Sgominata una distilleria clandestina nei pressi di Prato, che in perfetto stile moonshine produceva liquori e distillati senza alcuna autorizzazione
Anni ’20, musica jazz nell’aria, acconciature d’antan e vaghi sentori di proibizionismo. Eppure no, una volta tanto non ci riferiamo a un nuovo SpeakEasy, né alla chiusura forzata dei locali a causa del Covid19: questa è la storia di una distilleria clandestina nascosta nei pressi di Prato, che in perfetto stile moonshine produceva senza alcuna autorizzazione liquori e distillati.
È notizia di qualche settimana fa infatti l’arresto di tre cittadini cinesi – rispettivamente di 53, 36 e 35 anni – colti in fragrante mentre erano intenti nella loro attività di produzione di alcolici. Una vera e propria distilleria per la produzione di un superalcolico ricavato dalla lavorazione delle foglie di riso, venduto poi all’interno della comunità asiatica della città. I carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile gli hanno individuati non a seguito di qualche soffiata, ma bensì a causa del forte odore di alcool proveniente da un’area rurale.
La “distilleria” era stata ricavata in un piccolo capanno, dove erano stati allestiti tini, alambicchi, cappe, sia in metallo che in muratura. Al momento dell’arresto erano pronti per essere venduti decine di litri di liquore. Oltre al reato di fabbricazione clandestina di alcol e di bevande alcoliche, i tre cinesi dovranno rispondere anche dell’illecito di deposito incontrollato di rifiuti previsto quale reato dal testo unico sull’ambiente. Il consistente quantitativo di rifiuti di produzione era scaricato illegalmente e senza protezione in un campo vicino, con l’ovvio rischio di contaminazione del sottosuolo e della falda acquifera.