venerdì 26 Aprile 2024
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L’Ambasciata di Quistello, un universo parallelo tra menù barocchi e ispirazioni d’antan

L’Ambasciata di Quistello (Mantova) è un ristorante che sembra uscito dalla fantasia di Tim Burton, a metà strada tra ispirazioni d’ancient regime e voluttà gastrostupende, in grado di strapparti alle consuetudini per trascinarti in un universo parallelo

Esistono ristoranti che sembrano usciti dalla fantasia di registi visionari come Tim Burton o David Lynch, locali a metà strada tra ispirazioni d’ancient regime e voluttà gastrostupende, in grado di strapparti alle consuetudini e ai canoni per trascinarti in un universo parallelo tra colonne di libri, tappeti, porcellane, drappi e candele. Tutto questo è l’Ambasciata di Quistello, alle porte di Mantova. Un locale che ha dato un’impronta anche al territorio, se è vero che la piazzetta antistante è stata ufficialmente intitolata agli “Ambasciatori del gusto” e se a poche centinaia di metri sorge un ristorante chiamato “Consolato”.

Ambasciata di Quistello

L’Ambasciata si fregia di una stella Michelin, è vero, ma forse questo è il particolare che meno rimane impresso nella mente di chi – specie per la prima volta – varca la sua soglia, accolto dalla foto di commensali illustri come Papa Giovanni Paolo II. In fondo, di stelle ne ha avute anche due, negli anni Ottanta, quando il suo titolare Romano Tamani si giocava con colleghi del calibro di Gualtiero Marchesi, Angelo Paracucchi o Fulvio Pierangelini il presidio del gotha della ristorazione italiana.

Ambasciata di Quistello

Eppure, come detto, non è il numero di riconoscimenti ottenuti che legittima il successo dell’Ambasciata quanto piuttosto la sua stessa peculiarità. Ossia il fatto di andare in controtendenza – in direzione ostinata e contraria, direbbe qualcuno – rispetto ai canoni della cucina contemporanea. In un mondo che guarda con ossequio di volta in volta al minimalismo estetico, all’effetto wow a tutti i costi o a una concettualità carica di sovrastrutture, qui si trovano colonne di libri (“piramidi di parole”) e drappi, pletore di tappeti e porcellane, fiori freschi e sedute di velluto, candelabri e cloche. La stessa cucina a vista non è un vezzo modaiolo ma una scelta ante litteram, compiuta nel 1978.

Ambasciata di Quistello

L’Ambasciata, insomma, non segue le mode ma guarda altrove. I fratelli Romano e Francesco Carlo hanno optato per uno sfarzo dal sapore rinascimentale negli arredi e negli utensili, che fa da cornice – letteralmente, vista la quantità di specchi che circonda la sala principale – a piatti opulenti e barocchi, ricercati e sontuosi, un omaggio costante alla cucina italiana in generale e mantovana in particolare. Un gioiellino gourmet dove ostentazione e abbondanza sono di casa, ma dove anche gli eccessi rientrano in un contesto specifico. In qualsiasi altro locale, ad esempio, mangiare sotto gli occhi di un titolare seduto a un tavolo d’angolo a scrutare la sala col piglio del comandante della nave in plancia sarebbe visto di cattivo occhio.

Ambasciata di Quistello

Non a caso, Lucio Dalla descrisse l’Ambasciata di Quistello come “il bar di Guerre Stellari”. E di questo bar Romano Tamani è l’anima, con un physique du role da cuoco d’altri tempi. È lui a raccontarci gli esordi della sua carriera, quando lavorava come lavapiatti a Londra e all’improvviso serviva un minestrone di verdure: “Hanno chiesto all’unico italiano presente, e da lì è iniziato tutto”.

In tutto ciò i piatti sembrano quasi l’elemento marginale. Tutt’altro. La sorpresa alla vista dell’Ambasciata cede il passo allo stupore del palato, quando – tra un menù ispirato a Radetsky e uno giocato interamente sulle paste – arrivano zamponi con fagioli, guanciali di maiale con polenta e gorgonzola, fiumi di zabaioni serviti nel pentolino di rame, tagliatelle al ragù di germano, fino alla “faraona del Vicariato” con uva, arancia, melograno e mostarda di mele.

Come si può immaginare, il conto dell’Ambasciata di Quistello non è esattamente per tutte le tasche. Ma non potrebbe essere altrimenti, dal momento che l’esperienza – gastronomica, ma non solo – alla corte di Romano Tamani non è per chi si approccia alla cucina senza il dovuto rispetto. Chi calcola le calorie o ricerca impiattamenti da social media ha migliaia di alternative, ma per chi vuol immergersi in un’atmosfera unica (quanto è abusato, quest’aggettivo, ma stavolta calza a pennello) una visita vale il viaggio alle porte di Mantova.

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