Il ristorante a vocazione vegetariana, guidato da uno chef con personalità e idee chiare come Fabrizio Marino, suona come una nuova speranza per la rinascita culinaria dell’intero territorio di Pisa e provincia
Si possono risollevare le sorti (gastronomiche, s’intende) di un’intera provincia, quella pisana, che possiede grandi materie prime – a partire dal tartufo – ma da anni non riesce a esprimere ristoranti di livello? Non lo sappiamo, ma di certo la speranza di una rinascita del settore porta i nomi di Fabrizio Marino e del suo “Maggese”, a San Miniato.
Lo chef, che all’ombra di un guru come Pietro Leemann ha coltivato per anni la sua passione per la cucina vegetale e in Giappone ha affinato la cura dei dettagli, da circa 6 mesi è tornato in Toscana per dare vita al progetto di un locale vegetariano dal cuore gastronomico, che sposa tradizioni lontane con piatti di foggia contemporanea.
L’abusato cliché di “unire tradizione e innovazione”, quindi? Non esattamente, perché quando si parla di cucina vegetariana c’è da vincere il preconcetto di sapori non sempre esaltanti e di un’attenzione alla salubrità che rischia di pagare dazio all’aspetto gustativo. Da Maggese – il nome appartiene al linguaggio della terra e indica un campo che riposa e si prepara alla nuova semina in un ciclo continuo di pausa e risveglio – i piatti in carta riescono invece a conciliare il mangiare sano con il giusto sapore che si richiede a un’esperienza gastronomica di buon livello.
Superata la soglia dei 40 anni, la sfida di Fabrizio Marino a San Miniato è di creare uno spazio per gli amanti delle verdure in una zona vocata alla carne, o in altre parole di guidare un ristorante in un locale di inizio Novecento dove provare, sperimentare, riscoprire prodotti di qualità – cibo naturale, semplice, fresco – creando piatti armonici, mai banali, in uno scambio continuo tra tradizioni e modernità.
Il menu degustazione di Fabrizio Marino comprende sei portate (a 45 euro) e uno “antologico” di quattro (a 40 euro) con tutti i must del territorio, dagli gnudi ai piatti di tartufo. La carta è invece piuttosto corta – tre antipasti e altrettanti primi, e solo due secondi – con prezzi tra i 13 e i 16 euro al piatto, per uno scontrino medio di 40 euro. Da sottolineare la simpatica carta dei vini, guidata da Teseo Geri.
Gli antipasti del Maggese di San Miniato oscillano così tra il Gazpacho caldo e freddo di datterini in purezza e fagioli toscanelli con burrata di bufala, clorofilla e brisée sfogliata (piatto gluten free, nella foto in alto) e il Pachamama, un dichiarato omaggio alla madre terra: tre paté gustosi con salse colorate in contrasto, zucca e curry, barbabietola alla russa e cicerchie all’olio Evo.
I primi piatti di Fabrizio Marino comprendono invece un risotto integrale con salsa di peperoni mantecato al parmigiano di montagna con sedano croccante e polvere di ibisco (foto in alto), oppure il taglierino con la “lepre scappata”, ossia un tagliolino artigianale senza uova servito con un ragù dal gusto intenso formato da olive taggiasche, erbe aromatiche, melanzane bruciate e stringhe (in alto).
Tra i secondi c’è poi invece il piatto chiamato come il locale, Maggese: si tratta di funghi porcini e sfoglia di patata Tosca arrostita su una fonduta leggera di pecorino di fossa del monte Amiata, e finocchio gratinato alla provenzale (scelto proprio per sfatare il luogo comune che vede il finocchio come elemento “debole” di una ristorazione con voluttà di cucina saporita).