martedì 16 Aprile 2024
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Giubileo: la tavola di Martino V, il primo Papa con la… guida Michelin

Iniziato il giubileo, continua il nostro viaggio nella storia dei papi e del loro rapporto con la buona tavola: dopo Clemente VII, Bonifacio VIII, Martino IV, la Papessa Giovanna e Pio II ora tocca a Martino V, il primo pontefice ad aver redatto quella che oggi definiremmo una… guida Michelin

Martino V (1368 – 1431), al secolo Ottone Colonna

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Della potente nobile famiglia romana dei Colonna, scelse il nome di Martino perché la sua elezione a Papa avvenne l’11 novembre 1417, giorno dedicato a quel Santo. Passato alla storia per aver finalmente riportato a Roma da Avignone la sede della capitale della Cristianità e aver così interrotto la lunga “cattività” che aveva lacerato l’unità della Chiesa, Marino V è considerato un grande pontefice. Autoritario, coltissimo, con una preparazione teologica eccellente, conoscitore delle cose segrete del mondo ecclesiastico, esperto diplomatico, era molto fiero di ritornare a Roma come vero, unico Papa. Nel suo viaggio, si fermò a Firenze dove fu accolto con una becera canzoncina, intonata a squarciagola da scanzonati monelli che, più o meno, suonava così: “Papa Martino non vale un lupino!” Con questo salace viatico arrivò alla Santa Sede, dove lo aspettavano in gloria. Dimostrò invece di essere saggio e avveduto, impegnato con ferrea volontà a riportare Roma e la Chiesa all’antico splendore e al meritato prestigio nel cuore del mondo cristiano.

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A questo scopo indisse un nuovo Anno Santo, il quinto dal primo di Bonifacio VIII, anticipandolo al 1423, a 33 anni (proprio quelli di Cristo) dall’ultimo nel 1380. L’iniziativa fu un grande successo per la sua immagine ma anche per le ormai languenti casse vaticane: mentre a Roma ci si preparava al grande evento pulendo le strade, lustrando a nuovo chiese ed altari, conventi e campane, alla notizia del nuovo Giubileo migliaia di pellegrini si prepararono ad affrontare, nello slancio di fede e redenzione, il lungo viaggio che dal Nord Europa li avrebbe portati fino alla tomba di S.Pietro e di S.Paolo. Erano circa 1800 i chilometri da macinare tra insidie, difficoltà, pericoli, ma niente sembrava frenare il sacro fuoco che anima a i “romei”. Percorrevano l’antica via Francigena che collegava il Nord Europa, da Canterbury a Roma. Via di traffici e commerci, che in questa occasione si trasformava in via di fede e speranza. Passate le Alpi al Gran San Bernardo, scendevano nella verde valle padana, poi, via via, sull’Appennino. Fermata obbligatoria ad Altopascio, con la sua grande accoglienza ospitaliera, poi Poggibonsi, Siena, dove incontravano l’antica via Cassia che, attraverso la Val d’Orcia e Radicofani, li accompagnava finalmente a intravedere le cupole dell’anelata Caput Mundi.

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Mentre qui ci si affannava per accogliere i pellegrini nel modo migliore possibile, per offrire loro vitto e alloggio almeno decenti (anche se non mancarono imbrogli e truffe…) sua Santità si stava organizzando per servire degnamente ospiti e delegazioni straniere che sarebbero arrivate per rendergli omaggio. Era tranquillo perché sapeva che a capo della sua cucina segreta c’era uno straordinario personaggio colto, espertissimo di gastronomia, conoscitore delle diverse abitudini alimentari. Il suo nome era Giovanni Bockenheym, cuoco tedesco che accompagnò Papa Martino, per tutto il pontificato e che, alla sua morte, raccolse i foglietti unti e bisunti su cui aveva appuntato le sue idee golose, le sue ricette in un libro scritto in tardo latino, intitolato Registro di cucina. Nella sua versione originale, questo testo si trova nella Biblioteca Nazionale di Parigi (BNF FOND LATIN 7054). Giovanni Bockenheym lo autografa così : “Jo Bockenheym quondam cocus domini Martini papae quinti“.

Giovanni Bockenheym

Questo “registro” non solo offre ghiotti suggerimenti, ma anche pratici consigli e ricordi delle predilezioni appetitose del suo santo signore e soprattutto, disegna un dettagliato affresco dell’epoca, della corte pontificia e di tutta quella colorita variegata umanità che viveva al suo interno. Ecco allora le ricette studiate appositamente per gli stranieri e per coloro a cui il Papa doveva offrire la più corretta ed adeguata ospitalità anche a tavola. Se arrivavano regnanti, sovrani, nobiltà d’alto rango, principi della Chiesa, il menù dovrà profumare di spezie rare, di bordi grassi in cui galleggino petti di fagiano e di pernici, inondati di zucchero, prezioso e caro come l’oro. Poi torte che racchiudano carni pregiate, spolverate d’oro fino e d’argento. Mentre frutta rara come datteri, pinoli accompagneranno vini forti e dolci come quelli del meridione o di Grecia. Se invece, un gruppo di svedesi o nordici verrà a baciargli la purpurea sacra pantofola, sulla tavola troveranno il cibo giusto: stoccafisso ben ammollato e cotto con cipolle, zafferano e spezie. Se arriveranno Sassoni e Frisoni la cucina segreta preparerà saporite polpettine di carne di pollo e maiale, cotte in ottimo brodo. Una zuppetta di pane, uova e formaggio sarà pronta per Galli e Angli. Se qualcuno giungerà a Roma sfinito dal lungo viaggio o un po’ malaticcio, si ristorerà con una speciale minestrina della salute a base di semi di canapa, garanzia di rapida guarigione.

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Dopo questa immaginaria passeggiata nella guida Michelin dell’epoca, con Giovanni Bockenheym volgiamo lo sguardo alla quotidianità, alle persone che vivono e lavorano alla Corte di Martino V. Ecco il menu più adatto al basso clero, cui non si doveva appesantire il corpo…per lasciare leggera l’anima. Dunque, per pretini alle prime messe, sacrestani, etc…andava benissimo una minestrina leggera di pane, porri e uova, tipo stracciatella. Invece, per i copisti e le loro mogli il pontificio menu prevedeva fette di formaggio cucinato con erbette aromatiche. Ma non ci dobbiamo stupire o gridare allo scandalo se ci imbattiamo nelle ricette per ruffiani e meretrici: erano tempi decisamente diversi! E noi, attraverso la cucina, entriamo in una specie di caravanserraglio, che allora era del tutto normale nelle corti….anche sotto l’ombrello pontificio. Il concilio di Trento (1545-1563) con la sua opera risanatrice, con la sua severa concezione riformata della moralità della Chiesa, era ancora molto lontano. Perciò, ecco il menu per le meretrici:

La ricetta – Frittata di arance

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Sie fac frittatam de pomaranciis“….. così si fa la frittata di arance: prendi uova sbattute e arance a tuo piacere, spremili e mescola il succo con le uova e con lo zucchero. Poi prendi olio d’oliva o grasso, scaldalo nella padella, metterci le uova e poi si cuoce il tutto ….”eterit pro ruffianis et meretricibus

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