Dal 1913 al 2020: il celebre dolce ternano entra ufficialmente nel registro delle Indicazioni Geografiche Protette
Il Pampepato (o Panpepato), tipico dolce ternano delle festività natalizie in cui confluiscono storie e tradizioni millenarie, è entrato ufficialmente a far parte del registro delle Indicazioni Geografiche Protette (IGP): la Commissione Europea ha infatti, finalmente, approvato la domanda di iscrizione.
L’iter per il riconoscimento dell’IGP ha avuto inizio il primo ottobre 2018, quando la presidente del gruppo “Produttori Pampepato di Terni”, Ivana Fernetti, ha inviato la domanda, corredata di tutta la documentazione necessaria, alla Regione Umbria e al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, chiedendo la registrazione con entrambi i nomi con cui il prodotto è conosciuto, ovvero Pampepato e Panpepato. La felice conclusione è arrivata poi, lo scorso 23 ottobre, quando nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, è stata finalmente pubblicata la registrazione del Pampepato/Panpepato di Terni come prodotto IGP.
Il marchio IGP offrirà ai consumatori una garanzia in più sulla tipicità del prodotto e darà modo ai produttori di consolidarne i canali commerciali, aprendo anche a nuovi mercati; garantirà poi maggiore visibilità al territorio, aprirà ad una tutela nei confronti di tradizioni e culture locali sempre crescente e darà modo di investire anche nella divulgazione enogastronomica, così da rendere gli stessi cittadini sempre più edotti sulle origini, anche storiche, dei prodotti d’eccellenza del proprio territorio. Nonostante, infatti, nel ternano durante le festività natalizie per quasi ogni famiglia la preparazione del Pampepato sia d’obbligo – così come il costume di farne, ben infiocchettato, festosa strenna – pochi sanno che nella storia di questo tradizionalissimo dolce si mescolano narrazioni, riti e consuetudini.
Innanzitutto, il Pampepato, come suggerisce il nome, gioca sui contrasti, sull’abbinamento dolce-piccante che arriva dritto dalla cucina dell’antica Roma, in cui spesso il miele si univa alle spezie. Sempre agli antichi romani si deve poi l’invenzione del pan di via che, composto di noci, nocciole, pinoli e uva, passa e quindi altamente calorico, serviva a dare la giusta dose di energia ai legionari in marcia verso i confini dell’Impero: è proprio in questa categoria che rientra, per tipologia e ingredienti e non a caso quindi, anche il Pampepato. Prodotto, inizialmente, con ingredienti esclusivamente locali – le mandorle provenivano dall’Alta Valnerina; le noci dalle comunità montane del territorio; la farina, il miele e il mosto, in alcuni casi non d’uva ma di corbezzolo, ottenuto dalla pigiatura di quella che nell’Appennino centrale viene chiamata cerasa marina, dai vari produttori della regione – il Pampepato è stato nel corso dei secoli in parte reinventato, anche sulla scia di un maggiore benessere economico, e la sua ricetta è stata arricchita con ingredienti nuovi, provenienti, in alcuni casi, dagli stessi paesi esotici che, mano a mano, si andavano “scoprendo”.
Oggi, la ricetta ufficiale del Pampepato, la cui prima produzione professionale fu opera, nel 1913, del famoso pasticcere Spartaco Pazzaglia, prevede noci, nocciole, mandorle,
pinoli, cioccolato fondente, arancia candita, cedro candito, uva passa, miele, caffè, cacao
amaro in polvere, pepe, cannella, noce moscata, mosto cotto e farina. Garantita dall’IGP
e custodita in seno alle famiglie ternane, questa ricetta continuerà a farsi portavoce del
patrimonio storico e culturale del territorio umbro.