Si fa presto a dire formaggio. Anche il più conosciuto come il parmigiano può avere le sue sfumature, a seconda che arrivi dalla pianura o da zone collinari. Eccone differenze e analogie, più il caso di “Sua maestà il Nero” della famiglia Chiari
Siamo abituati a (ri)conoscerlo nella tradizionale forma dorata, magari tagliato a scaglie, a pezzettoni o grattugiato. E al di là del gusto individuale lo consideriamo senza dubbio il re dei formaggi italiani. Eppure non è detto che esista un solo parmigiano reggiano. Anzi, pur rispondendo a tutti i requisiti del consorzio di tutela esiste un margine di gusto, un range che solo gli esperti sanno riconoscere. Anche se si parla di sfumature che solo un palato allenato può percepire, infatti, il sapore di questo capolavoro dell’arte casearia può cambiare a seconda che il formaggio sia stato prodotto in pianura, in una zona collinare o – perché no? – in montagna.
Formaggi di pianura vs formaggi di montagna
Ovviamente le mucche allevate nelle aree appenniniche respirano aria buona, pascolano nei prati d’alta quota e grazie al clima fresco e piovoso si cibano delle erbe e dei fieni locali, più vari e rigogliosi rispetto a quelli di pianura. Ecco perché a parità di stagionatura il formaggio di montagna ha un colore giallo paglierino un poco più intenso; il sapore è più deciso, ma, come le altre caratteristiche organolettiche, può variare, anche in modo spiccato, a seconda del latte usato.
Il caso del Parmigiano reggiano
Del resto, feudo del Parmigiano reggiano non sono solo le pianure ma le cime (tante oltre i 2000 metri), i torrenti, i boschi, i pascoli dell’Appennino che corre tra Parma e Bologna, fino al fiume Reno. È qui che si concentra la produzione di oltre 700.000 forme, una cifra che fa del Parmigiano Reggiano il formaggio Dop con la alta produzione in montagna, con ben 3,5 milioni di quintali di latte destinati alla trasformazione. Dopo aver ottenuto dall’Unione Europea la possibilità di utilizzare la denominazione “prodotto di montagna”, il Consorzio ha messo in atto uno specifico “Progetto qualità” per il Parmigiano Reggiano prodotto nelle aree appenniniche, che certifica i caseifici artigianali e le migliori forme proprio con l’apposizione del marchio “prodotto di montagna”. Per ottenere la certificazione, il latte trasformato deve provenire esclusivamente dagli allevamenti della montagna; le bovine, poi, in stalla o al pascolo, debbono essere alimentate prevalentemente con erba e fieno (è assolutamente vietato l’uso di insilati e additivi) e, complessivamente, per oltre il 60% gli alimenti debbono avere un’origine locale “di montagna”. Al ventiquattresimo mese di stagionatura, il formaggio è oggetto di una ulteriore selezione qualitativa che include anche un panel di assaggio che ne verifica l’identità sensoriale.
Il caso di Sua maestà il Nero
Ispirandosi alle antiche tecniche di produzione, inoltre, sua Maestà il Nero viene ancora oggi prodotto in un ambiente incontaminato con lavorazioni che mantengono inalterati i sapori autentici. Il latte proviene da aziende agricole di dimensioni medio piccole della zona, in cui le mucche vengono mantenute in ampie stalle o a libero pascolo. Gli unici altri ingredienti sono caglio e sale. Le forme di sua Maestà il Nero vengono poi lasciate stagionare per un minimo di 24 mesi e sottoposte a controlli per ottenere un formaggio di alta qualità.
La famiglia Chiari lo propone anche nel suo storico negozio di gastronomia “La Baita” di Bologna, a due passi da Piazza Maggiore). L’azienda nasce nel 1969 ad opera di Rino Chiari, che importava i prodotti dalle zone di produzione tipiche, per poi distribuirli ai negozi al dettaglio di Bologna. Il mercato si è poi allargato a Modena, e man mano in tutta Italia. Nel 2000 la Famiglia Chiari apre il primo spaccio aziendale con vendita diretta al dettaglio presso lo stabile principale a Zola Predosa quindi, vengono inaugurati via via la prima bottega all’aeroporto nel 2005, il negozio in via Mazzini nel 2006, La Baita in via Pescherie Vecchie nel 2007 (che unisce alla vendita dei prodotti enogastronomici la possibilità di degustare le eccellenze del territorio), il ristorante (2013), la pizzeria (2014) e il bar (2015) all’aeroporto Marconi di Bologna.