Da un lato il rispetto della materia prima di Daniele Pescatore, dall’altro l’assoluta padronanza tecnica di Francesco Bracali. Da una parte il minimalismo marinaro dello chef campano, dall’altra la ricchezza barocca del collega maremmano. Dal confronto tra i due, più che da un scontro, emerge una cena da ricordare
Che non si sarebbe trattato di una sfida all’ultimo piatto per compiacere il pubblico era già scritto: troppo scafati, i protagonisti, per non approfittare dell’occasione di mettersi a confronto senza ruffianerie. Col senno di poi, piuttosto, l’impressione è che Daniele Pescatore e Francesco Bracali si siano divertiti un sacco ad alternare il proprio stile di piatto in piatto, portando in tavola alcuni dei rispettivi cavalli di battaglia per la gioia di pochi fortunati (in basso nella foto).
La “sfida” tra due chef così differenti nel carattere prima ancora che ai fornelli – napoletano e compagnone il primo, maremmano e introverso il secondo – è solo al primo atto, che si è consumato a fine novembre nella casa di cucina “Da Pescatore”. Il ritorno, per usare una metafora calcistica, si giocherà giovedì 23 febbraio a Massa Marittima, dal bistellato Bracali.
Ma veniamo a ciò che già è stato, più che a ciò che sarà. La serata fiorentina ha visto una cena di sei portate realizzate a quattro mani dagli chef Francesco Bracali e Daniele Pescatore, ognuno con la propria brigata al seguito. Un rapido saluto in cucina prima del via al servizio ci mostra i due “cucinieri” apparentemente sereni ma piuttosto concentrati, intenti a terminare i preparativi tra uno spadellamento e un impiattamento.
Ad aprire i giochi è il padrone di casa Daniele Pescatore, che esordisce con un astice al vapore su giardino di verdure e tè matcha. A questi livelli diventa quasi superfluo star lì a guardare se la cottura è stata eseguita a puntino o se l’astice ha la consistenza giusta: si può solo apprezzare la delicatezza di un piatto non eccessivamente complesso (proprio in linea con il minimalismo di Daniele), ben impiattato, saporito e di grande appeal. Un antipasto cui Francesco Bracali ha replicato con la sua versione dell’anguilla in saor, crema di lardo affumicato, pellicola di aceto, gelato di cipolla, zucchine saltate e uvetta: un piatto che – pur senza essere un mero divertissement – rappresenta una sorta di “esercizio di stile” che rende pieno merito a chi ha voluto premiare lo chef maremmano con le due stelle Michelin.
Il menù prosegue con i tagliolini in brodo e canederli di crostacei di Daniele Pescatore: per chi bazzica un minimo la casa di cucina di piazza del Carmine si tratta di un piatto ben conosciuto, ma non per questo meno interessante. Anzi, un porto sicuro dove attraccare sapendo di accontentare il palato esattamente con ciò che si cerca. Come al solito, il segreto di questa portata sta nella realizzazione dei canederli, talmente succulenti da rendere il piatto autosufficiente con il loro brodo. I tagliolini danno sostanza, ma lo spessore viene da quelle inarrivabili polpettine.
Se con i suoi canederli Pescatore tira fuori l’armatura pesante, Bracali non resta a guardare e tira fuori dal cilindro un primo estremamente elegante, intrigante, avvolgente, opulento: gnocchetti all’ortica su budino di fegato grasso, caviale di succo d’uva e pistacchio. In linea con lo stile dello chef, un piatto dove sapori, consistenze e temperature diversi si contrastano e dialogano senza sovrapporsi. Anzi, in qualche modo, si completano e mostrano una volta di più la grande personalità che Francesco riversa nelle sue creazioni.
Il secondo è un assolo di Francesco Bracali: piccione con salsa di carote e cioccolato, risotto ai funghi. Unica portata di terra (anzi, d’aria…) rispetto a un menù altrimenti giocato sulle materie prime di mare, è un altro piatto impeccabile non tanto e non solo nel filetto di piccione, morbido e saporito, quanto soprattutto nella coscia e nell’intingolo di carote e cioccolato.
E veniamo ai dolci: lo chef Daniele Pescatore apre le danze con una delizia alle banane – variazioni su un unico tema, con preparazioni diverse e il rassicurante comune denominatore della banana – e chef Francesco Bracali risponde con la sua piccola pasticceria, sorprendente per la cura del dettaglio (il bigné al cioccolato bianco a forma di cigno) e la scelta delle materie prime (la bavarese alla lavanda).
Alla fine di una cena del genere, non resta che plaudire a questo genere di confronti gastronomici e a chi li ha ideati (il buon Pasquale Caprarella, probabilmente), oltre che naturalmente a chi si è rimboccato le maniche ai fornelli e in sala.
Al di là delle differenze stilistiche e caratteriali, sia Francesco sia Daniele – nella foto in alto insieme a un altro che le mani le sa usare, il pizzaiolo Romualdo Rizzuti – hanno mostrato doti di manualità un grande rispetto per l’alta cucina che si è tradotta nel portare in tavola i rispettivi piatti tradizionali al meglio delle proprie capacità, non fosse altro per non rischiare di “sgarrare” in un contesto così importante. Missione compiuta.