A Firenze è stata lanciata l’idea di una Dop (Denominazione di Origine Protetta) per il gelato italiano. Ecco i pro e i contro di quella che non sembra poi un’intuizione così bislacca: nonostante la strada sia in salita, il gelato italiano dop è possibile.
L’idea era già venuta in mente agli addetti ai lavori e alle loro rappresentanze, ma ora che a rilanciare è il mondo della politica nazionale, la possibilità di una Dop (denominazione di origine protetta) per il gelato italiano torna di stretta attualità. L’idea è stata (ri)lanciata qualche giorno fa a Firenze dal direttore generale per la politica commerciale internazionale del Ministero dello Sviluppo Economico, Amedeo Teti, ed è piaciuta subito all’assessore regionale toscano all’agricoltura, Gianni Salvadori. Questi ha aggiunto anche un commento scherzoso “Dopo la copertina dell’Economist (che ritrae il Presidente del Consiglio Matteo Renzi con un gelato in mano, a bordo di una barchetta, ndr) della scorsa settimana, tedeschi e francesi non potranno dirci di no sulla Dop del gelato”.
L’occasione per riproporre il gelato italiano Dop è stata la conferenza stampa di presentazione della finale europea del Gelato Festival – in programma dal 12 al 14 settembre al Piazzale Michelangelo – che si è tenuta a Palazzo Vecchio. Insieme a Teti e Salvadori c’erano il sindaco di Firenze Dario Nardella e il patron del Gelato Festival, l’imprenditore Gabriele Poli. Proprio l’appeal della kermesse fiorentina potrebbe essere il volano e il palcoscenico decisivo per l’introduzione di un disciplinare di settore, ma la strada verso un gelato italiano Dop è ancora in salita. Ecco perché.
L’idea di un marchio che tuteli il gelato “buono” piace a tutti, ma non è così semplice da realizzare. In primis perché, come spesso succede, a voler promuovere qualcosa di qualità sono quelli che hanno interesse a farlo. Gli altri, quelli che invece nella “aurea mediocritas” riescono a celare gabole e approssimazioni, in genere tendono a guardare con scetticismo ogni colpo di setaccio nella categoria. In altre parole, c’è da mettere d’accordo tutti gli anelli della catena, in moda particolare i produttori, tra i quali c’è un’infinità di soggetti che usano tecniche e materie prime differenti.
“Già da tempo – conferma Vetulio Biondi, presidente dell’Associazione Gelatieri fiorentini – stiamo lavorando su questa strada, ma finora non siamo riusciti nemmeno a ipotizzare una bozza di disciplinare. Il motivo sono proprio le resistenze di buona parte della categoria: varare un disciplinare di produzione che indica in maniera categorica quali prodotti vanno usati per preparare il gelato fa storcere la bocca a molti, perché significa obbligarli a scegliere materie prime di alta qualità, e di conseguenza con un costo più elevato. Costo che andrebbe riversato sul consumatore, col risultato che il prezzo del gelato aumenterebbe in maniera generalizzata”.
Insomma, come avviene nel made in Italy dell’abbigliamento, non tutti vogliono chiarezza e regole certe per la tutela della qualità. Però qui il settore è più “gestibile”, non fosse altro che per una questione di dimensioni e numeri. Ecco perché se si trovasse la quadratura del cerchio – una cornice di regole minime in cui far rientrare più produttori possibile? Una gradualità dei meccanismi di inclusione nella Dop? Finanziamenti pubblici o sponsorizzazioni private per un settore che potrebbe rilanciare l’immagine della gastronomia italiana tout court? – l’idea in sé sarebbe vincente. In fondo, l’obiettivo è spolverare e rilanciare l’immagine di un prodotto conosciuto a livello mondiale che rimanda subito all’Italia. E che il Gelato Festival da anni sta promuovendo, prima in Italia e ora anche all’estero. Manca qualche tassello, ma il gelato italiano Dop non è impossibile.