venerdì 19 Aprile 2024
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Cabreo Nino, il nuovo che sa d’antico

Sangiovese e Colorino. Come dire, l’essenza del Chianti. Classico, certo. L’essenza della toscanità enologica più nobile. Ecco Cabreo Nino, un vino che però sa d’antico, per ricordare e celebrare un uomo che, da non toscano, fece della toscanità il tratto fondamentale della sua concezione e del suo modo di fare impresa nel vino: Giovanni Folonari detto Nino, padre di Ambrogio e nonno di Giovanni. Magico anello della catena che chiude il cerchio.

Cabreo NinoDUEMILA bottiglie o poco più, soprattutto bordolesi, poi  qualche magnum, pochissimi formati più grandi. Il traguardo punta alle 10mila, ma i numeri non contano, o meglio funzionano soltanto come parametro commerciale. Dentro il Cabreo Nino, l’ultimo nato nella gamma dei vini delle Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari (ventisei vini più vinsanto, grappe e olio in sei tenute dal Chianti Classico – due – a Montalcino, da Montepulciano all’area maremmana del Montecucco fino al mare e a Bolgheri), c’è molto di più che una ennesima operazione commerciale. C’è storia, passione, amore, senso della famiglia, senso della terra: del resto, tutto quello che anima uno degli alberi genealogici più interessanti e più solidi nel mondo del vino italiano. I Folonari, scesi da Edolo, nel Bresciano – quanti bei nomi del vino moderno li avrebbero imitati e seguiti: solo in Toscana, basta pensare a Vittorio Moretti e ai Fratelli Muratori, ma anche a Coppini e Terzi arroccati a Cenaia, e guardando oltre mi viene Barone Pizzini nelle terre del Verdicchio… – a conquistare mezza Italia della vite, con la “testa” nella Ruffino di Pontassieve. Una storia nata in Lombardia verso la fine del Settecento, cresciuta a metà dell’Ottocento, ma che all’inizio del Novecento, poco più di un secolo fa, si colora di Toscana.

FU ITALO, nel 1912, a comprare con il fratello Francesco la Ruffino, conosciuta per il Chianti “quotidiano”, quello dei fiaschi impilati sul “carro matto” ammirato in tante fotografie. Italo aveva un figlio: Giovanni, detto Nino. Che era nato nel 1899, e con i “ragazzi” della sua annata contribuì a strappare agli Austrotedeschi gli ultimi lembi dell’Italia irredente nella Grande Guerra. Studiò, diventò ingegnere, l’Ingegnere della famiglia e del mondo del vino e dell’imprenditoria. Presidente di Federvini, contribuì a far nascere negli anni Sessanta la legge sulle denominazioni. Ma prima aveva creduto fino in fondo nelle potenzialità della sua azienda: aveva fatto rinascere la Ruffino completamente distrutta dalle bombe, e aveva pensato che il vino si poteva distribuire non solo in damigiana ma anche in bottiglia, a prezzi che potessero essere accessibili a tante tasche.

COMPRESE, l’Ingegnere, l’importanza della terra, del vigneto, della fattoria. Accanto alla grande impresa Ruffino acquistò le terre del Chianti Classico, la fattoria di Zano e la villa con tenuta a Nozzole, entrambe nel territorio di Greve in Chianti. Il cuore di quello che sarebbero diventate le Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari, nate con la separazione – nel 2000 – dal resto della famiglia. E cresciute fino ai livelli attuali: sei tenute, 1 milione e mezzo di bottiglie, quasi 10 milioni di fatturato  (in crescita), con il 53% del giro d’affari nel mercato italiano, scelta coraggiosa vista la picchiata dei consumi per la crisi, scelta che premia il forte radicamento se è vero che 1 milione (il 24% del fatturato nazionale) vale il lavoro in provincia di Firenze. Azienda di “facce”, insomma, di terra e di radici. Ecco perché dalla famiglia dei Cabreo – da cui scaturì il bianco La Pietra, una sorta di rivoluzione ai primi anni ’80, grazie al grande amore di Ambrogio per la Francia e si suoi grandi bianchi – nasce oggi “Nino”, che riassume la filosofia dell’azienda nella filiera completa dall’uva al vino, e conferma la tendenza alla spiccata identità, in cui non prevale mai la mano dell’enologo o del produttore quanto le caratteristiche profonde del terroir.

Ambrogio Folonari, Annie Feolde, Giovanni FolonariSANGIOVESE all’85%, Colorino al 15%. “L’idea – spiegano Ambrogio e Giovanni Folonari – è un vino con forte impronta familiare, chiaramente identificabile con il territorio: proprio quello che chiede il mercato, finita la corsa alle suggestioni mediatiche verso vini troppo moderni. A questo contribuisce bene il Colorino, bella tradizione per i vini da invecchiare che un tempo venivano realizzati anche con uve bianche, e quindi avevano bisogno di un supporto in colore e struttura”. Ed eccolo, il Cabreo Nino, rotondo e morbido, ricco di profumi di frutto rosso, gusto avvolgente con note di amarena miste a sentori di spezie, elegante per tannini setosi e mai aggressivi, di spiccata personalità. Per proporlo alla stampa di settore, Ambrogio e Giovanni Folonari hanno pensato a un roadshow partito da Firenze, culla delle Tenue, e da un tempio dell’enogastronomia, la tristellata Enoteca Pinchiorri, abbinato alle creazioni della cucina guidata da Italo Bassie  Riccardo Monco sotto la supervisione di Annie Féolde (nella foto qui accanto tra Ambrogio e Giovanni Folonari): deliziosi e preziosi antipastini finger food, poi la fregola con gamberi rossi carciofi e zafferano, e – ecco il pregiato abbinamento con “Nino” – piccione arrosto con tatin di cipolla e salsa di fegatini alla senape, per concludere con la torta di mele in versione Pinchiorri, abbinata a un altro gran classico come lo Chateau d’Yquem.

DOMANI il tour di “Nino” prosegue a Roma, da Pipero al Rex, territorio di una grande c”carbonara”. Poi il via ufficiale verso il suo destino: grandi firme del settore ho.re.ca., e grandi collezionisti. Meglio italiani, grazie. A 40 euro più iva alla cantina.

 

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