venerdì 19 Aprile 2024
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Provati per voi: Ditta Artigianale Oltrarno, il gusto vintage della cucina retrò

Il guru del caffè Francesco Sanapo ha aperto in via dello Sprone una “dependance” della sua Ditta Artigianale, arricchendo l’offerta con tè pregiati, cocktail e una cucina firmata dallo chef Arturo Dori, volutamente ispirata al passato che ben si intona con l’atmosfera razionalista anni ’50
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Non c’è che dire, Arturo Dori è uno di quegli chef a cui il coraggio – oltre alle capacità – non fa difetto. In un’epoca in cui la tecnica d’impiattamento e la componente visiva di un piatto diventano dogmi della gastronomia, in cui la contemporaneità assurge a chiave di volta del successo di uno chef e un locale intero, lui è in grado di far funzionare e piacere una cucina fuori dal tempo che non insegue la moda del momento e per questo probabilmente farebbe storcere il naso a più di un critico cresciuto all’ombra dei filtri di Photoshop.

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La prima sensazione che si ha varcando la soglia della “nuova” Ditta Artigianale – la dependance della caffetteria in via de’ Neri aperta meno di due mesi fa in via dello Sprone, in Oltrarno, dal guru del caffè Francesco Sanapo – è di essere finiti indietro nel tempo. Tutto nel ristorante parla di un passato, non remoto e nemmeno prossimo, che ai più evoca ricordi sfumati: l’arredamento (pezzi rifatti ad hoc, spesso) spazia dalle superfici smaltate dei tavoli alle sedie dalle gambe sottili degli anni ’50, dall’arredamento razionalista fino ai piatti in ferro – trovatemene altri, oggi che dominano ceramica e vetroceramica – e ai complementi d’arredo a tema. Tutto ovviamente voluto e niente affatto casuale, dal momento che l’edificio che ospita la Ditta Artigianale venne progettato in quel periodo da Giovanni Michelucci.

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E così la cucina di Arturo Dori (ex Cavolo Nero, poi personal chef a domicilio) intende rendere omaggio a quell’epopea, proponendo nel menù – anche con la formula delle mezze porzioni, ideali per chi vuol togliersi qualche sfizio in più senza riempirsi – alcuni “classici” come il tortellino panna, piselli e prosciutto, il vitello tonnato o l’insalata di pollo. Accanto ad essi, però, non mancano materie prime e accostamenti più recenti, evidenti nella zuppa di verdure con amaranto, curcuma e cumino o nel pollo marinato con miele, valeriana, avocado e mandorle, fino alla zuppa di tamarindo con cozze e lemon grass.

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Iniziamo proprio dagli antipasti, le “mezze porzioni” che strizzano l’occhio alle tapas. Eccellenti le empanadas colombiane, dove il mais è bianco e non giallo (il colore è dato dalla curcuma), che assaggiamo seguite dalle zucchine croccanti con maionese al ginger e coda di gambero, e dalla crema di piselli al limone con acciughe e crumble salato, fino agli agretti e mozzarella o alle frittelle di ceci con prosciutto crudo, crema di noci e cialda di parmigiano.

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In molti casi gli impiattamenti non possono definirsi di foggia contemporanea, anche perché altrimenti sarebbe difficile per una brigata di 3-4 persone poter gestire un numero di coperti che supera le ottanta unità. Ma negli anni Cinquanta l’occhio non voleva ancora la sua parte: si badava ai sapori, e quelli ci sono tutti. Lo zenzero nella maionese senza uova è un tocco di classe, così come la scelta di servire la crema di piselli in raffinati bicchierini d’antan.

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I piatti forti sono il già citato tortellino alle 3 P (panna, prosciutto, piselli) e il polpo alla brace con purè di patate, pomodori secchi e capperi. Coerentemente con la filosofia della Ditta Artigianale, le due pietanze non sono state rivisitate, ammodernate forzosamente per adeguarsi ai canoni contemporanei, e mantengono intatte quelle caratteristiche che li rendono così familiari, così tranquillizzanti.

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In definitiva, se l’obiettivo di Francesco Sanapo e Arturo Dori voleva essere quello di offrire una cucina che non fosse prevaricante rispetto al core del locale, il caffè – scelto tra piccoli produttori in giro per il mondo, tostato e servito fresco – ma neppure troppo simile ai mille ristoranti che recitano la salmodia “innovazione nella tradizione”, la nuova Ditta Artigianale Oltrarno ha fatto centro. In quanto ai caffè, in via dello Sprone Sanapo ha portato una varietà botanica molto rara, il “Geisha” di Panama, oltre al “Finca Las Nubes” dalla Colombia, e al “Finca Catalan” della hacienda guatemalteca Las Mercedes, tutti affidati a Francesco Masciullo.

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L’ampia selezione di tè e infusi è invece curata da un’altra esperta dal palato fine, Monica Meschini, in collaborazione con il Tea Institute: non mancano essenze pregiate e rare, tra cui il tè verde giapponese “Shizuoka Igyokuro” e il tè bianco “Fujian white monkey”, serviti sia con lo Steampunk che con metodi più tradizionali e classici. In quanto alla mixology, la Ditta Artigianale Oltrarno ha una selezione di oltre 150 etichette di gin provenienti da tutto il mondo: c’è anche il Vallombrosa degli omonimi monaci dell’Appennino tosco-emiliano. Non manca una selezione di vodka, rum, whisky, tequila e mezcal, distillato messicano proveniente dall’agave. Tra i cocktail, il “Ditta Artigianale Spritz” preparato con lo “Slow gin” fatto con infusione di prugnolo selvatico, dolce e di un colore indaco, con prosecco, soda e una foglia di basilico. Oppure il “Negroni Ditta Artigianale” con gin, bitter, vermouth di qualità, confettura di arance amare e ginger.

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