprio grazie ai Gesuiti, precettori di molti rampolli delle famiglie agiate, che le ricette si diffusero nelle cucine dell’aristocrazia fiorentina. Il risultato è un piatto speziato, gradevole. Peccato per la pasta, cotta forse più del dovuto.

quaglie firenze capitale - cucina ottocentesca - il forchettiere

In quale tavola importante non si trova l’arrosto? Ecco dunque il piatto: Quaglie arrosto al vinsanto farcite per “li Agiati” su crosta indorata con le “bruciate” (Georgofili 1804), Si tratta di quaglie disossate farcite con vitello, maiale, polpa di “ballotte” con uovo e pecorino vecchio delle crete senesi, cotte arrosto in forno, sfumate al Vinsanto del Chianti, servite su crosta friabile indorata all’uovo speziato con contorno di bruciate di marroni del Mugello. Una delicata e raffinatissima vivanda destinata alle persone benestanti (come ricorda il titolo) perché richiede molta manodopera e materie prime pregiate come i volatili. Annoverato nel grandioso banchetto in occasione dell’investitura a gonfaloniere a vita di Piero Soderini, lo ritroviamo nel banchetto fiorentino più fastoso per eccellenza: quello ordinato da Ferdinando I dei Medici per le nozze della nipote Maria con Enrico IV re di Francia nell’ottobre del 1600. Il risultato è il miglior piatto della serata, sia dal punto di vista visivo che del sapore: grasso, pieno, strutturato.

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E per chiudere in bellezza un dolce intitolato: Torta Firenze capitale, una creazione di Giuseppe Alessi che, partendo dalla base del dolce Firenze dell’Artusi, ha voluto unire degli ingredienti a rappresentare idealmente l’Italia: base mantovana (nord est), aromatizzata all’arancia (sentore di Calabria), con salsa all’albicocca “regina d’Imola” (Emilia Romagna) ricoperta di crema gianduia (nord ovest), con granella di nocciole avellane (Campania) su crema di moscato passito (Sicilia) in abbinamento ad un prosecco non filtrato a fermentazione naturale (Valdobbiadene).

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