Quando lo chef ciociaro Andrea Impero è arrivato in Umbria, lasciando il suo ristorante gourmet “Maritozzo” a Mosca per prendere in mano le redini della cucina del Borgobrufa Resort, ha subito avuto chiaro quanto ancora ci fosse di inespresso, nel potenziale delle materie prime del “cuore verde d’Italia”. Ha iniziato a visitare piccoli produttori, incontrare agricoltori ed esperti, andando a mettere insieme una sorta di piccolo “ecosistema” gastronomico di 70 micro-aziende locali su cui costruire la sua cucina.
E oggi che la guida Michelin ha premiato il ristorante Elementi con una stella, lo chef prosegue con l’obiettivo di trasformare il resort 5 stelle Borgobrufa – nell’omonimo piccolo borgo di poche centinaia di anime a Torgiano, nel perugino – in una la case history di modello d’impresa turistica. Al suo fianco la famiglia Sfascia, titolare della struttura (siamo nel centro benessere più grande dell’Umbria), con cui Impero condivide una visione che pone al centro il rispetto del territorio e del suo capitale umano.
Sono due i menù degustazione di Elementi, entrambi a 100 euro, che raccontano la filosofia dello chef da due angolazioni differenti: da un lato “Visione” che raccoglie il meglio delle esperienze professionali di Andrea Impero; dall’altro “Ispirazione” in cui a prevalere sono invece i ricordi personali dello chef ciociaro, come gli gnocchi di semolino che rimandano al tradizionale piatto popolare del quartiere ebraico di Roma.
Ecco quindi piatti come “Lago” che vede protagonista l’anguilla del Trasimeno, laccata al miele d’acacia e rivisitata in chiave gourmet (dalla salsa shoyu alla clorofilla di prezzemolo) ma non necessariamente ingentilita oltre misura, per farle mantenere un legame con il territorio. Oppure “Manzo”, il bue grasso alla perugina: il girello è trattato alla stregua di un vitello tonnato (con i fegatini di pollo al posto del tonno), con acciughe e capperi.
Interessante è “Colpa d’Alfredo”, un maiale di razza autoctona – il porco cinturello orvietano, parente della Cinta senese – qui dedicato all’allevatore Alfredo Angeli e riproposto in diverse fogge. C’è l’agnolotto del plin al vapore ripieno di “cicotto” (un quinto quarto locale), il lombo scottato con il guanciale, fondo bruno e le castagne fermentate di cui il maiale si nutre; ma anche il “budelluccio”, composto delle interiora che in Umbria si lasciavano essiccare e affumicare nel camino, fritte e servite con albicocca marinata; infine il sanguinaccio, speziato al cioccolato 70% con panbrioche da intingere. Proprio vero, del maiale non si butta via niente zampini, orecchie, muso, fegato, cotenna e polmone.
Un altro piatto che rappresenta fortemente lo stile di Andrea Impero è “Pasta e cipolle”, uno spaghettino in crioestrazione di cipolla di Cannara, con olio Evo e Parmigiano Reggiano 120 mesi. Una sorta di assoluto di cipolla, il cui sapore viene compresso e centrifugato per poi esplodere al palato. La pasta diventa quasi un contorno, un mero supporto su cui cipolla e Parmigiano si adagiano per realizzare il boccone ideale. Un gusto intenso, che non viene a caso: per realizzare 10 porzioni di questo piatto sono necessarie ben 25 chili di cipolla, da lavorare con un procedimento lungo e complesso.
Chiudiamo con il carrello dei formaggi, provenienti da piccoli produttori selezionati da Andrea Impero: da un boccone all’altro si passa dal caprino di stile francese a un mix di capra e pecora affumicati nella foglia di fico, salvia e miele. La progressione continua svelando sfumature sempre più marcate, fino a un simil-Roquefort e soprattutto a un caprino che passa un anno in grotta, due anni sottovuoto e altri due anni in grotta. Non è un eufemismo affermare che anestetizza il palato, e che la porzione ideale non supera i pochi grammi. Un ultimo cenno va al predessert di Elementi, un uovo sbattuto. Nessuna rivisitazione gourmet, stavolta. Il piatto è (e vuole essere) esattamente questo: il ricordo del gesto d’infanzia, patrimonio collettivo dell’italica umanità. Un memento di ciò da cui, gastronomicamente parlando, veniamo tutti noi.