sabato 20 Aprile 2024
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La cantina di Montefalco che ha “addomesticato” il Sagrantino

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A tracciare la rotta e indicare il cammino era stato il nonno all’inizio del secolo scorso, quando raccontò ai nipoti il principio basilare che “per fare vino buono serve uva buona”. Una raccomandazione semplice, in fondo, ma di certo efficace se è ciò su cui quasi cent’anni dopo continuano a basarsi le attività – in vigna come in cantina – dell’azienda umbra Pardi di Montefalco (Perugia). Si tratta di una piccola realtà dedita al Sagrantino, votata alla ricerca di una propria personale interpretazione del vino del territorio: il vitigno autoctono più celebre dell’Umbria, che ha il proprio terroir in una manciata di Comuni della provincia di Perugia e viene utilizzato per produrre il Sagrantino di Montefalco Docg e il Montefalco rosso Doc, non è affatto un vino “ruffiano” o per i palati meno abituati alle libagioni. A causa di polifenoli abbondanti e di un tannino imponente e spigoloso, infatti, per essere apprezzato necessita di tempi lunghi di invecchiamento (almeno 10 anni). La cantina Pardi è invece riuscita nel difficile compito di “addomesticare” il Sagrantino rendendo i propri vini eleganti, equilibrati, beverini, anche se con corpo e gradazioni alcoliche alte. Merito di scelte che prevedono una macerazione breve con le bucce di 6-7 giorni e una raccolta a piena maturazione, così da avere la maturità fenolica. Pochi tannini verdi, insomma –quelli che danno in bocca maggiore astringenza – e almeno 4 anni di invecchiamento.

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La storia della cantina inizia ai primi del ‘900, quando i fratelli Pardi (l’ufficiale postale Alfredo, il coltivatore Francesco e il commerciante Alberto) decisero di produrre e commerciare vini locali. Ognuno aveva un suo ruolo preciso: Alfredo si occupava della contabilità; Francesco del lavoro in cantina e Alberto provvedeva all’acquisto delle uve e alla commercializzazione del vino. La richiesta era così imponente da spingere i fratelli a selezionare ed acquistare uve da altri proprietari terrieri. A quell’epoca si producevano circa 30 quintali di Sagrantino passito e l’invecchiamento durava due anni. Poi veniva commercializzato in bottiglioni da 5 e 10 litri, ognuno dei quali aveva l’inconfondibile collarino di corda e la targhetta di cartone, che indicava la denominazione della cantina, l’anno di raccolta delle uve e la gradazione alcolica. Nel 1925 l’azienda si guadagnò una Medaglia di Argento del ministero per l’Economia Nazionale per i vini rossi da pasto, e il vino dei “Fratelli Pardi” cominciò ad essere richiesto anche al di fuori dei confini umbri. Alla morte di Alberto le cose però cambiarono e nel tempo la famiglia si dedicò ad altri settori commerciali. Rio Pardi, figlio di Alberto, continuò a custodire i segreti della famiglia e a produrre piccole quantità di Sagrantino Passito, come se avesse saputo che un domani le vecchie tradizioni di famiglia si sarebbero risvegliate. Cosa che puntualmente accadde.

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Se la Cantina Pardi vanta una storia lunga più di cento anni, sempre ben radicata in Umbria, è però solo nel 2003 che l’attività viene rilanciata in maniera importante. La filosofia è invece la stessa che alimentava Alberto, Francesco e Alfredo Pardi, nel 1919, tramandata con grande rispetto e amore. “Negli ultimi anni molti hanno pensato più alla cantina che alla vigna per fare un buon vino – spiega Albertino Pardi – mentre noi siamo convinti che non si possa arrivare a vini di personalità senza un lavoro scrupoloso nel vigneto. Vogliamo che il vino esprima l’identità del territorio e dell’annata: ecco perché ricerchiamo la pulizia al naso, l’equilibrio e la tipicità”.

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La Docg del Sagrantino di Montefalco prevede il vitigno vinificato in purezza, senza quindi nessuna possibilità di mitigarne l’aggressività con altri uvaggi. “Cerchiamo di produrre un vino raffinato, equilibrato e bevibile – aggiunge Albertino – anche al momento dell’entrata in commercio, cercando di superare il difficile impatto iniziale. Anzi, la nostra cantina e i vigneti sono sempre aperti perché riteniamo importante che le persone capiscano anche il processo produttivo e i vari passaggi, per poter meglio apprezzare il vino”.

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