Il Troccolone è l’ultimo esperimento dell’azienda vinicola Capitoni, di Pienza, i cui titolari hanno saputo trasformare un potenziale elemento di criticità – una porzione di vigneto che dava vino molto profumato ma non particolarmente strutturato – in un’opportunità, quella di creare un vino a sé, fresco e di pronta beva
Niente da dire, quando si esce dagli schemi a volte si intraprendono strade più interessanti e inusuali di quelle che si ci aspetta di percorrere. Questo, almeno, è accaduto nel mondo del vino all’azienda Capitoni di Pienza, con l’esperimento del Troccolone, un Sangiovese Orcia doc piuttosto singolare. Il nome richiama un vecchio termine dialettale con cui veniva definito il commerciante che frequentava i poderi della Val d’Orcia, portando generi alimentari, oppure piccoli utensili, fili da cucire, bottoni, ecc., che scambiava con uova, piccioni o conigli. Uno sveglio, insomma.
E una certa dose di scaltrezza è anche quella con cui Marco Capitoni ha deciso di creare il Troccolone per valorizzare le uve provenienti da una singola porzione di vigneto – appena tredici filari, che hanno dato vita a un migliaio di bottiglie – e vinificate separatamente, perché davano un vino particolarmente interessante per ricchezza di profumi e freschezza nella beva, ma ahimé non particolarmente colorato né corposo. Anziché utilizzarlo come vino da taglio per altri blend, i Capitoni hanno deciso di trasformare una potenziale criticità in un’opportunità: consapevoli delle potenzialità del Troccolone, hanno cercato un contenitore che permettesse la fermentazione delle uve e l’evoluzione del vino ricavato, esaltandone le caratteristiche originarie e gli aromi varietali. Alla fine la scelta è caduta su due giare in terracotta da 5 ettolitri realizzate con terra dell’Impruneta.