Lo chef Ivan Ferrara non ha nemmeno 27 anni ma la sicurezza dei propri mezzi gli consente di imbastire al ristorante Oliviero (Firenze) una serie di piatti dove la rielaborazione è sostanza più che forma, e l’omaggio alla territorialità non trascende mai né nel banale né nello scimmiottamento della tradizione. Un under 30 decisamente da tenere d’occhio
Ricordate dov’eravate e cosa facevate a 26 anni? Magari sì, ma sono pronto a scommettere un braccio che, pur avendo avuto le idee chiare su cosa fare “da grandi”, difficilmente avreste nelle mani gli strumenti giusti per iniziare a farvi strada nel cammino scelto. Beh, per Ivan Ferrara le cose stanno più o meno così: palermitano di nascita, dopo essersi fatto le ossa alla corte di Arnolfo a Colle Val d’Elsa, lo chef classe ’90 è approdato da Oliviero in via delle Terme, con il compito – non semplice – di rinverdire i fasti di una cucina che Francesco Altomare aveva portato a livelli riconosciuti in città e dalle guide.
La cucina di Ivan Ferrara coniuga forma elegante e contenuti concreti, nel senso che la sicurezza dei propri mezzi gli consente di imbastire una serie di piatti dove la rielaborazione è sostanza più che apparenza, e l’omaggio alla territorialità non trascende mai nel banale né nello scimmiottamento della tradizione. Prendiamo l’antipasto Orto d’autunno, prima portata di un menù degustazione da 60 euro/pax (95 con i vini in abbinamento, affidati alla scelta e alla cantina di Emanuele Quattrocchi): una composizione di 16 verdure in forme, cotture e consistenze diverse dove ogni sapore resta ben riconoscibile.
La cena di Ivan Ferrara prosegue con la prima, vera sorpresa: una rivisitazione del crostino di fegatini di pollo che trae forza e personalità dalla trovata di servire il fegatino sotto forma di rotolini freddi – quasi come se fosse cioccolato su un dessert, e in fondo quella è la prima impressione – su un pan brioche e pois di melograno. Un piatto da gustarsi, in alternativa al vino, abbinato a un bicchiere di vodka.
Se il precedente antipasto era servito in guisa di dessert, il successivo potrebbe agevolmente stare nella parte del menù riservato ai secondi: si tratta di una quaglia, in porzione generosa, con castagne, finferli, lardo e una cialda croccante al cacao amaro. Un piatto di non facile realizzazione, dove il rischio che il fondo di cottura o la crema di castagne appesantissero troppo l’effetto complessivo – specie nelle fasi iniziali di una cena – è stato abilmente scongiurato da una preparazione accorta ed elegante.
Interessante anche la zuppa con ravioli di caprino, porcini e lesso di manzo: piatto stagionale, servito alla giusta temperatura – particolare tutt’altro che scontato – e ispirato alle tradizionali zuppe autunnali, con il corallo leggerissimo a dare una chiave più contemporanea. Non un piatto eccessivamente complesso, magari, ma capace di farti ritrovare al naso e in bocca il sapore che ti aspetti.
È sul primo, che un palermitano sceglie di cimentarsi con un mostro sacro della cucina popolare toscana. Per il suo spaghettone con salsiccia e fagioli, lo chef Ivan Ferrara si affida a pasta secca di alta qualità, a un intingolo che riprende in pieno il secondo “ignorante” della tradizione fiorentina e a un letto di briciole per dare croccantezza al piatto. Un passaggio di olio Evo a crudo è il dettaglio che completa l’opera.
Per i secondi, il menù di carne di Ivan Ferrara inizia con un piatto ormai abbastanza comune nelle carte dei ristoranti di alta fascia, il maialino con la sua cotenna, servito con cipolline caramellate e frutti di bosco. Ben eseguito e di buon impatto visivo, non c’è che dire, al massimo un po’ ordinario nell’economia di una cena che in più d’una occasione ha giocato (vincendo) sull’effetto novità.
L’effetto sorpresa – che, occhio, non significa dover stupire a tutti i costi con effetti speciali ma solleticare con garbo la curiosità dei commensali – si ritrova nel piatto successivo, il capriolo affumicato alle spezie, con pappa al pomodoro, cavoletti di Bruxelles e basilico. Alla nota emo-ferrosa della selvaggina fanno da contraltare il gusto, l’omogeneità e l’eleganza della pappa al pomodoro. Il risultato è un piatto di buona personalità, spessore e complessità.
A seguire, un salto nel passato per i palati che amano la tradizione e sono disposti ad allontanarsi dal mainstream. Il cervello fritto di Ivan Ferrara è una rivisitazione particolare in cui la pastella viene sostituita dai grani di polenta e il cervello reso gentile da un veloce passaggio in padella con un po’ di burro.
Ed eccolo, chef Ivan Ferrara, a raccogliere la sfida dei commensali di Oliviero in un freddo giovedì sera autunnale e preparare in promptu una seconda versione dello spaghetto in cui il fegatino dell’antipasto viene grattugiato a mo’ di tartufo. Uno chef umile e solare, un Under 30 da tenere sott’occhio. Decisamente.