Piccolo, giallo e rotondo, il fagiolo zolfino del Pratomagno è una delle eccellenze toscane: ha un suo “cavaliere”, una sentinella che lo coltiva con abnegazione e dedizione. Si tratta di Mario Agostinelli, che insieme a un manipolo di irriducibili ne custodisce il germoplasma
Sguardo deciso, occhi ficcanti, parole e idee chiare e semplici ma taglienti come le rughe che scolpiscono il suo viso arso dal sole. Quando ti racconta del fagiolo zolfino Mario si appassiona, si riscalda, si entusiasma e si arrabbia. È lì il segreto della sua forza; la voglia di esserci sempre, anche contro tutto e tutti per proteggere da soprusi e imitazioni quel suo pulcino dal colore giallo, la forma rotondeggiante e le dimensioni minime. Questa è la storia di un piccolo grande eroe del quotidiano: Mario Agostinelli e del fagiolo zolfino. Una storia di tradizione toscana. Una storia fatta di amore, semplicità, testardaggine, competenza e qualità.
La storia del fagiolo zolfino in realtà è una favola bella. Quasi dimenticato e disperso nell’oblio della memoria dopo secoli di fama e gloria oggi è un piccolo pulcino tenuto al caldo dalle mani sapienti di Mario e uno stretto manipolo di irriducibili. “Di zolfino c’è né uno solo, quello del Pratomagno perché solo qui il terreno è giusto per coltivarlo” Così esordisce Mario che orgogliosamente puntualizza anche di essere il coltivatore di zolfino con più ampio terreno dedicato. È orgoglioso della sua creatura; non fa nessuna fatica ad alzarsi all’alba e spaccarsi la schiena nei capi per tutelarlo. Si riscalda solo quando sente parlare di zolfini nel cuneese, nel trevigiano e peggio ancora in Cina!
La soddisfazione è invece portarlo in giro per il mondo e mettergli il vestito buono di ambasciatore della Toscana, magari in galà aristocratici in cui è affiancato da caviale e champagne. Mario con il suo entusiasmo coinvolgente e il suo proselitismo appassionato ha fatto innamorare dello zolfino la corte inglese e sua maestà dei record Elisabetta II serve a Buckingham Palace lo zolfino a firma Agostinelli; è riuscito ad imporlo con la forza della qualità al cerimoniale del Quirinale fin dai tempi di Carlo Azeglio Ciampi presidente e recentemente ha fatto perdere la testa per lo zolfino nientemeno che a Pierre Cardin che da pensionato della moda si è dedicato all’alta gastronomia scegliendo personalmente solo le eccellenze mondiali per il suo Maxim’s.
Ma cos’avrà mai di speciale questo fagiolo quasi dimenticato? L’appartenenza a un genotipo locale che, ancorandosi a un terreno perfetto per esaltarne le caratteristiche fa la differenza. Un terreno piccolissimo e circoscritto che ruota attorno a soli cinque Comuni del Pratomagno e che regala a questo cereale che ha il doppio di proteine di una bistecca e di cui era golosissima Caterina de’ Medici un sapore che stupisce per la sua pasta densa, leggera e l’alta digeribilità. Mario Agostinelli ha ragione a lottare per difenderlo e non solo perché è custode del suo germoplasma. Perché si alza tutti i giorni all’alba per andare nei capi a coccolarlo e accarezzarlo, perché segue a mano ogni momento della sua crescita; ha ragione soprattutto perché lo zolfino che non è tutelato da nessuna Dop o Igt solo perché i prezzi folli delle registrazioni giocano a favore delle multinazionali e dell’appiattimento gustativo.
Il fagiolo zolfino ha bisogno di sentinelle attente e custodi sinceri. E Mario lo è almeno fino a quando le sirene non suoneranno troppo forti. Come farai Mario a dire di no quando i dollari del lusso del grande centro moda che confina coi tuoi campi cercheranno di gettare cemento al posto degli zolfini?
Informazioni:
Piazza Daniele Manin – 50066 Leccio, Reggello
Tel. 0558657698 – www.agostinellimario.com