Nel suo nuovo romanzo “Fantasmi del passato” lo scrittore toscano Marco Vichi manda il commissario Bordelli a indagare ai Balzini, l’azienda di Barberino val d’Elsa di Antonella e Vincenzo D’Isanto.
In Francia, “Monsieur Malaussènne” di Daniel Pennac ci ha mostrato come il rapporto tra la penna e il bicchiere possa essere proficuo. Non sono però molti i casi in cui la letteratura contemporanea, specie quella made in Italy, travalica i confini della canonica chiosa da terza di copertina – quel “Ogni riferimento a persone, luoghi e avvenimenti è puramente casuale” che tutti di sicuro abbiamo letto, almeno una volta – per abbracciare luoghi, persone e situazioni reali. Adesso è accaduto in Toscana, con il commissario Bordelli – l’investigatore fiorentino creato dalla penna di Marco Vichi – che domanda a una vecchia signora poco fuori le mura di Barberino Val d’Elsa dove sia il podere “I Balzini“. Quel “podere” esiste realmente, ed è il feudo di Antonella e Vincenzo D’Isanto: la struttura entra così nell’ultimo poliziesco dello scrittore fiorentino che con “Il commissario Bordelli” nel 2oo2 ha conquistato il pubblico italiano e straniero amante dei noir.
Ma come mai Bordelli va in cerca proprio dei Balzini? Perché Antonella D’Isanto e il marito Vincenzo hanno conosciuto Vichi circa due anni fa in occasione dell’uscita di un altro romanzo, “La vendetta”, che venne presentato anche a Barberino Val d’Elsa e poi festeggiato proprio a I Balzini. Marco Vichi si è innamorato dei vini di Antonella e Vincenzo e ha dunque deciso di far loro una sorpresa parlandone in un capitolo della sua ultima fatica. Bordelli approda a I Balzini indagando sulla morte di Antonio Migliorini, e appena arrivato al podere esclama: “Un bellissimo posto”. Nella finzione letteraria Antonella e Vincenzo diventano Giovanna e Olinto Marinari, e anche il vino de I Balzini nasce qualche anno prima di quanto non sia realmente avvenuto: il romanzo si svolge nel 1967, mentre la prima bottiglia dei Balzini risale agli anni Settanta. Ma ci sono sfumature del carattere dei due che corrispondono esattamente alla realtà, segno evidente che Vichi non si è limitato a degustare e ad apprezzare il vino ma anche a osservare i produttori e a cercare di leggere nel loro animo.