sabato 20 Aprile 2024
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Cucina contadina: come sopravvivere a una degustazione con 32 portate

Al campionato nazionale di cucina contadina, in seno ad Agri@Tour, ad Arezzo, in degustazione sono state portate 32 portate (sì, il gioco di parole è voluto) tra antipasti, primi, secondi e dolci. Ecco com’è andata

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La “sfida” ha un precedente. Sei anni fa, stesso posto e stesso contesto: il campionato nazionale di cucina contadina, in seno ad Agri@Tour, ad Arezzo. Allora in degustazione furono portate 23 portate (sì, il gioco di parole è voluto) tra antipasti, primi, secondi e dolci. Dopo sei anni la storia si ripete, ma la sfida adesso è ben più ardua: da 23 portate, siamo passati a quota 32. Tra i compagni di avvenuta (culinaria) non mancano i colleghi Stefano Tesi, Claudio Zeni e Marco Bazzichi, più altri giornalisti, un ristoratore e un sommelier. Gente avvezza alla tavola, che non si lascia certo spaventare da un programma di due pagine fitte fitte con orari, portate e regione di provenienza. Il tempo di far insediare la giuria, e si parte.

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Sono le 10,15 e iniziamo gli assaggi, consapevoli che l’impegno richiesto andrà avanti fino alle 17. La formula è semplice: per motivi logistici gli agriturismi si scontreranno in 16 sessioni da due, senza che però vi sia un confronto diretto o un’eliminazione. Cuochi e cuoche arrivano sul banco di servizio, preparano il piatto e ne illustrano le caratteristiche, poi tocca ai giurati assaggiare e commentare. Poi si passa al voto, che prevede una valutazione in ventesimi e alcuni criteri di giudizio: presentazione visiva e orale, storicità e territorialità del piatto, presenza degli ingredienti in agriturismo e – last but not least – sapore e gradevolezza del piatto. Personalmente, i miei voti sono oscillati da 11/20 (per un piatto che ho reputato slegato dalla tradizione contadina e dal territorio, con diversi difetti nella preparazione e impiattato con ordinarietà) fino ad alcuni 19/20 (per piatti con una storia alle spalle, una presentazione interessante, perfettamente rispondenti a quanto chiesto ed espressione del territorio).

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Sono rappresentate diverse regioni italiane, anche se a far da padrona è la Basilicata in quanto “ospite” di questa edizione di Agri@tour. La prima parte della degustazione è in crescendo, tra portate che presentano qualche difetto di cottura (è il caso del baccalà al cavolo nero qui sopra) ad altre che invece stupiscono per la scelta di colorare il piatto inserendo fiori edibili (lo gnocco di polenta con salsiccia e finferli in basso). In ogni caso, il giurato oscilla tra la volontà di dare un ulteriore boccone (oltre ai tre che occorre dare per poter dare una valutazione seria) e la consapevolezza che 3×32= 96 bocconi. Il vino di accompagnamento aiuta, va detto…

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In concorso alcuni evergreen della cucina contadina, come la pasta e ceci oppure la Sa Panada sarda, entrambe decisamente interessanti pur nella loro diversità. Per motivi di spazio non possiamo inserire le foto di tutti i piatti, ma degni di nota sono state le Orecchiette con cime di rapa (pugliesi) cotte nell’acqua della verdura e il risotto alla Collalberti (toscano) con la fetta di lardo di cinta senese, fino agli straordinari Ferricelli della battaglia (lucani) che hanno aperto la via al prodotto principe della giornata, il peperone crusco di Senise.

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E viene il momento dei secondi, con uno dei capisaldi della cucina contadina – la cottura lunga, a fuoco lento – riproposto nelle versioni dello stufato, del Brasato di bufalo (in basso), della Scottiglia alla Casentinese (qui sotto) e così via. Notevoli anche il Coniglio imporchettato, un Brodo di pollo ruspante laziale e il “Boccaccio della strega Giovanella”, lucano, dove la carne viene servita dentro una forma di pane (altrettanto buono, grazie ai liquidi di cottura che impregnano la mollica).

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Da segnalare inoltre, tra i piatti contadini – necessariamente calorici, visto che dovevano garantire al bracciante energie per lavorare tutta la giornata – i “Sette spuntini del mietitore” (Basilicata) in cui il peperone crusco, croccante e saporito come fosse una patatina chips, rappresenta il punto più alto.

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Capitolo dolci: molti erano interessanti, a partire dai Calzoncelli di ceci, ma vale la pena menzionarne un paio, le Cartellate al miele di acacia e soprattutto (qui sotto) il Cazoune, un dolce tipico di un piccolo paesino della Basilicata che all’interno ha – oltre a fichi, noci, mandorle, ecc.. – anche acciuga e cipolla. La sfida doveva finire alle 17, ma alle 18,30 eravamo ancora ad assaggiare. Otto ore di degustazione, non c’è male.

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Il vincitore del concorso, in ogni caso, è stato lui: Strascinati di muschiglio mantecati con soffritto di peperoni di Senise e cacioricotta dell’agriturismo Vignola di Marsico Nuovo (Potenza), un piatto perfetto per eleganza, sapore e richiamo alla tradizione. La foto è qui sotto. Sul secondo gradino del podio la tradizione del Trentino con i già citati gnocchi di polenta e finferli cucinati dalla giovane Sara Sighel dell’agriturismo La Stropaia di Basegla di Pinè (Trento) mentre al terzo posto si è piazzato l’agriturismo “Il castagneto” di Supino (Fr) con un dolce natalizio del XVIII secolo, i Susamelli. La giuria – presieduta da Giorgio Menna, direttore di Enogà – ha inoltre attribuito ex aequo un premio alla tradizione che è andato rispettivamente all’agriturismo Villa Siragusa di Bitonto (Bari) con “Strascinati alle cime di rapa” e all’agriturismo Il Fascinaro di Casalvieri (Fr) con il suo pollo ruspante.

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