Abbandonata l’idea dello street food per un ristorante tout court, Olivia cala in piazza Pitti un tris di donne: la titolare Serena Gonnelli, la chef Elena Rindi e la barlady Adrine Briz
foto di Luca Managlia
Avevamo lasciato Olivia, in piazza Pitti a Firenze, nelle mani dello chef Giacomo Piazzesi. La ritroviamo con un duplice cambio, che tinge interamente di rosa il locale in Oltrarno: se la titolare resta infatti Serena Gonnelli, rappresentante della famiglia proprietaria del frantoio Santa Tea a Reggello, in cucina è arrivata la chef Elena Rindi e dietro il bancone la barlady messicana Adrine Briz.
Se aggiungiamo che anche il ristorante ha un nome femminile – quello della figlia di Serena, peraltro – ecco che il quadro “rosa” è completo. Ciò non significa però l’adesione a un pensiero gastronomico unico, tutt’altro: pensiamo al caso della chef, un’amante del burro di Normandia che si è ritrovata a lavorare in un ristorante vocato all’uso dell’olio extravergine d’oliva.
“Non avrei mai pensato che avrei rinunciato all’utilizzo del burro, che adoro – racconta Elena Rindi, un passato alla corte di chef stellati come Marco Stabile e Peter Brunel e alla sua prima esperienza alla guida di una cucina – ma l’arrivo da Olivia mi ha aiutato a riscoprire tanti sapori legati all’olio Evo”.
La mano felice di Elena Rindi è evidente in piatti come la tartare di spigola con gazpacho di pomodoro, burrata, polvere di olio Evo e pomodori confit (foto in alto), oppure nelle delicate capesante con crema di sedano rapa, guanciale e fondo bruno. Due piatti, in porzioni generose, che riescono a mescolare l’impronta contemporanea di materie prime e lavorazioni con una “familiarità” di gusto che non dispiace affatto.
Particolarmente ben riusciti sono poi i Tortelli di burrata con crema di melanzane, pomodoro e basilico: piatto estivo, fresco, “italiano” (non solo nelle nuance che richiamano il tricolore ma nell’adesione al principio di ricercare il sapore attraverso semplicità e leggerezza) e goloso. In alternativa, gli spaghetti alla chitarra con curcuma, tartare di gambero rosso ed erba cipollina danno un tocco esotico e gratificante al palato.
Completano il menu dei primi griffati Elena Rindi – in una carta abbastanza corta, e proprio per questo priva di piatti ‘scontati’ o troppo commerciali – gli gnocchi alla piastra con fonduta di parmigiano, tartufo nero e pesto di radicchio rosso, oppure le tagliatelle alla barbabietola con crema di mandorle al rosmarino e olive nere.
Tra i secondi di Olivia, da segnalare il rollè di pollo del Valdarno su terra di olive (elemento abbastanza ricorrente nella cucina della chef), purè di patate montato all’olio Evo, mostarda di cipolle rosse e tartufo nero. La carne viene cotta sottovuoto a bassa temperatura e scottata per dare croccantezza. Per i palati più leggeri, invece, l’insalata di campo con salmone marinato è impreziosita da quinoa soffiata, maionese al limone e cubetti di avocado.
Quando pensi di avvicinarti al termine della degustazione, però, ricordi che uno spazio per il dessert va sempre conservato. Ed effettivamente ne valeva la pena, per trovarsi davanti un dolce-non-dolce concettuale, sulla falsariga della Granny Smith di Lorenzo Romano. Si tratta di un semifreddo con mela, cetriolo e sedano con gocce di monocultivar di Leccino, che lascia la bocca fresca e il commensale non appesantito.
Insomma, abbandonata l’intuizione iniziale del progetto – uno street food con take away e cucina a vista affacciata su piazza Pitti, ad uso dei turisti di passaggio – con l’arrivo della chef Elena Rindi e di Adrine Briz dietro il bancone Olivia sposa l’idea di un ristorante tout court, alzando il livello dell’offerta ma continuando a tener viva la filosofia della valorizzazione del lato gastronomico del frantoio.