Poco conosciuto e forse sottovalutato dalla critica, il film “Ribelli per caso” mostra come il cibo può diventare strumento di rivalsa sociale, causa e rimedio alle malattie, collante tra persone d’estrazione diversa e autentico piacere. Una sorta de “La grande abbuffata” in versione partenopea, una pellicola delicata, amara e divertente
Ci sono piccoli capolavori in cui capita di imbattersi, a volte, e che risultano gradevoli anche se rivisti a distanza di anni. Film poco conosciuti, magari snobbati dalla critica mainstream, destinati al limbo della seconda serata su qualche emittente minore. Ma allo stesso tempo pellicole ben riuscite, con fior di attori – caratteristi, soprattutto – che non vinceranno mai un Oscar ma che insieme riescono a dare vita a una squadra affiatata e verosimile. È il caso di “Ribelli per caso” (2001) del regista Vincenzo Terracciano e del suo cast, che spazia da Antonio Catania a Renato Scarpa, da Giovanni Esposito a Franco Javarone, da Gianni Ferreri a Gea Martire fino a un Tiberio Murgia in una delle sue ultime – ma non per questo meno lucide – prove. Nomi non di immenso appeal mediatico, come detto, ma tutti dannatamente bravi nel ruolo che viene loro assegnato. Ruoli di gente comune, ognuno con la propria storia che si intreccia con quella degli altri. Non a caso, molti degli attori vengono dal teatro.
Un film, e qui veniamo a ciò che ci interessa particolarmente, dove il cibo ha diversi significati e chiavi di lettura. Il cibo che – come spiega il dizionario Morandini del cinema – “fa da catalizzatore a una vivace commedia sociale in cui le intenzioni ideologiche sono al servizio della situazione e dei personaggi”. Anche se non è la prima volta che nel cinema la tavola viene usata come chiave interpretativa della realtà o come strumento di denuncia sociale, in questo caso il cibo diventa occasione di rivolta individuale e collettiva contro la malasanità e contro la prassi ospedaliera che impone di rinunciare ai piaceri del desco. Attraverso i suoi personaggi e le loro contraddizioni, debolezze e rivalse, il film mostra chiaramente quanto il cibo sia parte fondamentale della nostra vita e quanto importante questo possa finire per diventare. Al punto da essere l’elemento aggregante di persone fino a quel momento sconosciute, così come il simbolo di una vita sana che alcuni di essi sentono ormai irrimediabilmente lontana. La fame di cibo, per loro, è fame di vita.
La trama di “Ribelli per caso”
Adriano (Antonio Catania) è un impiegato, Ciro (Franco Javarone) un fruttivendolo, Guido (Giovanni Esposito) un professore, Antonio (Renato Scarpa) un bancario, Luigi (Tiberio Murgia) un commerciante di vini. Si trovano nella stessa stanza del reparto di gastroenterologia di un ospedale a Napoli, dove sono a malapena tollerati dal primario menefreghista, gestiti da infermieri poco qualificati e capisala coi paraocchi. Dopo l’ennesima umiliazione gratuita, proprio all’insegna del cibo si forma una compatta alleanza per combattere pietanze prive di sapore, diete insipide e assenza di alternative: i cinque decidono di organizzare una cena in cui mangiare senza regole, levandosi quegli sfizi che fino a quel momento erano loro preclusi. Si asserragliano in stanza, mentre all’esterno la polizia e i medici cercano di farli ragionare. La scelta, per almeno due di essi, è tra continuare a mangiare rischiando di morire o arrendersi.
Il senso profondo del film
Nonostante si svolga in un ospedale, “Ribelli per caso” non è un film sulla malasanità. E’ un film che parla di come la sofferenza e l’assenza di risposte vengano esorcizzate attraverso il cibo, da parte di pazienti considerati semplici cavie o, peggio ancora, sgabelli per arrampicarsi ai posti di potere. La scelta di allestire una cena luculliana – antipasti di prosciutto e uova, paccheri al pomodoro con sugo di lardo, salsicce e patate, frittura all’italiana, cassata e champagne – è per loro un modo per fare festa, sentirsi vivi e ritrovare – insieme al gusto di vivere – la capacità di essere artefici dei propri destini, protagonisti a scapito della propria stessa vita. Per molti versi il film richiama “La grande abbuffata” (1973, regia di Marco Ferreri) ma mentre questo era una sinfonia di morte, “Ribelli per caso” suona più come un inno alla vita.
Per chi volesse vedere il film ma non avesse tempo di invecchiare sperando di incapparvi nottetempo, eccolo in streaming.