Il pupillo di Heinz Beck – lo chef romano 31enne Gianluca Renzi – alla prova del nove con la cucina dei Portici a Bologna, unico ristorante stellato della città
È arrivato a Bologna con la pesante eredità di Emanuele Petrosino sulle spalle e con davanti a sé la non leggera responsabilità di tenere alte le insegne della ristorazione stellata a Bologna. Ma per chi all’alba dei 30 anni si è già fatto le ossa in cucine importanti, questo tipo di sfide sono il sale della professione. Ecco perché l’arrivo dello chef Gianluca Renzi ai Portici di Bologna – attualmente l’unico ristorante petroniano premiato con una stella Michelin – fa guardare con ottimismo non solo la proprietà del gruppo Portici, ma l’intera community dei gourmet bolognesi.
Entrato da poche settimane alle guida della cucina di via Indipendenza, il romano Renzi è sbarcato all’ombra delle due torri seguito da una giovanissima brigata – la media non supera i 24 anni – interpretando uno stile contemporaneo, che non disdegna richiami alle tradizioni regionali (toscane ed emiliane) e alle stagionalità, pur rivolgendosi a una clientela probabilmente più attenta al respiro internazionale e alle contaminazioni di scuole diverse.
Nel suo passato c’è un decennale passaggio da Heinz Beck al ristorante tristellato La Pergola, così come la cucina del Castello di Fighine a San Casciano dei Bagni, di Attimi a Milano e – last but not least – del Locale di Firenze, mentre nel presente dell’ambizioso chef romano c’è il primo obiettivo di mantenere la stella. In attesa del rendez vous di novembre con la Rossa, però, abbiamo verificato la sua attitudine a preparare piatti “belli, buoni e curiosi”, nelle foto di Luca Managlia.
La curiosità è l’elemento che per primo si palesa nell’antipasto, una reinterpretazione del cocktail di scampi anni ’80 trasportato in avanti di 40 anni grazie a una sferificazione azotata della salsa cocktail. Una prova d’autore con cui lo chef mostra padronanza della tecnica e capacità di osare, aprendo l’esperienza del commensale con freschezza e pulizia.
Il ricordo della nonna toscana si traduce invece per Gianluca Renzi in una rivisitazione della panzanella, impreziosita da una ricciola marinata al lime alle prese con un gazpacho di datterini all’essenza di basilico. Pugilisticamente parlando, però, quest’ultimo vincerebbe ai punti.
Probabilmente è il piatto meglio riuscito tra quelli con cui si è presentato alla critica Gianluca Renzi, grazie al fondo di carne che accompagna il raviolo d’anatra, insieme a una fonduta di parmigiano reggiano 36 mesi che riescono a dialogare nel piatto senza pestarsi i piedi. Una dimostrazione di solidità ed equilibrio su un terreno dove era facile scivolare.
Il richiamo all’Emilia Romagna fa capolino a corredo dell’astice, con le pepite frozen di squacquerone e un letto di insalata. Si tratta del piatto più costoso della carta, che propone anche due menu degustazione di 5 e 7 portate, rispettivamente a 85 e 105 euro (raddoppiando con i vini in abbinamento).
Dopo un lombo d’agnello, di foggia classica ma ben eseguito nell’accostamento ai frutti rossi e alla rapa (rossa anch’essa), la cena si conclude con un dessert a base di fico – ecco la stagionalità – declinato in diverse consistenze e circondato ancora una volta da pepite azotate, gelato alla fava tonka e vaniglia, più piccole meringhe rosa. Buon fine pasto, reso memorabile dall’abbinamento ad un’Albana da standing ovation.